Letizia Moratti ha chiesto, al ministro Maroni, un decreto legge per permettere di perquisire le case dei migranti anche senza mandato, per individuare i clandestini.
Ormai siamo ritornati al nazifascismo ed alle leggi razziali che creano ghetti e schiavi. La Moratti, come il ministro Maroni ed il presidente della regione Formigoni, non si preoccupa minimamente delle mafie che ormai sono entrate in appalti e forniture pubbliche, che hanno preso residenza nei comuni attorno a Milano, Varese, Brescia. Anzi, a chi si permette di ricordarlo, la sindaca risponde che la mafia non esiste al nord. Men che meno adesso che ci sono le elezioni regionali. Il problema mafioso non è entrato nella campagna elettorale delle regioni del nord. E' chiaro che al sud, il problema è gigantesco, ma non bisogna sottovalutare le candidature e la pulizia delle liste, neanche al nord. Sperando che ci sia una certa attenzione da parte dei partiti e dei magistrati.
Omicidi di mafia in Lombardia.
A Legnano, roccaforte della Lega Nord, qualche anno fa è stato ucciso Cataldo Aloiso genero di Giuseppe Farao, della cosca Farao-Marincola di Cirò Marina in Calabria. Il 25 aprile del 2007 viene ucciso, a Tagliuno (Bergamo) Leone Signorelli, raffinatore di cocaina. Erano legati a questo tizio due altri morti ammazzati: Cataldo Murano e Giuseppe Russo, a loro volta legati al clan Filippelli, alleati ai Rispoli che controllano proprio Legnano. Il cerchio si chiude proprio dove fu ucciso Aloisio, il suo cadavere fu fatto ritrovare di fronte al cimitero dov'è sepolto tale Novella esponente dei Guardavalle, clan catanzarese.
Tutto ciò è avvenuto, non alle falde dell' aspromonte o sulle coste tirreniche della Calabria, ma tra la provincia di Bergamo e quella di Milano. Questi fatti non hanno richiesto nessuna ordinanza comunale, riunioni straordinarie in prefettura e nemmeno decreti legge d'urgenza.
Se sei nero cambia tutto.
La commissione antimafia, presieduta da Francesco Forgione, quella della legislatura del secondo governo Prodi (anni 2006/2008) è riuscita a mappare le famiglie mafiose operanti in Italia ed ha prodotto una dettagliata relazione in meno di due anni di lavoro. L'attuale commissione antimafia, deve ancora battere un colpo per capire se c'è vita.
Secondo la commissione con presidente Forgione, in Lombardia operano, con tutta probabilità, i De Stefano i Morabito-Bruzzaniti-Palamara, Guardavalle, Farao-Marincola, Sergi, Mancuso, Iamonte, Falzea, Arena, Mazzafferro, Facchineri, Bellocco, Mammoliti, Imerti-Condello-Fontana, Paviglianiti, Piromalli, Ursini-Macrì, Papalia-Barbaro, Trovato, Latella, Versace, Morabito-Mollica. Alcune di queste 'ndrine, fanno riferimento alla loro cosca che sta in Calabria. Il paese dove si sono insediati i Papalia-Barbaro si chiama Buccinasco e viene chiamata la Platì del Nord. Al sindaco di centro-sinistra, Maurizio Carbonera, è stata incendiata la macchina tre volte, tra il marzo del 2003 ed il novembre 2005, mentre era impegnato nell'approvazione del nuovo piano regolatore, non gradito alla cosca.
Per tutta risposta, la regione Lombardia ha promulgato una legge che impedisce di cucinare kebab nei centri storici.
A Voghera, si è deciso che non si ci può sedere sulle panchine in più di tre persone, per evitare assembramenti di stranieri. In altre regioni del Nord, afflitte comunque dal problema mafia, si è puntato, sulle stramaledette panchine: a Vicenza devi avere almeno 70 anni se vuoi sederti, se no stai in piedi. A Sanremo, la città dei fiori, devi avere tra gli 0 ed i 12 anni oppure più di sessanta. Quindi tua madre o tuo padre non ti possono portare al parco, potrebbe farlo tuo nonno se riesce a spingere il passeggino. Potrei andare avanti a raccontare queste meravigliose soluzione antimafia, come ad esempio il White Christmas di Boccaglio, comune a sindacatura leghista, dove entro Natale si volevano stanare i migranti per cacciarli dal paese. E' vero che i cattolici nel periodo natalazio hanno una marcia un più! Preferisco fermarmi qui e pensare che adesso i migranti dopo un anno di lavoro al nord, potranno finalmente, venire al sud che è tutto un esplodere di odori primaverili. Certo le cosche ci sono e sono pure più violente verso i migranti, però hai il lavoro assicurato, magari a raccogliere arance nella piana di Gioia Tauro, magari potrebbero ritornare proprio a Rosarno.
“Legami di legalità, legami di responsabilità” sono quelli che uniscono i tanti studenti, amministratori, rappresentanti del mondo della scuola, della politica, del sindacato, giovani e adulti che anche quest’anno si sono dati appuntamento per la “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”. Legami che saldano il fondamentale lavoro dei magistrati e delle forze di polizia all’impegno culturale e sociale, altrettanto necessario: i progetti sui beni confiscati, i percorsi nelle scuole, l’informazione approfondita, la testimonianza dei famigliari delle vittime. Legami che avvicinano il Nord al Sud in una dimensione sempre più ampia di consapevolezza e corresponsabilità.
Siamo stati a Milano, il 20 marzo, per ribadire che le mafie e le tante forme d’illegalità, corruzione e abuso non sono un problema circoscritto, ma un furto di bene comune che ci colpisce tutti e al quale tutti possiamo e dobbiamo ribellarci.
Ad accoglierci c’è stata la Milano motore economico del Paese, ma anche una città che ha dimostrato di saper sviluppare gli anticorpi alla criminalità e alla corruzione, offrendo testimonianze di coraggio e generosità. Il primo nome che viene in mente è quello di Giorgio Ambrosoli, fedele alla giustizia al punto di sacrificare la vita ai suoi principi, principi che traggono forza solo dalla nostra coerenza, responsabilità e adesione vera. E certo non possono essere dimenticate le vittime innocenti delle bombe mafiose del 27 luglio 1993, in via Palestro. Tre vigili del fuoco, Carlo Lacatena, Stefano Picerno e Sergio Pasotto e un vigile urbano, Alessandro Ferrari, accorsi sul luogo dell’attentato per fare il proprio dovere, e il cittadino marocchino Driss Mussafir, colpito dalle bombe mentre sostava in strada su un giaciglio di fortuna. Venuto in Italia in cerca di dignità e lavoro, Driss ha trovato la morte così come tanti altri immigrati trovano l’emarginazione, il rifiuto, lo sfruttamento.
Anche per loro siamo stati a Milano, perché nella sua essenza la lotta alle mafie è lotta per i diritti, per una giustizia fondata sulla prossimità. Questo ci chiedono le vittime delle mafie, un impegno che anche in Lombardia trova espressioni vere e trasversali: accanto alle numerose associazioni, ai gruppi di volontariato, c’è il lavoro di tanti bravi e onesti amministratori, esponenti del mondo della scuola, della cultura, del sindacato. C’è una Chiesa davvero attenta alla storia delle persone e pronta, per voce del suo Vescovo, a denunciare la deriva dal sociale al “penale”, richiamare una sicurezza che sappia coniugare regole e accoglienza. E con lei la voce di altre Chiese, ugualmente impegnate a saldare solidarietà e giustizia, dimensione spirituale e impegno civile. Come non manca, a Milano, la sensibilità inquieta della città aperta alla dimensione internazionale. Sono state numerose, il 20 marzo, le persone arrivate da paesi di tutta Europa e dall’America Latina: associazioni, famigliari delle vittime, giornalisti della carta stampata e delle televisioni. A testimonianza di una consapevolezza che cresce e va sostenuta e alimentata, di un impegno che deve attraversare i confini, valorizzare le differenze e superare le “diffidenze”, nel segno dei diritti, della corresponsabilità, del comune desiderio di giustizia.
e non vogliamo parlare del sapone distribuito dai leghisti… vedi qui
1 commento:
...mmmm..sembrava un articolo dirompente dal titolo,invece è poi terminato nel consueto "cmq ci sono tante persone belle" e volemosetuttibbene...
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