Secessione del Sud Sudan, scontri a Khartoum sull’onda della rivolta in Egitto, scontri armati nel Nord Darfur tra ribelli e esercito regolare. Il Sudan, oltre a non trovar pace, rimane un’immensa polveriera. Mentre vengono pubblicati i risultati del referendum che ha sancito la secessione del Sud Sudan, nella capitale Khartoum gli studenti scendono piazza per reclamare un cambiamento di regime e la diminuzione dei prezzi che stanno strangolando la popolazione.
L’onda della rivolta del Nordafrica sta diventando contagiosa per tutto il mondo arabo. Una delle icone della protesta è Luis Moreno Ocampo, procuratore del Tribunale internazionale per i crimini contro l’umanità, che ha incriminato il presidente sudanese Omar al-Bashir con l’accusa di genocidio in Darfur. «Ocampo quello che dici è giusto», è stato uno degli slogan urlati dai giovani universitari, un migliaio, provenienti dall’università islamica di Omduman, mentre nell’altra università della città, quella di Ahlia, altri 500 studenti hanno messo in scena un sit-in. «Il pacifico corteo», ha detto Mubarak al-Fadl, esponente dell’opposizione rappresentata dal partito Umma, «è stato organizzato da giovani ispirati da ciò che vedono in Egitto e irritati dalla politica di un governo che ha portato alla divisione del paese». Una protesta che ha preso avvio dal web, dal solito Facebook. Negli scontri è rimasto ucciso un giovane, un martire lo hanno subito definito gli studenti. «Sei il nostro martire, Mohamed Abdelrahman», hanno scritto i compagni dell’ucciso sul sito “Giovani per cambiamento”, che conta circa sedicimila membri e chiede le dimissioni del presidente sudanese e del suo governo. Protesta che si è spenta anche perché l’università è stata chiusa dalle forze di sicurezza. Ora la calma sembra essere tornata nella capitale.Ciò che, invece, non accade in altre parti del paese. In particolare nel Nord Darfur. Sono centinaia, infatti, le famiglie in fuga dagli scontri in corso tra movimenti ribelli e militari. Secondo i caschi blu della missione Onu nella regione (Unamid), violenti combattimenti si sono verificati nei pressi della città di Thabit, a circa 50 chilometri da El Fscher, capoluogo della zona. «I villaggi intorno a Thabit sono stati abbandonati, la gente si sposta in massa alla ricerca di un rifugio dalle violenze». A riferirlo è il portavoce di Unamid, Chris Cycmanick. Sulla situazione si sono espresse anche numerose organizzazioni umanitarie che, però, hanno voluto mantenere l’anonimato per evitare ripercussioni. I responsabili di queste organizzazioni denunciano la quasi impossibilità di incontrare la popolazione, in particolare nella zona del Jebel Marra, roccaforte della ribellione. Una situazione, quella del Nord Darfur, che preoccupa molto le autorità del neonato stato del Sud Sudan.Per il vice presidente, Riek Machar, la pacificazione della regione del Nord Darfur, che condivide un lungo tratto della frontiera con il Sud Sudan, è «una questione prioritaria», un nodo da risolvere con urgenza e che può mettere in pericolo i futuri equilibri della regione. Machar ha spiegato che sono oltre cinquantamila i cittadini del Darfur residenti in Sud Sudan e che se il conflitto e la crisi di quella regione dovessero proseguire «questo potrebbe costituire un problema per la stabilità intera del nuovo stato». Un Sud Sudan che ha raggiunto la sua autonomia sperandosi da Khartoum, ma che deve trovare equilibri, istituzioni credibili, politiche economiche per fare fronte alla povertà dilagante.Nodi che la sola secessione non è in grado di risolvere. Il 14 febbraio i risultati del referendum dovrebbero essere confermati e nel mese di luglio dovrebbe, dunque, nascere il 54esimo stato africano.Al Bashir ha accettato il risultato, ma rimangono i malumori nella popolazione del nord che vive la secessione come un trauma e considera Al Bashir, e il suo governo, il maggior responsabile della separazione. I partiti di opposizione hanno sollevato contro il National Congress Party, partito di maggioranza, critiche molto severe sulle conseguenze economiche che la secessione avrà sul Nord. L’inflazione, secondo quanto riferiscono gli esperti, ha raggiunto il 12 per cento e la banca centrale si sta adoperando, convulsamente, per stabilizzare la moneta.Ma non solo. Khartoum rischia di perdere il 75 per cento delle sue riserve petrolifere, concentrate nel Sud. E nulla può il piano di “austerità” varato dal governo, che prevede tagli anche ai sussidi per i generi di prima necessità, teso a bilanciare le possibili perdite da entrate di petrolio. Per ora ha solo provocato il malcontento nella popolazione che si fa forte delle notizie che arrivano dall’Egitto.
Angelo Ferrari
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