REPORTAGE. Attraversano il confine da Haiti per tagliare le canne da zucchero. Sono sans papier, ma non possono essere considerati migranti. Vivono in villaggi emarginati, dai cui è difficile uscire.
Repubblica Dominicana, confine con Haiti. Grandi piantagioni di canna da zucchero, immense distese di ciuffi verdi che provengono da un passato di grande prosperità basata sul lavoro di schiavi deportati dall’Africa.
Il sistema di produzione non è cambiato molto: la vecchia ferrovia ancora viene utilizzata, e le macchine non hanno sostituito il lavoro della manodopera. Moltissimi i lavoratori necessari nel periodo di raccolta, ancor oggi arrivano stagionali haitiani ad aggiungersi alla popolazione locale che qui lavora e vive da generazioni nei batey, le comunità dove abitano soprattutto persone che dal punto di vista giuridico non esistono. Non per lo Stato dove sono nate e vivono, la Repubblica Dominicana. Non per quello dal quale i genitori o i nonni provengono,Haiti.
Nati da genitori illegalmente residenti in uno Stato straniero, o nella maggior parte dei casi da genitori senza documenti perché a loro volta venuti al mondo nella Repubblica Dominicana da genitori haitiani, sono sans papier, ma non possono essere considerati migranti: sono nati e vivono in villaggi emarginati, dai quali si possono muovere solo con molte difficoltà.
Senza la registrazione all’anagrafe non hanno diritti: i bambini possono frequentare la scuola elementare, ma non possono avere un attestato perciò non è possibile continuare gli studi. Non avendo alcun documento è impossibile richiedere l’applicazione della legge che prevede un salario minimo per i lavoratori, perciò i tagliatori di canna vengono pagati circa la metà del minimo prestabilito, e non si possono lamentare. In qualsiasi tipo di controversia sono costretti al silenzio, altrimenti vengono cacciati dal Paese e inviati al di là della frontiera, ad Haiti, in uno Stato che spesso non conoscono minimamente e dove si trovano ad affrontare nuove discriminazioni.
Nel 2009, i Gruppi di appoggio ai rimpatriati e rifugiati (Garr) hanno registrato 15mila ingressi di questo tipo. «Ci sono stati numerosi casi di trattamenti disumani di persone di origine haitiana nella Repubblica Domenicana, sino ad arrivare alla decapitazione pubblica», testimonia Colette Lespinasse, coordinatrice dei Garr. «Una persona è stata bruciata viva, mentre ad altre sono state tagliate le orecchie».
Una volta giunti ad Haiti, il percorso per il riconoscimento della cittadinanza è molto complicato e lungo, e non sempre si riesce ad ottenerla. Nemmeno nella Repubblica Domenicana è facile ottenere il riconoscimento del proprio diritto ad esistere per gli abitanti dei batey. Il 17 agosto è scaduto il termine per la declaracion tardiva dei cittadini domenicani che non sono ancora stati riconosciuti.
La ley de amnistia riconosce la possibilità di ottenere la cittadinanza sia ai minori, sia (con modalità più complicate) ai maggiorenni nati nel territorio domenicano, in modo tale da regolarizzare la situazione di molti abitanti (non solo di origine haitiana) che non sono in possesso di documento di identità. Ma ancora sono pochi gli aventi diritto che hanno usufruito: non c’è stata alcuna campagna informativa e le persone non sapevano di questa possibilità. Inoltre ci sono località dove la legge viene applicata in maniera particolarmente restrittiva, complicando ulteriormente la situazione.
Il colore della pelle, più scuro rispetto a quella della maggioranza dei domenicani, è il primo fattore di discriminazione; a questo si aggiunge il fatto di non saper parlare uno spagnolo corretto. Nei batey, infatti, nonostante anche gli anziani capiscano perfettamente la lingua ufficiale della Repubblica Dominicana, solitamente si parla in creolo, la lingua haitiana che utilizza fonemi diversi da quelli locali. Il disprezzo popolare nei confronti degli abitanti dei batey è intriso di pregiudizi, che si riflettono nelle decisioni dei giudici amministrativi che in alcuni casi, anziché applicare la legge semplicemente, rinviano le questioni di riconoscimento della cittadinanza a gradi successivi di giudizio, anche quando non sarebbe assolutamente necessario.
La questione non è semplice perché ormai la legge di amnistia è scaduta e ora si tenterà di applicare la nuova Costituzione, che prevede che non possano essere dichiarati cittadini domenicani i figli di stranieri illegalmente presenti nel Paese. Viene dunque negato un diritto che era stato riconosciuto nel 2007 ma che non ha avuto una reale applicazione, se non in pochissimi casi. La Repubblica Domenicana ha spesso tentennato di fronte a questa situazione, tanto da spingere l’opinione pubblica internazionale a mobilitarsi per chiedere l’approvazione della legge di amnistia. Adesso però anche questo piccolo passo avanti rischia di essere cancellato dalla nuova Costituzionale.
Il batey 4 si trova nel territorio di Tamayo, cittadina situata al centro dell’isola Hispanola, vicino alla frontiera tra Haiti e Repubblica Dominicana. L’ospedale più vicino si trova a Neyba. Per effettuare la declaracion tardiva che permette di avere la cittadinanza domenicana, chi è nato all’ospedale può rivolgersi agli Uffici di Neyba, dove tutti sanno che il giudice riconosce immediatamente la dichiarazione, sulla base dei documenti forniti e di un’intervista. Chi è nato in casa è meno fortunato perché deve rivolgersi all’amministrazione di Tamayo, dove i documenti vengono sistematicamente rinviati a giudizio all’Ufficio centrale di Santo Domingo.
A conferma di ciò anche il 28 luglio la richiesta di alcune donne e bambini, nati e cresciuti in Repubblica Domenicana, è stata rinviata, nonostante i documenti prodotti dalla scuola locale che attestano che i bambini vanno a lezione, nonostante le testimonianze dei parenti cittadini domenicani, nonostante parlassero correntemente spagnolo. «Tutti sanno che il giudice Ottano guarda solo il colore della pelle e non crede mai a quel che diciamo. Se lo incontriamo da soli, senza l’avvocato, neanche ci riceve, fa lasciare i documenti, ma poi non se ne sa più niente» sottolineano alcune donne del batey. Per questo alcuni volontari internazionali hanno iniziato a lavorare accompagnando nel processo di dichiarazione gli aventi diritto. Ma ora è tardi. Il 17 agosto è scaduta la legge di amnistia. Cosa sarà di tutti questi “senza diritti” che non esistono per l’anagrafe di nessuno Stato? Rimarranno schiavi delle piantagioni da cui non possono andarsene, obbligati a lavorare per un salario insufficiente e senza alcun diritto. - Alessia Maso
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