I Paesi ricchi dicono no ai rifiuti «scomodi». I motivi sono due: costo e ambiente. Seguendo le direttive Ue, decontaminare e disporre dei residui tossici costa oltre mille dollari alla tonnellata, mentre i «pirati della spazzatura» offrono prezzi dieci volte più bassi. Ecco spiegato perché il 47 per cento delle scorie europee, ossia quelle tossiche, come i rifiuti elettronici - dai vecchi computer ai macchinari ospedalieri - viene per la quasi totalità spedito per mare ai Paesi in via di sviluppo, spesso a bordo di navi-pirata. Il business dei rifiuti tossici è globale. La produzione annua mondiale di rifiuti elettronici va dai 20 ai 50 milioni di tonnellate. Il materiale tossico si divide in rifiuti riciclabili e non riciclabili: i primi partono per l’India e la Cina, dove sono venduti all’asta ai nascenti capitalisti asiatici, i secondi finiscono nelle mani dei pirati della spazzatura. L’organizzazione non governativa Basel Action Network rivela che il 75 per cento del materiale elettronico che arriva in Nigeria non può essere riciclato e diventa agente inquinante. La Somalia riceve regolarmente tonnellate di rifiuti elettronici e radioattivi. Spesso i pirati della spazzatura riversano in mare i loro carichi letali: alcuni sono riemersi dopo lo tsunami del dicembre 2005 e hanno provocato un’ondata ipocrita di pubblico sconcerto. Da un’indagine del Times emerge che tra quei rifiuti ci sono scorie di uranio radioattivo, cadmio, mercurio e piombo e anche materiale chimico, industriale ed ospedaliero altamente tossico proveniente dall’Europa.
L’Africa è la pattumiera del mondo perché è il continente più povero. Negli anni Novanta, carne radioattiva proveniente dall’ex Unione Sovietica viene seppellita in Zambia dopo che la popolazione ne aveva mangiata una parte. Affamata, la gente la riesuma. Nel 2000 lo Zambia riceve in «dono» barattoli di carne contaminata dalla Cecoslovacchia. Dopo la scoperta, i 2.880 barattoli sono seppelliti a 3,5 metri sottoterra e coperti con una colata di cemento nel villaggio di Chongwe. Da allora, gli abitanti affamati hanno fatto di tutto pur di arrivare alla carne. Due anni dopo un giornale belga, Gazet van Antwerpen, informa che sono riusciti a riesumarla e mangiarla.
Un giro d’affari enorme.
E' di questi giorni la notizia che tonnellate di rifiuti tossici, provenienti da discariche municipali della Gran Bretagna vengono regolarmente spedite in Africa, in flagrante violazione dell’obbligo che il paese s’è dato di smaltire in maniera sicura vecchi televisori, computer, congegni elettronici ed elettrodomestici dismessi. È quanto risulta da un’indagine condotta dal quotidiano The Independent, Sky News e l’associazione ambientalista Greenpeace. Centinaia di migliaia di questi ormai ingombranti simboli di sviluppo e benessere (ogni anno, la Gran Bretagna ne scarta 940mila tonnellate), che per legge dovrebbero essere smantellati e riciclati da ditte specializzate, vengono messi in container e spediti in nazioni africane, quali Nigeria e Ghana. Qui – denuncia l’indagine – non sono consegnati a ditte specializzate nella gestione di rifiuti pericolosi, ma abbandonati in immense discariche. Discariche che sono il “posto di lavoro” di migliaia di ragazzi e bambini, che sbarcano il lunario nel recuperare da questi oggetti le parti metalliche, per rivenderle sul mercato locale.
Gli autori dell’inchiesta, dopo aver installato un dispositivo di navigazione satellitare (Gps) in un televisore rotto, hanno portato l’apparecchio presso il servizio di riciclo di Basingstoke, gestito dal consiglio di amministrazione della contea di Hampshire. L’azienda di riciclo, la BJ Electronics, invece di smantellare la tv in Gran Bretagna (o almeno in Europa, come vorrebbe il regolamento europeo), l’ha esportata. Grazie al sistema Gps, hanno potuto seguire il lungo viaggio del televisore. Un viaggio che ha dell’inverosimile. Il televisore, acquistato da un rivenditore di elettrodomestici usati di Londra, è stato messo in un container, portato al porto di Tilbury (Essex), caricato su una nave diretta a Lagos (dove ogni giorno giungono circa 15 container pieni di apparecchiature elettroniche usate provenienti dall’Europa e dall’Asia) e rimesso in vendita nel mercato di elettronici di Alaba, un quartiere della città nigeriana. Ovviamente, non tutte le apparecchiature spedite via container in Nigeria sono riparabili. Oltre un terzo di esse è degno soltanto di una discarica, facilmente reperibile alla periferia di una qualsiasi grande città del paese. Pertanto, il cosiddetto “mercato dell’usato” si rivela un ottimo metodo di smaltimento dei rifiuti tossici.
Martin Hojsik, di Greenpeace, ha commentato: «Le aziende britanniche possono fermare questo traffico illegale di sostanze tossiche soltanto facendo in modo che i loro prodotti non contengano componenti pericolosi. È importante che sia le imprese sia il governo si assumano la piena responsabilità di un riciclaggio controllato e sicuro di ciò che viene prodotto nel paese e pongano fine a questa nefasta tendenza di scaricare i nostri rifiuti all’estero. Evitando così che giovani lavoratori – spesso bambini – continuino a essere esposti a pericolosi cocktail di sostanze nocive per la loro salute».
E dove finiscono i nostri apparecchi tecnologici? Ce lo siamo mai chiesto? Sono convinto che facciano la stessa fine. La nostra tanto declamata civiltà, non solo ha sfruttato in passato , e continua a farlo tuttora, gli esseri umani e le risorse naturali del continente nero, ma usa MamaAfrica come la discarica dei nostri residui tossici.
1 commento:
Civiltà, senza UMANITA'.
Grazie delle informazioni che mi sfuggivano.
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