Vuoi sentire l'odore dell'Africa? Vuoi camminare nella fogna del mondo? Dimentica Roma, per una volta c'è di peggio. Vai in Egitto, ma non sulla costa di Sharm, nei resort degli amici di Mubarak. Vai nella capitale, il Cairo, e, lasciandoti guidare dall'olfatto, raggiungi la collina della Moqattam.
Altroché colle Oppio, che pure avrebbe bisogno di una ripulita. Ci abita un milione di persone. Vive raccogliendo rifiuti. Gli uomini dragano la città su carri trainati da muli. Caricano tutta la spazzatura che promette tesori e la portano a casa. Casa è una parola grossa. Sono cubi di cemento a cielo aperto. Nel retro le donne e i bambini fanno la "raccolta differenziata" aiutati da maiali neri. I suini mangiano quel che gli umani scartano. Il fetore è spesso e avvolgente. Un occidentale che non si metta sul volto una bandana con due gocce di profumo prima di entrare nel quartiere, vomita. Dalla collina della Moqattam il malodore si diffonde per tutto il Cairo. Si mescola alla coltre dello smog provocato da auto sregolate, agli effluvi di mondezza abbandonata, foglie di riso bruciate, polvere. Per due mesi l'anno si forma la nuvola nera, un cappello scuro posato in cielo sopra la città. Chi viene da fuori tossisce, s'ammala, riparte. Per dove?
Se vuoi continuare il tour del lato oscuro e fetente del mondo non puoi ancora tornare a Fiumicino, nonostante tutto. Né in Italia, nonostante Napoli. E neppure in Europa.
Via dall'Africa, via dall'Asia, allora. Resta il grande continente americano. Prova Caracas, fidati. Ma non andare al Country Club, la zona delle ville blindate, di proprietà dei ricchi (politici, militari, narcotrafficanti).
Vai al barrio Petare, per esempio. Sali lungo le strade sconnesse, tra le baracche di lamiera e guardati intorno, e annusa. Quando arrivi in cima osserva tutta la città sotto di te, sentila pulsare e puzzare. Caracas con le sue strade che Chavez non ha spazzato, aggiungendo però dozzine di murales ai lati, alcuni belli, altri inguardabili. E scritte sui muri ovunque, anzi una scritta, ripetuta all'infinito: "Rumbo al socialismo". Guardati intorno, sali con lo sguardo alle colline che circondano la metropoli, punteggiate da migliaia di ranchitos, i padri di tutti gli slum. Goditi Caracas, prima di tornare a Roma. Ma non fare un volo diretto.
Fai scalo a New York. Sorpresa. La capitale del mondo è più sporca di quella d'Italia? Prova a camminare downtown nelle serate che precedono le albe di raccolta rifiuti. Trascorri un lunedì sera a Soho e scoprirai perché si aspetta il fine settimana per andarci. New York, che del pianeta è il bignami, ne riassume la bellezza e lo squallore, ne espone lo splendore e la miseria, accende incensi aromatici ed esala fetori pestilenziali. Sotto i quali è rimasto, come un retrogusto, indelebile per chi l'ha assaggiato al tempo, l'odore di morti assortite proveniente da Ground Zero.
Via. Via da tutto questo. Dov'è che il mondo mostra una faccia diversa? Dove è davvero un posto pulito e illuminato bene?
Anzitutto, c'è Africa e Africa. Prima di dire che una città sporca sembra una città africana passa per Cape Town. Poi ci risentiamo. Attraversa non soltanto il quartiere degli affari o quello delle spiagge. Vai dalla Table Mountain al mare, dalla parte islamica al porto e dimmi se non può competere con Amsterdam o Berlino (che hanno, come quasi tutti i luoghi e gli abitanti della Terra, i loro buchi neri). Se però vogliamo davvero fare la classifica della perfetta apparenza dobbiamo tornare in Europa. Un sondaggio tra gli utenti di Trip Advisor (tutti viaggiatori seriali) dà questa classifica: prima Zurigo, seconda Copenhagen, terza Stoccolma. Il risultato è discutibile. A Zurigo va riconosciuto un grande merito, quello del miglioramento. La città com'era dieci-quindici anni fa non si sarebbe piazzata in quella posizione. Dunque, tutti hanno la possibilità di darsi una bella ripulita, inclusa Roma, cominciando dal centro storico come Zurigo ha cominciato dalla stazione. D'accordo per Copenhagen, che oltre al nitore aggiunge un effetto di piacevolezza per lo sguardo, un aspetto regale non contaminato. Altrove macerie d'impero, qui manifestazioni di nobiltà. Stoccolma è ghiaccio lucente, intatto e intangibile. Come lo è Oslo. Ma la superiorità della cultura civica scandinava è un luogo comune. E fa sì che i luoghi comuni siano spazi da condividere non soltanto nell'uso, ma anche nella cura. Fuori da quella realtà, merita una menzione Parigi, che di Roma potrebbe condividere i problemi e invece si offre come una sequenza di giardini perfetti, vicoli senza imboscate, stazioni della metropolitana non solo linde, ma spesso anche artistiche.
Cairo, Calcutta, Lagos, Caracas, New York quindi nella "top five" negativa. Cape Town, Copenhagen, Stoccolma (o Oslo), Parigi in quella positiva. Ne manca una, la città Spic & Span, la vetrina del mondo.
Qual è? Singapore. Il luogo dove gettare una cartaccia per strada è reato, dove il chewing gum è vietato, dove gli autobus sono veicoli lucenti con il collegamento wi fi. Una città che riesce a tenere insieme Little India, Little China, Little Baghdad, Little quel che vuoi senza che nessuno dia di sé il peggio che dà a casa propria. Addirittura le zone dei bordelli sono pulite e gioiose senza essere asettiche come un eros center di Francoforte. Perfino Little Roma potrebbe ritrovarci la faccia.
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