Il valzer della smobilitazione. Fino a meno di tre anni fa, infatti, comandava assieme a suo fratello Freddy Rendón, detto El Alemán, tra i blocchi più agguerriti dell'Autodifesa unita della Colombia (Auc), sanguinaria formazione che ha insidiato il paese per decenni. Gli uomini dei fratelli Rendón, però, si erano specializzati nell'atterrire comunità di pace, come quella di San José di Apartadó, o civili inermi in ogni dove tra il Chocó e l'Antioquia, dov'è stato appunto catturato don Mario.
Nonostante dal 2003, molti dei suoi uomini più fedeli, tra cui suo fratello, si fossero lasciati coinvolgere fino in fondo dall'invitante legge uribista Giustizia e Pace, lasciando ufficialmente le armi in cambio di una pena ridotta, Don Mario, dopo un primo avvicinamento al processo di pace, aveva preferito darsi alla clandestinità, continuando a giostrare narcotraffico e rinascente squadrismo reazionario (se mai è morto). Un'onta, questa, per il presidente Uribe che, pur in pieno scandalo della parapolitica (essendo accusato da più parti di avere rapporti privilegiati con il paramilitarismo che dice di voler combattere), aveva fatto di tutto per ripulire la fedina penale dei paracos facendoli rientrare dalla porta principale duri e puri.
Nel mirino. E così, Don Mario è diventato il principale obiettivo del Das, servizi segreti colombiani, e della Dea Usa, nelle braccia della quale sarà presto estradato, una maniera come un'altra per tappargli la bocca in vista di possibile rielezione.
La fase finale della sua cattura va avanti da due settimane, da quando la polizia lo ha individuato nell'accampamento dove pernottava custodito dal suo anello di sicurezza, cinque uomini armati e addestrati. Camuffati da medici, venditori ambulanti e volontari della chiesa, i poliziotti si sono infiltrati in tutta l'area. Dopo aver catturato Jaime Culma, detto El Puma, uno dei suoi luogotenenti, e Junith Márquez, impiegata nel municipio di San Pedro de Urabá dove si occupava di far avere contratti per favorire la rete di appoggio del narcotrafficante, il più era fatto.
Circondato da duecento uomini, è stato trovato "accucciato come un cane", per usare le parole del vicepresidente Santos, mentre mangiava del riso con le mani.
La storia. Nato ad Amalfi (Antioquia) nel 1964, trascorse la sua infanzia in una piccola area rurale, con altri 15 fratelli. Qui, conobbe un'altra famiglia che cambiò il suo destino e per molti versi il destino della Colombia intera: i fratelli Fidel, Vicente e Carlos Castaño Gil, nativi di Amalfi e ben presto coinvolti nella spirale degli squadroni paramilitari delle Autodifesa, che prese forma nel nordest antioqueño e nella zona dell'Urabá con il fine di combattare l'avanzare della guerriglia. Alla fine degli anni Ottanta, suo fratello entrò nel gruppo de Los Guelengues a Necoclí, mentre Don Mario fu reclutato per la guerra a San Pedro de Urabá. Quando Fidel Castaño morì, i fratelli si divisero. El Alemán restò in Urabá con i Castaño e si converti nel puntale di penetrazione dell'inespugnabile dipartimento del Chocó, fondando il fronte Élmer Cárdenas, mentre Don Mario, convinto da Vicente Castaño e dai soldi del narcotraffico si trasferì nello Llanos Orientales, per appoggiare l'espansione del blocco Centauros, al comando di Miguel Arroyave, alisa El Arcangel.
La coppia. Insieme, e con la benedizione dei Castaño, fecero crescere in maniera esponenziale il blocco paramilitare, che arrivò a espandersi fino ai dipartimenti del Meta, Casanare, Guaviare e Arauca. Una nefasta alleanza che estese i suoi tentacoli fino a Bogotá, diventando la base per la creazione del cosiddetto bloque Capital. Poi successo l'irriparabile. Il duo Don Mario-Arroyave entrò in guerra con le Autodefensas Campesinas del Casanare, dirette da Héctor Buitrago, alias Martín Llanos. Fu una guerra alla morte che lasciò un numero altissimo di vittime e che incoronò Don Mario il re de Los Llanos.
Poi arrivò il 2003, e le Auc cominciarono a trattare con il governo. Don Mario fece un doppio gioco: organizzò i quadri per la smobilitazione, senza però disattivare il narcotraffico, e giostrò la lotta di potere che scoppiò nel blocco Centauros dopo che Arroyave venne assassinato dai suoi, nel settembre 2004.
Nell'agosto 2006, assieme al fratello, anche Don Mario decise di smobilitarsi. In pochi, però, lo seguirono e in Urabá le rotte mafiose restarono intatte. Per questo, quando entrò in crisi il processo di pace tra le Auc e il governo, Don Mario tornò alla clandestinità, coperto dalla rete di sempre. Scelse però di tornare alle origini, nascondendosi in Urabá, riorganizzando nuove squadre di paracos che si estesero dal Chocó a La Guajira, passando per Córdoba.
I tentacoli di Don Mario sono arrivati molto lontano, fino ad abbracciare il fratello del ministro degli Interni, Fabio Valencia, e oltre. Anche per questo sarà estradato quanto prima, nonostante sulla sua testa non penda nessuna causa per narcotraffico, solo cavillo che giustifichi l'estradizione negli Usa. Sarà che Don Mario è scrigno di così tanti segreti eccellenti, che sarà bene per la Presidenza tutta che venga allontanato prima che parli.
Stella Spinelli
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1 commento:
Ecco un pezzo di storia che da lontano arriva fino a noi. SEmbra, leggendo, di vivere in un mondo a parte, dove pare piuttosto di assistere ad un film già visto. Sempre estremamente importanti i tuoi articoli. Ciao.
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