venerdì 11 settembre 2009

CEMENTIFICANDO

L’Osservatorio nazionale sul consumo di suolo presenta il primo rapporto “Per colmare una grave carenza di dati nel paese del cemento facile”. Conoscere i dati del consumo di suolo in Italia è il primo passo necessario per sviluppare norme e politiche per la reale tutela del territorio.


200mila metri quadri ogni giorni mangiati dal cemento che avanza nel bacino del Po.

Questo l’inquietante risultato che emerge dal primo rapporto sui consumi di suolo presentato oggi a Milano dall'Osservatorio Nazionale sul Consumo di Suolo (ONCS), costituito da INU, Legambiente e DiAP del Politecnico di Milano. 20 ettari di territorio che l'urbanizzazione ricopre ogni giorno, in un processo inesorabile che cancella quotidianamente aree grandi come 12 piazze del Duomo di Milano o, se preferite, 28 volte Piazza Maggiore di Bologna.

Il primo rapporto sui consumi di suolo è lo strumento necessario per avviare nel nostro Paese la raccolta sistematica di dati necessari a conoscere le dimensioni di un problema ambientale, fortemente connesso al modo in cui si sviluppano le nostre città, ma fino ad oggi sostanzialmente inesplorato.

Su 20 regioni infatti, solo 6 hanno avviato la ricognizione delle trasformazioni del suolo nel tempo, e tra queste spicca la Lombardia con 288.000 ettari di superficie ormai 'sigillati' dall'urbanizzazione. In Emilia Romagna invece, su un arco temporale esteso dal 1976 al 2003, il territorio urbanizzato è quasi raddoppiato, passando dal 4,8 al 8,5% della superficie regionale, mentre ancora maggiore è stata la perdita di aree agricole: ben 198.000 ettari, l'intera superficie media di una delle 9 province emiliano-romagnole.

In Friuli Venezia Giulia, nel ventennio 1980-2000 si sono dilapidati 'solo' 6.482 ettari agricoli, ma dobbiamo tener conto che siamo in presenza di una regione di dimensioni ben più modeste e con una popolazione inferiore a 1.200.000 abitanti. Altissimo poi il dato dell'urbanizzato consolidato pro-capite: per ogni abitante residente vi sono ben 581 mq di superfici urbanizzate, contro i 456 dell'Emilia Romagna, i 310 della Lombardia e i 296 del Piemonte.

“Siamo partiti dal prendere atto di questa situazione di grave carenza informativa" – dichiara Federico Oliva, Presidente nazionale INU – "che costringe coloro che si confrontano con il governo delle trasformazioni, e quindi in primo luogo gli urbanisti e gli amministratori, ad essere privi di qualsiasi riscontro reale circa l'efficacia delle scelte di pianificazione: da qui la decisione di costituire un Osservatorio Nazionale sui Consumi di Suolo, che produca dati ma soprattutto pungoli le istituzioni a farlo in modo sistematico, coordinato e trasparente”.

ONCS infatti può contare solo sull'impegno e sul lavoro volontario promosso dalle organizzazioni che lo compongono, ma lo sforzo di ricerca ed elaborazione necessario a raggiungere l'obiettivo, quello di produrre una rappresentazione fedele e aggiornata del consumo di suolo in tutta Italia, è davvero immane.

Tra le regioni su cui l'Osservatorio ha potuto lavorare con dati di buona qualità vi sono le tre del bacino padano (Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte): 200.000 metri quadri, ovvero 20 ettari è la superficie di territorio che l'urbanizzazione ricopre ogni giorno nel bacino del Po, tenendo conto che 20 ettari corrispondono alla dimensione di 12 Piazze del Duomo di Milano o, se preferite, a 28 volte Piazza Maggiore di Bologna.

Il lavoro dell'osservatorio non si è limitato a misurare il suolo 'consumato' dall'urbanizzazione, ma ha valutato anche le trasformazioni del suo uso: suoli agricoli che vengono abbandonati alla natura, zone umide bonificate o ripristinate, insomma una 'fotografia' delle mutazioni recenti del nostro paesaggio.

Anche per quanto riguarda il fenomeno preoccupante dell'erosione delle superfici agricole il protagonista resta l'urbanizzazione, responsabile di 2/3 delle perdite di suolo agricolo, con l'aggravante che ben difficilmente i suoli 'sigillati' da cemento e asfalto potranno mai tornare ad essere produttivi: nelle regioni del Grana Padano e dei salumi 'made in Italy', Emilia Romagna e Lombardia, ogni giorno scompaiono 32 ettari di superfici agricole: le dimensioni di una media azienda cerelicola.

“Il dato ha una sua chiara e drammatica gravità, legata alla scomparsa definitiva delle terre più fertili e produttive d'Europa" – rileva Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia – "seguendo l'esempio della Germania della Merkel, l'Italia deve darsi un piano nazionale di lotta al consumo di suolo, per questo i dati che descrivono la gravità del fenomeno sono indispensabili, sia per averne piena consapevolezza, sia per monitorare il raggiungimento di obiettivi di riduzione. La mancanza di dati attendibili sul consumo di suolo non giova a nessuno, se non a chi intende avere le mani libere per continuare a spalmare cemento sul territorio".

Tra le maggiori difficoltà nel 'misurare' il consumo di suolo vi è quella di individuare regole comuni di riferimento, che permettano di rendere confrontabili i dati raccolti dalle diverse istituzioni: anche questa è una parte (forse la più importante) della sollecitazione che l'osservatorio intende esprimere nei confronti della comunità scientifica "Rimettere al centro delle politiche urbanistiche la ‘questione suolo’ con tutte le implicazioni sul piano ambientale e sociale che essa impone" – dichiara Paolo Pileri del DIAP Politecnico di Milano - "è oggi urgente, ha a che fare con la vita di tutti noi e con la qualità di questa vita nei luoghi in cui viviamo.


Il suolo è un bene comune sul quale occorre una politica saggia e lungimirante che non può essere quella attuale, peraltro basata sulla quasi totale non conoscenza di quali e quanti suoli si consumano e dove: ad esempio l ’agricoltura paga un prezzo elevatissimo (-10 ettari/giorno in Lombardia, -8 in Emilia Romagna) e su questo l’università può e deve dare il suo contributo tecnico e scientifico per migliorare lo stato delle conoscenze e contribuire a dare risposte”.

Nel dettaglio, dalle aggregazioni provinciali emerge il primato della Lombardia: regione capofila, in Italia, nella produzione di valore aggiunto agrozootecnico, un settore che dipende strettamente dalla disponibilità di suolo agricolo. Ebbene, nel periodo 1999-2006 questa regione ha perso 26.778 ettari di superfici agricole, in gran parte (oltre 22.000 ettari) divenuti urbanizzati, quindi persi irreversibilmente, il resto abbandonati o perchè in aree montane o perchè ridotti a scampoli dove l'interesse a coltivare terreni è crollato.

Il risultato consolidato è quello di una regione in cui 288.000 ettari di superficie sono ormai 'sigillati' dall'urbanizzazione: vuol dire che quasi il 14% dell'intera superficie regionale è urbanizzata ma, se ci riferiamo alle superfici della pianura (circa il 55% del territorio regionale), la Lombardia ha già consumato e coperto di cemento quasi un quarto dei suoi territori ad alta vocazione agricola. Perfino peggiori, se rapportati ad una regione che ha meno della metà della popolazione lombarda, sono i numeri dell'Emilia Romagna.

Qui i dati sono disponibili su un arco temporale più esteso, dal 1976 al 2003, nel corso del quale il territorio urbanizzato è quasi raddoppiato, passando dal 4,8 al 8,5% della superficie regionale. Ancora maggiore è stata la perdita di aree agricole: ben 198.000 ettari, l'intera superficie media di una delle 9 province emiliano-romagnole, 'bruciati' in un solo trentennio, anche se nel caso di questa regione l'abbandono di ampie superfici coltivate nell'area appenninica ha fornito un contributo determinante alla trasformazione dei suoli.

Solo apparentemente più contenuti i dati per un'altra regione settentrionale, il Friuli Venezia Giulia, che dispone di una banca dati sull'uso del suolo. Qui nel ventennio 1980-2000 si sono dilapidati 'solo' 6.482 ettari agricoli, ma dobbiamo tener conto che siamo in presenza di una regione di dimensioni ben più modeste e con una popolazione inferiore a 1.200.000 abitanti.

Il dato pro-capite del suolo consumato infatti è alto anche qui: ogni anno, per ogni abitante del Friuli Venezia Giulia, vengono urbanizzati 2,5 mq di territorio. Altissimo è poi il dato dell'urbanizzato consolidato pro-capite: per ogni abitante residente in Friuli Venezia Giulia vi sono ben 581 mq di superfici urbanizzate, contro i 456 dell'Emilia Romagna, i 310 della Lombardia e i 296 del Piemonte.

Dati che si spiegano almeno in parte con la presenza, in Piemonte e Lombardia, di aree metropolitane caratterizzate da una forte densità di popolazione in rapporto alla superficie urbanizzata e che danno conto anche di forti differenze tra province della stessa regione (l'urbanizzato pro-capite della Provincia di Milano, ad esempio, è pari a 221 mq/ab, mentre in una provincia a forte caratterizzazione rurale, come quella di Mantova, il dato pro-capite è pari a 684 mq/ab), una forbice destinata ad accrescersi con l'espandersi incontrollato del fenomeno dello 'sprawl' insediativo: in pratica, il consumo di suolo legato all'urbanizzazione è soprattutto a carico delle superfici coltivate, confermando una tendenza storica che, nell'arco di un intero secolo, ha visto la crescita di città e insediamenti a danno della campagna.

Arrestare la crescita del consumo di suolo non è dunque solo una grande sfida per la tutela del nostro paesaggio, ma anche una garanzia di presidio delle superfici agricole che da secoli sono state destinate a 'nutrire il pianeta'.

Di fronte a questa fotografia del suolo italico, la Destra al governo risponde con il Piano Casa, ennesima idea lungimirante del Satrapo nostrano.

Dopo la cementificazione dei cervelli, giunta quasi in dirittura d'arrivo, quel che fu il "Bel Paese" sarà sempre più cementificato dalla lobby del mattone, i palazzinari di regime, sempre quelli, fin dai lontani tempi della DC.

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