mercoledì 6 maggio 2009

I ‘NERI’ SUPERANO I ‘BIANCHI’

Il paese più nero fuori dall’Africa è oggi più nero che mai: secondo uno studio dell’università federale di Rio de Janeiro, come previsto lo scorso anno dall’Istituto di ricerca economica applicata (Ipea), la maggioranza dei suoi quasi 200 milioni di abitanti è afro-brasiliana o mulatta (49,6%), mentre i bianchi sono il 49,4%; i brasiliani rimanenti sono prevalentemente indigeni.

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Secondo le stime, entro pochi anni la popolazione nera arriverà fino al 54%, anche grazie all’alto indice di natalità. Tuttavia, pur essendo diventati ufficialmente la maggioranza, gli afro-brasiliani sono anche tra i più discriminati: sulla base dei salari, per riempire un carrello di generi alimentari un afro-brasiliano deve lavorare 76 ore, a fronte delle 54 di un bianco.

“Neri e indigeni restano senz’altro discriminati principalmente al livello popolare. Tra la gente comune l’opinione è che gli indigeni diano meno fastidio perché vivono nelle foreste, ma sono considerati pigri, dal momento che non producono, e arretrati, quindi un freno per lo sviluppo del paese” spiegano a Internationalia fonti locali da Brasilia.

“I neri invece – proseguono le stesse fonti - sono più visibili degli indigeni perché vivono nelle città e pagano ancora l’eredità della schiavitù, che il Brasile, come ultimo paese del ‘nuovo mondo’, abolì solo nel 1888. La mentalità del padrone è sopravvissuta diffondendosi nella società, anche se la società brasiliana non si ritiene razzista. Sta di fatto che gli afro vengono discriminati anche perché fanno lavori manuali, proprio quelli che il brasiliano medio si rifiuta di fare”.

In questo contesto, i neri sono anche protagonisti di una nuova presa di coscienza, relativamente recente: fino alla Costituzione del 1988 i ‘quilombolas’, i discendenti degli schiavi deportati dall’Africa che riuscirono a liberarsi, non facevano sforzi per farsi notare, “perché la ‘discrezione’ – spiega il nostro interlocutore - consentiva loro di vivere più tranquillamente.

Con la Costituzione, che gli ha garantito alcuni diritti e terre, sono come ‘riapparsi’, reclamando con forza rispetto e dignità, così come è successo con gli indigeni”.

Le dicerie popolari sostengono che il nero “non ha voglia di lavorare. Eppure anche in Brasile si usa l’espressione “lavorare come un negro” e il significato è indubbio; non a caso agli afro-brasiliani vengono riservati ancora i lavori più pesanti”.

Sempre secondo lo studio dell’Università di Rio, l’indice di analfabetismo tra i neri è del 20%, a fronte del 6% dei bianchi: il governo di Luiz Inácio Lula da Silva ha fatto passi avanti per l’integrazione dei neri nella vita sociale e scolastica, anche offrendo un accesso preferenziale agli studi superiori attraverso una politica di quote, ma molto resta ancora da fare.

Le ‘leve del potere’ restano in mano ai bianchi che continuano ad occupare incarichi strategici in politica ed economia, sebbene molti afro-brasiliani siano noti al livello mondiale – gli esempi forse più immediati sono il calciatore Pelé e il musicista Gilberto Gil – per non parlare delle scuole di samba famose ben oltre il carnevale di Rio; un’arte, la samba, che appartiene quasi esclusivamente ai neri e ai mulatti delle ‘favelas’.

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1 commento:

➔ Sill Scaroni ha detto...

Molto buono questo articolo ...
Ciao.

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