BOLIVIA. Quelle del 6 dicembre sono state elezioni «tra le più partecipate al mondo». L’analisi di Luciano Vasapollo, docente di Economia applicata alla Sapienza di Roma: «E' in atto una transizione al socialismo, basata sul rispetto degli umili»
Luciano Vasapollo, docente di Economia applicata della facoltà di Filosofia presso la Sapienza di Roma e direttore scientifico del Centro studi di trasformazione economico-sociale, ha partecipato nella veste di osservatore internazionale alle verifiche sulle elezioni boliviane del 6 dicembre scorso che hanno ribadito la fiducia popolare a Evo Morales con un plebiscitario 63 per cento dei suffragi.
Era dal 1964 che un politico boliviano non riceveva dalle urne un secondo mandato. Si è svolto tutto con regolarità e cosa rappresenta questo voto?
La regolarità del voto e la lezione di democrazia del popolo boliviano sono sotto gli occhi di tutti. Il locale Comitato elettorale, quarto organo di potere di quel Paese che è riconosciuto costituzionalmente e presiede le elezioni in posizione di neutralità, ha svolto un immenso lavoro. Vedere nei seggi coloro che fino a poco tempo fa erano uomini analfabeti ha rappresentato un’intensa emozione. C’è stato un solo rischio, che 400mila persone (su 5 milioni del corpo elettorale, ndr) non potessero votare perché non avevano ricevuto la scheda. Questione comunque risolta in extremis. Ora che ho dismesso i panni dell’osservatore posso chiosare che costoro erano tutti campesinos, dunque potenziali elettori del Mas, e quel mancato recapito aveva il sapore di un boicottaggio al presidente uscente. è importante sapere che ha votato il 91 per cento degli aventi diritto e se si considera che schede bianche e nulle ammontavano al 3 per cento, quelle vinte da Morales sono state fra le elezioni più partecipate del mondo.
Il sostegno degli indios e dei ceti subalterni è il mix vincente del presidente aymara...
Per comprendere la Bolivia occorre guardare oltre la questione etnica: gli indios sono il 70 per cento della popolazione e costituiscono gran parte della classe lavoratrice. Il consenso al programma di Morales viene dunque da questi strati sociali. La novità sta nella qualità della sua politica che si compenetra e si arricchisce del rapporto con gli umili. I cocaleros, i mineros, i comitati di quartiere, le donne, il movimento dell’acqua sono protagonisti del processo di trasformazione. è l’esatto contrario di quel che fa la sinistra occidentale sempre pronta a servirsi dei movimenti per assorbirli e strumentalizzarli. L’esperienza boliviana mostra il rapporto di autonomia e correttezza fra la base sociale e il partito che la rappresenta.
Nelle zone minerarie di Santa Cruz, Pando, Beni Morales non ha prevalso. Possono nascere da lì azioni antigovernative dei restanti padroni delle riserve minerarie?
La destra locale ha perso le elezioni ma è pericolosa. Ad aprile c’è stato un tentativo di colpo di mano da parte di gruppi paramilitari che agiscono nelle zone citate - la cosiddetta area della Mezzaluna - dove la destra ha seguito elettorale e riceve finanziamenti. Lì hanno agito per anni le multinazionali e un’oligarchia interna in rapporto diretto con gli Stati Uniti. Vi si è radicata una destra estremista e paramilitare sostenuta da una sorta d’Internazionale fascista vicina alla Intelligence che agisce in America Latina.
I primi orientamenti del secondo esecutivo Morales parlano di una ulteriore espansione del controllo statale sulle risorse naturali di gas e minerali. C’è poi la volontà di riscrivere testi normativi del settore energetico e ridistribuire ai poveri il reddito proveniente da imprese statali. Sarà possibile attuare il “bien vivir” contro gli interessi delle multinazionali?
In quattro anni questo governo ha fatto tantissimo: assistenza sanitaria, istruzione e nazionalizzazione delle risorse che spariglia giochi economici e interessi non solo del moderno capitalismo. Se pensiamo ai cinquecento anni di colonizzazione che hanno sedimentato nella popolazione locale abbrutimento e sfruttamento, il processo di transizione per la costruzione di una coscienza di classe sta bruciando le tappe. Tale processo, però, ha bisogno di periodi lunghi per mettere radici. In Bolivia è in atto una transizione al socialismo che deve creare programmi alternativi all’imperialismo attraverso culture e strumenti sociali diversi. La grande novità di questa esperienza è che il socialismo marxista e il sindacalismo di classe si sono contaminati col collettivismo indio tentando una via completamente nuova. Parte degli interessi delle multinazionali è ancora lì, c’è anche l’italiana Eni, però devono fare i conti con un sistema che sta cambiando. Rispetto a prima, queste aziende prendono meno del 15 per cento di ricavo eppure continuano il proprio business, e ciò significa che i guadagni sono ancora elevati.
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