così li uccideremo tutti
«La domanda che dovreste farmi non è quanto tempo prima che gli indios spariscano, ma quanto ci metteremo NOI a sterminarli tutti. Perchè è da noi che dipende». Parla così Sidney Possuela, l’uomo che ha speso la vita nella foresta con gli indigeni.
Índios Korubo na década de 70, rio Itaquaí, Terra Indígena Vale do Javari, Amazonas. Sem crédtio
Quando è avvenuto il primo incontro con gli indios isolati, e cosa ha provato?
È avvenuto nel 76, ero un giovane incosciente. Non capivo la situazione di pericolo che stavo vivendo. La sensazione? Uno shock, come mettere le dita in una presa elettrica. Dopo 11 giorni di navigazione lungo un piccolo fiume e tre giorni di cammino, alla fine ho incontrato un uomo in piedi su una gamba, appoggiato ad un albero, con una lunga cerbottana in mano, in una bella posizione, fiera. Mi guardava. Scesa la notte ci facemmo un letto con foglie di banano, io viaggiavo con altri 4 indios di etnie differenti. Nel sonno gli indio mi dormirono addosso, coprendomi e bloccandomi con gambe e braccia. Mi temevano, anche per via della mia barba che mi rendeva simile a uno scimmione. Fu un’emozione incredibile.
Grupo isolado aparição às margens do rio Ituí, Terra Indígena Vale do Javari, Amazonas. Sem crédito
Cosa ho capito da questa esperienza?
Che ci sono altri modi, diverso al nostro, di vivere il pianeta. Noi dipendiamo da tutto ciò che abbiamo creato, siamo figli del consumismo, e questo ci porta a una certa stanchezza mentale, a volte alla disperazione, due concetti che non esistono nella loro cultura.
Qual è la condizione degli indios in Amazzonia oggi?
È ancora molto difficile, il governo ha appena lanciato un nuovo piano di sviluppo (il Pac, piano di accelerazione della crescita) che incide per il 30 per cento nelle terre degli indigeni. è un classico piano di sviluppo: infrastrutture idroelettriche, costruzione di strade, sviluppo tradizionale nelle aree vergini della foresta. C’è una grande opposizione, perché gli indios vogliono vivere secondo le proprie usanze e non con i programmi del governo. Non ne possono più di deforestazione e coltivazioni di soia. Diciamo comunque che la loro situazione non accenna a migliorare.
Come procede la regolarizzazione delle terre indigene?
L’unica regolarizzazione è avvenuta nella Terra Du Sol, nel Nord del Paese, i cui confini sono stati demarcati. Ma persistono i soliti problemi. In particolare la lotta contro le piantagioni di soia e di altri cereali. Uno penserebbe che il Brasile è un paese così grande da offrire spazio a tutti, gli indios, le piantagioni, lo sviluppo energetico. Ma se hai una idea di sviluppo senza limiti non è così. C’è sempre un nuovo bosco da abbattere per fare piantagioni per esportare cereali, c’è un nuovo corso d’acqua per produrre energia ed esportarla. è un processo vorace senza fine.
La questione dei nativi dell’Amazzonia è paradossalmente più dibattuta in Europa che in Sudamerica. Perché?
Per una ragione sostanzialmente economica, parliamo di persone di cui non conosciamo neanche il numero. I coloni sono sempre stati in conflitto con gli indigeni. E oggi le grandi multinazionali avanzano nella foresta sfruttando la povertà delle persone, usando i grilleros, schiavisti, che sfruttano la manodopera a basso costo. I proprietari terrieri hanno sempre usato persone specializzate per ucciderli.
Ci sono leggi che proteggono la foresta? Non davvero. C’è una riforma in corso che vuole ridurre il vincolo di inviolabilità della foresta in vigore. Se oggi un propietario compra un appezzamento di terra dove insiste la foresta amazzonica, è costretto a mantenerne intatta la metà. Il governo sta lavorando, invece, affinché questo vincolo scenda al 20 per cento.
Qual è la differenza tra i gruppi isolati e quelli invece a contatto con la società?
Quelli a contatto con la società sono organizzati e sanno ormai lottare per i propri diritti. Gli isolati invece non sono conosciuti se non dalla Fondazione per gli indios federale. Non sono comunque censiti, di fatto non esistono per la maggioranza della società. Molti popoli indigeni sono già stati distrutti dopo il “contatto”, una pratica non sempre negativa, di stampo positivista. La penetrazione nella foresta ha sempre portato alla morte dei gruppi indigeni, anche solo per la trasmissione di malattie banali per noi ma che per loro sono invece mortali.
La soluzione per mantenerli in vita? Cambiare la filosofia del contatto del governo. Dobbiamo sapere dove sono, delimitare il loro spazio, proteggere il loro ambiente, e non entrare in contatto con loro lasciandoli vivere secondo le proprie tradizioni.
Quando il governo dice che la deforestazione è diminuita dice il falso? No, perché si riferisce a quella illegale, mentre l’abbattimento legale cresce.
Uguaglianza, parità tra i sessi e democrazia nel prendere le decisioni fondamentali. Esistono concetti simili nelle loro culture?
Premesso che parliamo di società molto piccole, che non hanno una cultura scritta, se parliamo di organizzazione sociale, e non di filosofia, c’è una condivisione allargata di alcuni principi. Ricordo una tribù di guerrieri che ha un centro dove si discute, la “casa degli uomini”. Qui decidono se fare la guerra o meno. Le discussioni durano diversi giorni, la notte tornano nelle proprie case a dormire, dove subentra il ruolo della donna che parla al proprio uomo fino a modificare le sue idee, il potere femminile è informale.
Qual è il rapporto tra uomini e donne?
Sotto l’aspetto sessuale sono davvero avanti. Poligami e poliandria sono diffusi in egual misura. Ma vanno fatti distinguo: ogni gruppo è diverso. Le donne sono incredibili, lavorano tantissimo, io le stimo molto, curano la casa, la terra e i bambini, Gli uomini vanno a caccia, e si occupano delle costruzioni.
Che previsione fa per il futuro degli indios, tra quanto tempo crede che spariranno?
La domanda che dovreste farmi non è quanto tempo prima che gli indios spariscano, ma quanto ci metteremo NOI a sterminarli tutti. Perchè è da noi che dipende. Io sono pessimista. Non molto tempo credo.
Tutto inutile quindi? No. Intanto coltiviamo la speranza. E combattiamo. Siamo qui in un giornale ecologista a discutere no? Vuol dire che la speranza ce l’avete anche voi.
(testo raccolto da Susan Dabbous)
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