mercoledì 12 gennaio 2011

LA CRISI NELL'AFRICA DEL NORD

Rivolta della fame contro i regimi corrotti del Nord Africa

Secondo Marc Innaro, inviato Rai in Tunisia, domina la corruzione, mentre in Algeria c'è una rivolta della fame
di Valentina Venturi
Resta alta la tensione in Algeria, anche se oggi in quasi tutto il paese è tornata la calma dopo le violente proteste dei giorni scorsi che hanno fatto 5 morti e oltre 800 feriti. Ad Algeri e nel resto del paese la situazione è sotto controllo, anche se si rincorrono voci su una possibile ripresa delle proteste. In Tunisia ci sono stati scontri nelle strade, che tra sabato e domenica hanno causato 14 morti secondo fonti governative, 28 secondo altre testimonianze, fino a 50 stando al sito online della radio tunisina Kalima. Per Marc Innaro (audio), corrispondente Rai per l'Egitto e il Nord Africa, «stanno venendo a galla le enormi disparità sociali».


Cosa sta accadendo nell'Africa del Nord?
«Stanno venendo al pettine una serie di contraddizioni che da Paese a Paese per una coincidenza che può essere considerata anche una regia, stanno esplodendo in maniera contemporanea. Dal Marocco all'Algeria, all'Egitto e alla Tunisia un insieme di enormi disparità sociali nate durante il liberalismo, stanno in qualche modo esplodendo. Per esempio la Tunisia, a differenza di altri regimi, per anni ha puntato sull'educazione dei giovani, sull'istruzione diffusa. Ora si ritrova un'intera generazione di diplomati e laureati che manifesta anche in maniera violenta, per la mancanza di sbocchi professionali. L'unica possibilità è di lavorare in società di outsurcinge o nei call center, italiani e francesi, dove vengono sfruttati in maniera coloniale dai nostri imprenditori europei».

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Ciò cui stiamo assistendo in questi giorni in Algeria e in Tunisia è l’esito di una combinazione di regimi politici per nulla inclusivi, crisi occupazionale e giovanile? «Assolutamente. A cui si aggiunge la totale impunità dei regimi di cui anno goduto in questi anni appoggiandosi alla visione che loro agli occhi dell'Occidente fungono da diga contro l'islamismo islamico. L'Algeria ha dei numeri superiori rispetto alla Tunisia, qui c'è davvero la rivolta della disperazione, del pane, del cous cous, della fame. Anche dei giovani, ma spesso senza istruzione superiore. In qualche modo sono tutte e due frutto di regimi chiusi e bloccati. In Tunisia c'è poi l'aggravante di una situazione che vede la moglie del presidente Ben Ali avere le mani in pasta in tutti gli affari che superano l'importo di 100 mila euro. Qui la disoccupazione intellettuale in Tunisia tocca il 45% dei diplomati e laureati. Numeri terrificanti di un paese che poi sulla carta ha tassi di sviluppo simili a quelli cinesi o indiani. Lo sbocco violento a cui ben Ali non trova altra soluzione che inviare i militari: una prova di debolezza, non di forza».

Esiste il timore che il più grande dei Paesi del Maghreb possa nuovamente imboccare la via della violenza settaria come nella guerra degli Anni 90? «È un rischio ridotto rispetto, a quella degli anni Ottanta. La guerra civile in Algeria ha di fatto decapitato il consenso sociale con la repressione. Ora bisogna capire se c'è già, dietro la rivolta del pane, un embrione degli eredi del fronte islamico della salvezza, dei Salafiti. Le misure prese dal Governo algerino sembrano voler tamponare le falle».

(valentina venturi)

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1 commento:

Giuseppe ha detto...

Ciao , complimenti per il tuo blog che è un'ottimo spazio di informazione di realtà che , purtroppo ,molti media non vedono o descrivono in modo del tutto superficiale..Questo è il mio blog , una spazio di pensieri ,mi farebbe piacere se mi venissi a trovare.

Giuseppe

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