Il 90% delle morti violente avviene fuori dalle aree di guerra
America Latina e Africa le aree con più omicidi. Aumentano i femminicidi anche in Europa
La Geneva Declaration ha pubblicato "The Global Burden of Armed Violence: Lethal Encounters", un sorprendente e preoccupante rapporto che fa giustizia di molti luoghi comuni e rivela che non sono i conflitti armati, ma il crimine la prima causa di morte violenta.
Nel mondo ogni anno vengono uccise circa 526.000 persone, ma solo 55.000 perdono la vita in una guerra o guerriglia o a causa di un atto terroristico. Secondo il rapporto, «Gli omicidi volontari fanno 396.000 vittime, delle quali 66.000 donne, mentre gli omicidi detti "involontari" fanno 54.000 vittime e 21.000 persone vengono uccise nel corso di interventi legali».
Keith Krause, una delle autrici del rapporto, sottolinea che «Le frontiere tra la violenza politica, criminale ed interpersonal sono sempre più fluide, come dimostrano le morti associate al traffico di droga in America Centrale o la violenza al servizio degli interessi economici dei pirati in Somalia. Questo studio presenta un panorama più ampio della violenza armata e omicida in tutti i contesti, compresa la violenza criminale e legata alle gang, la violenza legata a dei conflitti o ancora la violenza basata sul genere». Nel 50% dei casi, le donne vengono assassinate dal partner attuale o da quello precedente. Livelli elevati di femminicidio, quasi sempre in ambiente domestico, si accompagnano spesso (e in alcuni casi ne sono il risultato) a livelli elevati di tolleranza verso la violenza contro le donne. Gli omicidi della propria partner o dei parenti più prossimi presentano percentuali elevate in alcuni Paesi europei ed in Asia. Nei Paesi dove il tasso di omicidi è ridotto c'è una percentuale di vittime maschili e femminili simile.
Il nuovo governo di sinistra di El Salvador ha approvato una legge rivoluzionaria per metteere fine alla violenza omicida contro le donne, visto che questo minuscolo Paese centroamericano detiene anche questo triste record. La legge punisce ogni forma di violenza verso le donne, punisce con pene da 20 a 35 anni di galera il femminicidio e la discriminazione delle donne sul lavoro, nelle comunità e nelle scuole. Nel 2010 solo il 6% dei 477 omicidi di donne salvadoregne ha avuto condanne dure e dei 7.000 casi di violenza sessuale denunciati nel 2008 e 2009, solo 436 hanno avuto condanne.
Il rapporto propone un approccio integrato unico per comprendere l'impatto mondiale della violenza omicida. Come strumento di sorveglianza indipendente, sostiene la messa in opera della Dichiarazione di Ginevra sulla violenza armata e lo sviluppo, contribuendo all'elaborazione di risposte solide e fondate su dati probanti sulle sfide della violenza armata.
The Global Burden of Armed Violence 2011 calcola che il tasso di morte violenta annuo medio tra il 2004 e il 2009 sia di 7,9 per 100.000 abitanti, ma almeno 58 Paesi registrano livelli di oltre 10 per 100.000 abitanti e insieme contano circa I due terzi di tutte le morti violente del mondo, cioè 285.000 vittime all'anno.
La vita vale poco o nulla soprattutto in 14 Paesi dove si verificano un quarto di tutte le morti violente del mondo, con un livello impressionante di oltre 30 persone uccise ogni 100.000 abitanti. La metà di questi Paesi sono nelle Americhe. Il Paese dove si commettono più omicidi è El Salvador, con 60 omicidi ogni 100.000 abitanti, seguito da Iraq, a Giamaica, Honduras, Colombia, Venezuela, Guatemala, Brasile, Sudafrica, Lesotho, Repubblica Centrafricana, Sudan, Belize, Repubblica democratica del Congo, Swaziland, Congo, Somalia.
L'America Latina è la regione più violenta del mondo e i Paesi dove ha fatto maggiori danni sono El Salvador, Honduras, Colombia, Venezuela, Guatemala e Belize. Le aree del mondo dove si raggiunge il più alto livello di violenza omicida sono: Africa Centrale, Africa del Sud, Caraibi e Sudamerica. «Benché attualmente si parli molto della guerra - si legge nel rapporto - i livelli di violenza armata in alcuni Paesi in tempo di pace si avvicinano a quelli delle zone dei conflitti. Nel corso di un anno, in media tra il 2004 e il 2009, proporzionalmente sono state uccise più persone in El Salvador che in Iraq».
Dati che dovrebbero far pensare anche la sinistra (e non solo quella sudamericana) che tende a sottovalutare l'impatto del crimine sulla formazione delle scelte politiche. Infatti «La violenza omicida è distribuita in maniera ineguale, non solo tra i Paesi, ma anche all'interno dei Paesi». Il rapporto fa l'esempio del Messico, dove nel 2009 il tasso nazionale di morti violente era di 18,4 per 100.000 abitanti. «Ma raggiunge 170,4 per 100.000 abitanti a Ciudad Juarez, nel nord del Paese, lo stesso anno, cioè 20 volte di più del tasso mondiale».
Il legame tra omicidi ed economia è evidente ed ancor più evidente è quello tra violenza omicida e sottosviluppo: «I Paesi che raggiungono dei livelli elevati di violenza omicida hanno quasi sempre difficoltà a raggiungere gli Obiettivi del millennio per lo sviluppo - spiega la Krause - Sappiamo anche che quando i Paesi progrediscono in termini di sviluppo, i loro livelli di violenza omicida hanno delle possibilità di diminuire. Confermando i risultati di studi sempre più numerosi, il rapporto indica anche che i Paesi dove la disoccupazione e l'ineguaglianza dei redditi sono poco elevati conoscono dei livelli di omicidi inferiori». I tassi di omicidi legati ai furti tendono ad essere più elevate nei Paesi dove l'ineguaglianza dei redditi è più elevata, comprese le Americhe.
C'è un rapporto tra la relativa debolezza dello Stato di diritto in un Paese ed il tasso più elevato di omicidi, ma il rapporto sottolinea che «Delle difficoltà particolari: l'attività di gang, un passato di conflitti o un'ineguaglianza marcata dei redditi, possono provocare tassi di omicidi elevati anche n in società dove il mantenimento dell'ordine e le istituzioni sono relativamente solidi.Fonte
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