giovedì 28 maggio 2009

OFFENSIVA CINESE IN AMERICA LATINA

La penetrazione economico-commerciale della Cina nell'America centro-meridionale minaccia la già declinante influenza statunitense nel continente. Con buona pace della dottrina Monroe.

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In tempi di crisi, si sa, chi ha un po’ di soldi può fare ottimi affari, magari a spese altrui. E così la Cina, forte di enormi riserve valutarie accumulate in anni di attivi commerciali con gli Stati Uniti, da qualche tempo a questa parte si è lanciata alla conquista dell’America latina. Cioè di ciò che Washington, sin dall’Ottocento, considera il proprio cortile di casa, in ossequio a quella dottrina Monroe con cui, nel 1823, un’America in piena ascesa bandì ogni influenza esterna (europea, figuriamoci cinese) dal “suo” emisfero occidentale.
Possiamo ipotizzare che il presidente Monroe si stia rivoltando nella tomba. Di fatto, ne avrebbe tutte le ragioni. In un momento in cui i paesi latinoamericani sono, chi più chi meno, alle prese con una brusca frenata economica, il crollo dei prezzi delle materie prime (voce importante del loro export) e un ristretto accesso al credito, Pechino appare sempre più determinata ad impersonare il ruolo di grande salvatore. Ovviamente, in cambio di congrui benefici.
Recentemente, il governo cinese ha siglato una serie di accordi significativi. Il primo prevede un raddoppio, da 6 a 12 miliardi di dollari, dell’aiuto al Venezuela, in cambio di un sostanzioso aumento (da 380 mila a un milione di barili) dell’export venezuelano di greggio verso la Cina. Vi è poi il prestito di 1 milione di dollari all’Ecuador, per la costruzione di una centrale elettrica (che sarà realizzata da imprese cinesi).
Ma gli accordi più importanti sono, probabilmente, quelli conclusi con Argentina e Brasile. Alla prima Pechino ha promesso 10 miliardi di dollari in aiuti, con cui Buenos Aires si impegna a pagare l’importazione di merci cinesi. Il fatto, poi, che questo prestito (come molti altri) sia stato concesso in yuan, potrebbe aprire la strada ad un eventuale uso della la valuta cinese come moneta di riserva, affianco o finanche in sostituzione del dollaro.

Storia simile per il Brasile, alla cui compagnia petrolifera di Stato, Petrobras, l’Impero di Mezzo ha staccato un assegno di 10 miliardi di dollari (poco meno degli 11,2 miliardi elargiti in totale dalla Banca interamericana nel 2008, fanno notare a Brasilia). Questi andranno a finanziare la ricerca offshore, in cambio dell’impegno brasiliano ad esportare in Cina almeno 100 mila barili di petrolio al giorno.
Insomma, in un momento in cui l’amministrazione Obama affronta lo spinoso problema dell’erosione dell’influenza statunitense in America latina, dall’altra parte del Pacifico una Cina con molti soldi e pochi scrupoli appare intenzionata a sfruttare appieno la debolezza americana. Perché, in tempi di magra come di abbondanza, chi si ferma è perduto.

Fabrizio Maronta



2 commenti:

Vincenzo Cucinotta ha detto...

Questa è la vera politica e queste sono le vere notizie. Da noi Tv e giornali si soffermano su Noemi, e adesso anche su Piersilvio e Marina: ma mi facciano il favore...!!!

Le Favà ha detto...

Ha capito che bisogna investire. E che il momento di debolezza mondiale e americano non si ripeterà sempre e sempre.

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