Troppe volte dato per morto, a livello mondiale il
capitalismo è appena cominciato: lo dimostra il boom dell’economia capitalistica
in tre quarti del pianeta, in regioni – a partire da Russia e Cina – in cui l’economia
era stata lungamente rurale o comunque arretrata. Lo sostiene un insigne
storico italiano come Luciano Canfora, che avverte: il grande capitale ormai
«governa direttamente», facendo a meno della mediazione politica, delle
Costituzioni da difendere, dei principi fondamentali. Comandano i grandi
banchieri: «Se si fidano del personale che hanno al proprio servizio lo
lasciano fare, altrimenti i capitalisti intervengono direttamente». E’ già
successo in Francia con Pompidou, dopo la parentesi bonapartistica di De
Gaulle. Oggi il denaro la fa da padrone e la democrazia è diventata una scatola
vuota: e l’esperienza del socialismo reale, che nessuno rimpiange, può essere
rivista come un tentativo per mettere un argine al predominio del business come
unico potere. Ma l’Urss cadde perché non seppe risolvere le diseguaglianze al
suo interno. E sottovalutò la vitalità del capitalismo.
L’esperienza sovietica è crollata, spiega Canfora,
intervistato da Vittorio Bonanni, perché – senza uguaglianza – non era più
credibile per i suoi stessi concittadini e sudditi. «La gara spaziale, le guerre
stellari, il contrasto militare in tutto il pianeta: sappiamo queste cose. Però
è stata una gloriosa esperienza durata abbastanza, una settantina d’anni del XX
secolo. Per cui se ne deve parlare con rispetto, ma anche con la convinzione
che è stato un periodo eroico della storia umana». Ma la constatazione più
rilevante è un’altra: nel presupposto che mise in moto un processo
rivoluzionario di grandissima estensione, a livello euroasiatico, c’era un
errore di fondo: «Ci si illudeva di essere giunti al capolinea della storia, di
essere al punto di arrivo del sistema capitalistico». Intanto perché si aveva
una percezione molto limitata e parziale della realtà americana, sottovalutata
in pieno. Solo Trotsky aveva conosciuto l’America. Oggi possiamo solo constatare
che «l’esperienza del socialismo reale ha modernizzato due gigantesche aree del
mondo, l’ex impero russo e la Cina, trascinandole fuori da una situazione
semi-feudale», in cui la Cina «era in una posizione semi-coloniale» mentre la
Russia era «un impero separato, essenzialmente agricolo e arretrato».
Crollando sul piano politico, proprio il socialismo reale
«ha creato i presupposti per un gigantesco sviluppo del capitalismo in quei tre
quarti del mondo che ancora non erano a quel livello: quindi la storia del
capitalismo è appena cominciata», anche se «nessuna forma economico-sociale è
eterna». Il capitalismo «ha una storia molto più lunga di quella che allora si
era pensato, nell’illusione determinata dalla fine della Prima Guerra Mondiale
e dalla crisi gigantesca del 1917-18 e 19». Ma attenzione: «Erano degli
europei, e non cittadini del mondo, quelli che pensavano queste cose. E come
europei, vedendo crollare tre imperi che erano stati gli architrave della
storia – quello tedesco, quello austroungarico e quello zarista – si erano
convinti che si stava voltando pagina nella storia dell’umanità. In parte era
vero, ma non nella frettolosa conclusione che eravamo arrivati al dunque.
Nessuno può pilotare la storia», avverte Canfora. Men che meno l’Europa, che
per secoli ha osservato il mondo con occhiali essenzialmente eurocentrici.
Oggi, l’Europa si è ridotta ad essere «una piccola
articolazione della politica statunitense». Aggiunge Canfora: «E’ comico essere
europeisti, ed è comico tutto il ciarpame che ci viene ammanito
quotidianamente. Che non è neanche oppio della storia: è una droghetta,
mariuana». Problema: come contrastare tutto questo? «Secondo me si tratta di
una battaglia culturale, intellettuale, scolastica, educativa, dovunque ci
siano spazi di libertà di parola. Perché le forze politiche nate sull’onda del
Novecento sono arrivate al lumicino. Si è realizzato in forme diverse, nei vari
paesi, quello che Gramsci aveva intuito sviluppando in modo originale certe
formulazioni del pensiero elitistico tardo-ottocentesco, come quello di Pareto
e dello stesso Croce: che cioè siamo in una realtà di partito unico articolato,
diversificato al proprio interno ma sostanzialmente unico». Le conquiste
sociali del movimento operaio, tradotte in Costituzioni? Finite, con l’espulsione
della forza operaia dalla storia politica. «Quel che resta fa un’altra cosa, fa
quello che tradizionalmente fanno i partiti nei regimi capitalistici, cioè i comitati
di affari della borghesia – giustamente divisi tra loro, altrimenti l’inganno
elettorale non funzionerebbe».
Durissimo il giudizio su Renzi: «Il liquidatore del
comunismo italiano è già arrivato. E’ un gaglioffo di 40 anni che sta facendo
la parte sua e, localmente, sta attuando il piano di Gelli di “Rinascita
democratica”, cioè due partiti sostanzialmente equivalenti che si dividono il potere».
Non che gli altri scenari europei non sono molto diversi: la Spd, un tempo
leader della socialdemocrazia, «è ormai lo sgabello della Merkel e non può fare
altro, perché da sola non ce la farà più: prendiamone atto e cerchiamo di
capire se si intravedono altre possibilità». Luciano Canfora guarda al
potenziale intellettuale mobilitabile dal «magma gigantesco del mondo della
scuola», perché per fortuna «tutto questo sviluppo ha prodotto
un’acculturazione di massa, magari scandente ma diffusissima, e con un
inevitabile bisogno di capire». Quindi, «tutti quelli che hanno a che fare con
quel mondo si rimbocchino le maniche e cerchino di portare chiarezza».
Troppe volte dato per morto, a livello mondiale il
capitalismo è appena cominciato: lo dimostra il boom dell’economia capitalistica
in tre quarti del pianeta, in regioni – a partire da Russia e Cina – in cui l’economia
era stata lungamente rurale o comunque arretrata. Lo sostiene un insigne
storico italiano come Luciano Canfora, che avverte: il grande capitale ormai
«governa direttamente», facendo a meno della mediazione politica, delle
Costituzioni da difendere, dei principi fondamentali. Comandano i grandi
banchieri: «Se si fidano del personale che hanno al proprio servizio lo
lasciano fare, altrimenti i capitalisti intervengono direttamente». E’ già
successo in Francia con Pompidou, dopo la parentesi bonapartistica di De
Gaulle. Oggi il denaro la fa da padrone e la democrazia è diventata
una scatola vuota: e l’esperienza del socialismo reale, che nessuno rimpiange,
può essere rivista come un tentativo per mettere un argine al predominio del
business come unico potere. Ma l’Urss cadde perché non seppe risolvere le
diseguaglianze al suo interno. E sottovalutò la vitalità del capitalismo.L’esperienza sovietica è crollata, spiega Canfora, intervistato da Vittorio Bonanni, perché – senza uguaglianza – non era più credibile per i suoi stessi concittadini e sudditi. «La gara spaziale, le guerre stellari, il contrasto militare in tutto il pianeta: sappiamo queste cose. Però è stata una gloriosa esperienza durata abbastanza, una settantina d’anni del XX secolo. Per cui se ne deve parlare con rispetto, ma anche con la convinzione che è stato un periodo eroico della storia umana». Ma la constatazione più rilevante è un’altra: nel presupposto che mise in moto un processo rivoluzionario di grandissima estensione, a livello euroasiatico, c’era un errore di fondo: «Ci si illudeva di essere giunti al capolinea della storia, di essere al punto di arrivo del sistema capitalistico». Intanto perché si aveva una percezione molto limitata e parziale della realtà americana, sottovalutata in pieno. Solo Trotsky aveva conosciuto l’America. Oggi possiamo solo constatare che «l’esperienza del socialismo reale ha modernizzato due gigantesche aree del mondo, l’ex impero russo e la Cina, trascinandole fuori da una situazione semi-feudale», in cui la Cina «era in una posizione semi-coloniale» mentre la Russia era «un impero separato, essenzialmente agricolo e arretrato».
Crollando sul piano politico, proprio il socialismo reale «ha creato i presupposti per un gigantesco sviluppo del capitalismo in quei tre quarti del mondo che ancora non erano a quel livello: quindi la storia del capitalismo è appena cominciata», anche se «nessuna forma economico-sociale è eterna». Il capitalismo «ha una storia molto più lunga di quella che allora si era pensato, nell’illusione determinata dalla fine della Prima Guerra Mondiale e dalla crisi gigantesca del 1917-18 e 19». Ma attenzione: «Erano degli europei, e non cittadini del mondo, quelli che pensavano queste cose. E come europei, vedendo crollare tre imperi che erano stati gli architrave della storia – quello tedesco, quello austroungarico e quello zarista – si erano convinti che si stava voltando pagina nella storia dell’umanità. In parte era vero, ma non nella frettolosa conclusione che eravamo arrivati al dunque. Nessuno può pilotare la storia», avverte Canfora. Men che meno l’Europa, che per secoli ha osservato il mondo con occhiali essenzialmente eurocentrici.
Oggi, l’Europa si è ridotta ad essere «una piccola articolazione della politica statunitense». Aggiunge Canfora: «E’ comico essere europeisti, ed è comico tutto il ciarpame che ci viene ammanito quotidianamente. Che non è neanche oppio della storia: è una droghetta, mariuana». Problema: come contrastare tutto questo? «Secondo me si tratta di una battaglia culturale, intellettuale, scolastica, educativa, dovunque ci siano spazi di libertà di parola. Perché le forze politiche nate sull’onda del Novecento sono arrivate al lumicino. Si è realizzato in forme diverse, nei vari paesi, quello che Gramsci aveva intuito sviluppando in modo originale certe formulazioni del pensiero elitistico tardo-ottocentesco, come quello di Pareto e dello stesso Croce: che cioè siamo in una realtà di partito unico articolato, diversificato al proprio interno ma sostanzialmente unico». Le conquiste sociali del movimento operaio, tradotte in Costituzioni? Finite, con l’espulsione della forza operaia dalla storia politica. «Quel che resta fa un’altra cosa, fa quello che tradizionalmente fanno i partiti nei regimi capitalistici, cioè i comitati di affari della borghesia – giustamente divisi tra loro, altrimenti l’inganno elettorale non funzionerebbe».Durissimo il giudizio su Renzi: «Il liquidatore del comunismo italiano è già arrivato. E’ un gaglioffo di 40 anni che sta facendo la parte sua e, localmente, sta attuando il piano di Gelli di “Rinascita democratica”, cioè due partiti sostanzialmente equivalenti che si dividono il potere». Non che gli altri scenari europei non sono molto diversi: la Spd, un tempo leader della socialdemocrazia, «è ormai lo sgabello della Merkel e non può fare altro, perché da sola non ce la farà più: prendiamone atto e cerchiamo di capire se si intravedono altre possibilità». Luciano Canfora guarda al potenziale intellettuale mobilitabile dal «magma gigantesco del mondo della scuola», perché per fortuna «tutto questo sviluppo ha prodotto un’acculturazione di massa, magari scandente ma diffusissima, e con un inevitabile bisogno di capire». Quindi, «tutti quelli che hanno a che fare con quel mondo si rimbocchino le maniche e cerchino di portare chiarezza» caneliberonline
#Luciano Canfora nato a
Bari, è ordinario di Filologia greca e latina presso l’Università di Bari.
Laureatosi in Storia romana, ha svolto il perfezionamento in Filologia classica
alla Scuola Normale di Pisa. Assistente di Storia Antica, poi di Letteratura
Greca, ha insegnato anche Papirologia, Letteratura latina, Storia greca e
romana. Fa parte del Comitato scientifico della “Society of Classical
Tradition” di Boston e della Fondazione Istituto Gramsci di Roma. Dirige la
rivista «Quaderni di Storia» e la collana di testi “La città antica”. Fa parte
del comitato direttivo di «Historia y critica» (Santiago, Spagna), «Journal of
Classical Tradition» (Boston), «Limes (Roma)». Ha studiato problemi di storia
antica, letteratura greca e romana, storia della tradizione, storia degli studi
classici, politica e cultura del XX secolo. Molti dei suoi libri sono stati
tradotti in USA, Francia, Inghilterra, Germania, Grecia, Olanda, Brasile,
Spagna, Repubblica Ceca.
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