lunedì 1 ottobre 2012

I FIGLI DEL MERCATO DI MANAGUA

Al centro della capitale nicaraguense c’è il più grande mercato dell’America Latina, con scuole, chiese e bordelli. E migliaia di persone che trascorrono lì tutta la loro vita

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Marvin Artola cammina a passo svelto tra le bancarelle. Indossa una camicia azzurra, pantaloni e stivali. Alla cintura ha un paio di manette, in testa un basco, in mano un machete. È moro, paffuto, con il sudore che gli riga il volto. Ha 28 anni e si muove nei vicoli del mercato OrientaI di Managua da quando ancora nuotava nel ventre materno. Sua madre era una commerciante, e questo è il mondo in cui gli è toccato vivere. "Mia madre mi allattava qui. Quando lavorava metteva una tovaglia per terra e io dormivo. Poi sono cresciuto e il mio compito è diventato lavare la verdura. È qui che ho imparato a lavorare".
Di sicuro Marvin non è stato l’unico. Il mercato è pieno di donne che partoriscono i loro figli e li crescono nei vicoli. E intanto la distesa di bancarelle continua a crescere. Dai ganci pendono pezzi di carne rossa, teste di porco, trippa di vacca. Due stradine più in là si trovano pepe, zafferano, curry, curcuma. Gli odori dell’infanzia di Marvin. "A lei piaceva venire qui ", mi spiega.
Due vicoli più in là c’è la bancarella degli autoricambi: parabrezza, sportelli, specchietti, parafango. Marvin continua a camminare, poi mi indica un varco tra i banconi: una donna in minigonna sistema le sedie al ritmo di Vicente Femandez e serve birra ghiacciata a due clienti. “Ci sono molte osterie. Alcune sono anche bordelli ". Marvin si muove con sicurezza. si sente a casa. "Lo faccio ogni giorno. Controllo la situazione. Vado in giro e mi assicuro che la gente che viene a fare compere si senta sicura. Cerco di evitare i furti, ma non voglio mentirle: ce ne sono ancora. Però da quando ci siamo noi sono diminuiti". Marvin è un figlio dell’OrientaI.
I ladri sono ovunque
A Managua è mezzogiorno di venerdì. Il termometro segna 34 gradi e le nuvole sono andate a nascondersi da qualche altra parte. In mezzo alla città, allungato in direzione nord, c’è un labirinto di vicoli e bancarelle dove ogni giorno si muovono 150mila persone. Secondo gli economisti ogni anno il mercato produce tra il 25 e il 30 per cento del pil del Nicaragua. Circa 1,8 miliardi di dollari. Il mercato pulsa, vibra per l’afa e per l’andirivieni incessante nelle sue viscere. Le persone parlano, gridano, offrono mercanzie, comprano, contrattano. Davanti all’entrata c’è subito un vicolo affollato di compratori e commercianti. I tetti delle bancarelle sono fatti di plastica nera, pezzi di cartone, lamiere di zinco oppure ombrelloni aperti. Fin dalla mattina presto le donne dispongono in fila i loro cesti e i loro banconi e sistemano la merce: formaggio, tamal, uova, verdura, carne di porco arrosto. Alcune gridano cercando di attirare i clienti. Altre li aspettano sedute, in silenzio. Un uomo a petto nudo, sudato e scottato dal sole, trascina con la cintura un carretto pieno di Limoni verdi. Si fa strada gridando. "Attenzione. Fate largo. Spostatevi ". Nel vicolo affollato si apre un varco. Più avanti, a destra come a sinistra, lo scenario non cambia. I vicoli sono tutti pieni di persone. I compratori avanzano a passo leggero, si sfiorano, si spostano, si scontrano, aspettano. Si asciugano il sudore, stanno attenti ai ladri e si fermano in un angolo a prendere un po’ d’aria. Meloni, scarpe, giacche, pentole, carni, galline appena spiumate, autoricambi, martelli, pillole, legumi, costate, armi, cappelli, rossetti, vestiti da sposa, cellulari, computer, letti, avena, pasticcini, lampade, orologi, quadri, oro, droghe, tessuti. Nell’Orientai c’è tutto quello che si può immaginare. Ci sono chiese, consultori, stazioni di polizia, un cinema, discoteche, bordelli e scuole. Negli anni quaranta, quando tutto è cominciato, si estendeva su tre o quattro isolati. Oggi sono 130, e il mercato è considerato i.1 più grande dell’America Centrale. Secondo alcuni è il più grande di tutta l’America.
Marvin Artola è un vigilante volontario del mercato OrientaI. Sono poco più di cento, uomini e donne, incaricati dalla policia nacional di combattere il crimine nel mercato. "La polizia da sola non ce la fa, e quindi noi abbiamo cominciato a proteggere i vicoli. lo ho formato un gruppo tutto mio. Prima ci chiamavamo los Dantos, adesso siamo los Halcones. In totale siamo otto gruppi, e ci dividiamo l’OrientaI in zone". Tutti nel mercato conoscono Marvin. Lo salutano, gli sorridono, gli stringono la mano. I vigilanti sono rispettati, perché incarnano l’autorità. "Si sposti", ordina a una donna. Lei si gira, lo osserva e obbedisce. Marvin continua a camminare. Un’altra donna gli stringe la mano, sorride e gli dà due cordobas (8 centesimi di dollaro). Più avanti entra in un negozio e riceve venti cordobas. Non ha uno stipendio. Si guadagna la vita così, con quello che la gente gli regala. "Non sappiamo mai come andrà la giornata. Ci sono giorni buoni e giorni brutti. Dipendiamo dalla generosità delle persone. Però ogni giorno guadagno almeno 150 cordobas".
Marvin vive fuori del mercato, ma arriva alle cinque del mattino e se ne va al tramonto. "Fermiamo i ladri e li consegniamo alla polizia. lo tengo un registro di tutti quelli che ho fermato. Li fotografo, metto tutto in questa cartella e finisce lì. Però mi sono anche preso qualche spavento. Il 28 dicembre del 2011 mi hanno sparato per rubarmi l’arma e mi hanno mandato all’ospedale. In testa ho una cicatrice per un colpo di machete. Mi hanno picchiato e mi hanno pugnalato. Affrontare il mercato non è facile, i ladri sono ovunque". Marvin mi spiega che continua a fare questo lavoro perché non ha studiato e i soldi che guadagna al mercato gli permettono di sopravvivere. "E poi qui mi sento vicino a mia madre, che è morta l’anno scorso".
Arrivano le guardie
Anche i ricordi d’infanzia di Maria Lorena Lopez, una donna di 49 anni, cominciano nei vicoli dell’OrientaI: i carretti zeppi di frutta e verdura circondati da uomini e donne pronti a scaricare, un bambino con un casco di banane sopra la testa e molti altri addormentati per terra, la guardia somozista con gli idranti per sgomberare i banconi e i bambini che scappano per non essere colpiti . Maria Lorena era una di quelle bambine che correvano a nascondersi nei cassoni appena arrivavano le guardie. "Avevo sei anni quando sono arrivata al mercato. Mio padre e mia madre cercavano un modo per guadagnarsi da vivere. Non avevano niente. Una signora si interessò a noi e ci diede un piccolo posto per vendere. Noi lo utilizzavamo anche per dormire. Vivevamo nel mercato. Di giorno lavoravamo e la notte ci coprivamo con i cartoni. Le strade dell’Orientai allora erano molto più larghe".
Maria Lorena si trovava nell’Orientai quando il terremoto del 1972 ha colpito Managua causando diecimila morti e distruggendo il centro della città. Dall’Orientai ha vissuto la rivoluzione sandinista del 1979, che ha messo fine al regime del presidente Anastasio Somoza Debayle. Nel mercato ha trascorso ogni giorno dei sei anni della guerra civile tra sandinisti e contras, costata la vita a quasi ventimila nicaraguensi. Ha visto crescere l’Orientai, fuori controllo, come una bestia selvaggia. "Alla fine ce ne siamo andati dal mercato, perché con i guadagni della verdura mio padre ha potuto comprare una piccola casa. Ma tornavamo sempre per vendere. Mi sono sposata e ho avuto figli, e ho lavorato in diversi posti. Ma prima o poi torno sempre qui".
Quella di Maria Lorena è la numero 1.727 delle 12mila postazioni di vendita registrate. La sua bancarella è piccola e vende rossetti, smalti, trucchi e creme per le mani. Seria, con gli occhiali rettangolari e la voce rauca, Maria Lorena parla con i clienti: "Cosa vuoi comprare, tesoro?". Arriva al mercato alle sette del mattino e torna a casa alle otto di sera. "A casa ci vado per dormire e lavarmi, poi esco e torno qui. Lavoro dal lunedì alla domenica. Mi stanco molto, e quando il denaro non basta finisce sempre che mi ammalo. Ho avuto due attacchi di cuore, per colpa di questa vita. Vado avanti tra stress, rabbia e litigi continui. Vivo sfiancata dal lavoro, ma in questo modo sono riuscita a pagare la retta universitaria a quattro figli".
Maria Lorena è sempre all’erta. Mentre lavora osserva con la coda dell’occhio tutto quello che succede nei paraggi. Ormai riesce a riconoscere i ladri da lontano. "Non mi sfuggono, mi basta un’occhiata e capisco chi è un ladro e chi no. Siamo già stati derubati, e qui si vede di tutto. Rubano di nascosto, ma a volte arrivano anche a picchiarti o addirittura a pugnalarti. Qualcun altro vede o ascolta, ma di solito non si dice nulla. Non significa essere complici. È che uno deve pensare anche alla sua incolumità". La figlia di Maria Lorena ascolta e annuisce. Ci sono stati giorni, mi racconta, che è arrivata a casa piangendo, con i nervi a pezzi e il corpo che tremava per la paura. Ma non ha alternative, perché grazie al mercato riesce a sfamare la sua famiglia. "L’Orientai è tutta la mia vita. Qui ci vivo, ci mangio, compro quello che mi serve. Ma non voglio che i miei figli facciano lo stesso. È una vita troppo triste".
Finalmente sera
Immaginate lo stadio Maracaml di Rio de Janeiro o l’Azteca di Città del Messico pieni di gente. Ogni giorno nei vicoli del mercato Orientai si muove lo stesso numero di persone. Negli ultimi anni i terreni inghiottiti dal mercato hanno moltiplicato il loro valore. Un banco può costare tra i diecimila e i 150mila dollari. Quanto un appartamento in un lussuoso residence della capitale. Anche il comune ne trae beneficio. Ogni commerciante paga 150 cordobas (sette dollari) al mese, e considerando che ci sono 12mila postazioni fisse registrate, nelle casse municipali entrano più di 80 mila dollari al mese. Il mercato Orientai è il polmone commerciale del paese.
Quella di Santos Olinda Garda è una storia come tante. Il mercato si è mangiato la sua casa, come ha fatto con quelle di José, di Licinio, di Roberta e di Marisol. Santos è arrivata all’Oriental4S anni fa. Aquel tempo era una bambina di tredici anni, magra e con i capelli lunghi e lisci. Ora è una donna diS8 anni, il sole le ha tostato la pelle scura e le rughe non l’hanno risparmiata. Porta i capelli raccolti in alto e indossa un grembiule bianco dove conserva le monete. "Prima qui era tutta campagna. La mia casa era fatta di plastica e cartone". Un giorno Santos ha cominciato a fare la venditrice ambulante, e qualche tempo dopo ha aperto un punto vendita. È stata la prima nell’isolato, fino a quando una mattina si è svegliata e si è accorta che la sua vicina aveva fatto lo stesso. Qualche giorno dopo ne è saltata fuori un’altra. È successo tutto così in fretta che Santos non si è accorta che il mercato le stava inghiottendo la casa. "Ora vivo dentro l’OrientaI. Laggiù ci sono i venditori di legumi. lo sono contenta, perché quello che vendo lo preparo io". Sulla parete di casa di Santosc’è un cartello con su scritto in lettere azzurre "wc a pagamento". Più in basso si legge: "caffè con pane".
Santos si sveglia prima dell’alba. Alle tre del mattino ascolta i clacson dei camion che vengono a scaricare la verdura. "Qui ho tutto quello che mi serve. C’è la chiesa, e mi basta attraversare la strada per andare a messa. Se mi sento male c’è la clinica, e quando i miei figli erano piccoli li mandavo a scuola qui a fianco. Per fare la spesa non devo muovermi, vengono i commercianti davanti a casa mia. Qui c’è tutto. Ci sono cose belle ma anche cose brutte. Come i ladri, le prostitute e la droga, che circola dappertutto".
Quando cala la sera nel mercato restano pochi compratori. Nello sguardo di Santos Olinda c’è una vena di pace e malinconia. I commercianti chiudono bottega, arrotolano i teloni di plastica e mettono da parte i cartoni. I vicoli improvvisamente sembrano meno angusti. l bambini cominciano a giocare a pallone, i ragazzi si preparano ad andare a ballare. Santos si siede su una sedia di plastica, la stessa dove ogni sera si mette a leggere la sua Bibbia. "Alla fine ci si fa l’abitudine a vivere qui, ma non tutti sono contenti. lo ci sto bene".
La sera l’Orientai è tutta un’altra cosa. Si sente l’eco degli applausi e dei passi dei fedeli che vanno in chiesa. Nelle case si accendono le radio e i televisori, sintonizzati sulle telenovelas. Dopo la messa, Santos torna a casa e si chiude la porta alle spalle. Sa che la notte arrivano i ladri, scassinano le botteghe e rubano la merce. "Mia figlia non vuole che io viva nel mercato, perché secondo lei è molto pericoloso. lo le chiedo di lasciarmi qui fino a quando non sarò più in grado di scendere le scale. A quel punto potrà decidere cosa farsene di me. Ma per ora no, per ora l’Orientai è tutta la mia vita".
http://www.yabasta.it/spip.php?article1680

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