A quasi tre mesi dal colpo di stato del 28 giugno, il presidente legittimo dell’Honduras Manuel Zelaya è ritornato a Tegucigalpa e sta incontrando la Resistenza al golpe nell’Ambasciata brasiliana che lo ospita in quella che si configura come una dimostrazione di forza oltre che del movimento democratico honduregno del Brasile e dei governi integrazionisti latinoamericani. Migliaia e migliaia di honduregni stanno infatti manifestando l’appoggio a Zelaya, circondando l’Ambasciata e la sede ONU che ha parlato loro al grido di “Patria, restitución (ritorno di Zelaya) o muerte”.
Intanto la dittatura di Roberto Micheletti ripristina per l’ennesima volta il coprifuoco, blocca i cellulari, reprime ed intima (sic) al governo brasiliano di consegnare il presidente.
Mel Zelaya è tornato in patria, da dove era stato espulso in pigiama all’alba del 28 giugno scorso. Lo ha fatto sotto protezione brasiliana, mantenendo gli Stati Uniti praticamente all’oscuro. Lo ha fatto viaggiando fino a San Salvador in un aereo venezuelano. Quindi con l’appoggio silenzioso salvadoregno e di dirigenti dell’FMLN ha riattraversato la frontiera. Lì è stato preso in carico dall’eroismo di decine di resistenti honduregni. Questi con diversi mezzi di fortuna per oltre 12 ore hanno aiutato il presidente ad attraversare montagne e boschi e superare innumerevoli posti di blocco di un paese militarizzato fino a giungere in piena capitale e rifugiarsi nell’Ambasciata brasiliana. Lì, nella sede diplomatica, con l’appoggio di Lula e del suo ministro degli Esteri Celso Amorim, da oggi è stabilito il cuore della Resistenza al golpe che mai in questi tre mesi e nonostante la durezza della repressione era scemata.
2 commenti:
Gli Stati Uniti fanno il doppio gioco. Comunque questa notizia è stata completamente ignorata dai giornali e dalle televisioni italiane.
si matteo, che tristezza!
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