SUDAN
Piove, vengono a galla le bombe
Sono più di quarant’anni che il Sudan è spaccato da una guerra civile tra il Nord prevalentemente arabo e un Sud cristiano animista. Ancora oggi – malgrado gli accordi di pace più volte stretti e più volte disdetti – il Paese continua a essere un immenso campo di battaglia, dove i ragazzini si allenano a sparare (foto) ed è facile saltare in aria a causa degli ordigni inesplosi. Ogni anno, durante la stagione delle piogge, l’acqua li fa salire a galla permettendo agli operatori umanitari di evitare altre morti. Ma non basta. Ci sono la fame, le malattie, l’impossibilità, per centinaia di abitanti di piccoli villaggi, di raggiungere un ospedale o un centro abitato. E le smanie dei signori della guerra non accennano a placarsi.
PAKISTAN
“In fuga dai taleban ho perso la mia mente”
La Valle dello Swat, al confine tra Pakistan e Afghanistan è stato probabilmente uno dei luoghi più martoriati del 2009, tanto che per alcuni mesi è stato impossibile raggiungerla anche per i carichi di aiuti umanitari. I profughi in fuga dai talebani (in foto una di loro)sono stati costretti a viaggiare in condizioni estreme, senza cibo e senza la certezza di un tetto sulla testa per dormire. L’emergenza sanitaria è stata continua, il colera ha imperversato e molte persone sono morte per le troppe ore trascorse sotto il sole. Come ha raccontato Wahid Mukhitar sul sito di MSF, «Ho corso come un disperato per le montagne. Ora ho perso la mia casa, i mie animali, la mia famiglia, e la mia mente».
AFGHANISTAN
Gli ospedali come i campi di battaglia
Quasi ogni giorno abbiamo letto dei caduti sul campo, degli attentati, delle bombe, dei territori guadagnati e subito dopo persi. Dietro ognuna di queste notizie c’erano strade invase dal fumo, cieli oscurati dagli elicotteri e dal loro rumore assordante, persone che fuggivano terrorizzate o che morivano senza alcuna assistenza. Spesso anche gli ospedali si sono rivelati luoghi pericolosi: stando al racconto di operatori umanitari attivi nella provincia di Helmand uno di essi era stato trasformato nottetempo in deposito di armi, e nessuno ci voleva più andare per paura di essere ucciso. (In foto, Kabul).
HAITI
Il paradiso inquinato dei Caraibi
Si affaccia sul Mare dei Caraibi, ma non è una meta per turisti. Oltre a detenere il primato di Paese più povero dell’America Latina, Haiti è in testa alle classifiche dei luoghi minacciati dal riscaldamento globale. Martoriata dagli uragani e da continui disordini politici, presenta i peggiori indicatori socio-economici dell’intero emisfero occidentale. Più di metà della popolazione sopravvive con meno di un dollaro al giorno, ed è difficile spezzare il circolo vizioso prodotto da tanta povertà (criminalità, corruzione, malgoverno, pessima gestione delle calamità naturali, incapacità di sfruttare le risorse turistiche). Nella foto, un ragazzo pesca in una pozza inquinata.
SOMALIA
“Conosco molti morti al villaggio”
È uno «Stato fallito» da manuale, anzi, in un certo senso non è nemmeno un Stato, se si calcola che la situazione politica è in mano a despoti senza senno e gli abitanti si preoccupano soprattutto di fuggire. La situazione somala è talmente disastrata che negli ultimi mesi del 2009 si sono registrate fughe di massa attraverso il Golfo di Aden, nella speranza di trovare salvezza e benessere nello Yemen a sua volta stremato dagli scontri. «Conosco molti morti nel mio villaggio», ha detto l’anziana Ubah a un dottore di Msf. (In foto, una ragazza somala a scuola).
YEMEN
Dietro la povertà c’è Al Quaeda
Gli yemeniti lo sapevano da tempo che il loro Paese era caduto in mano alla violenza di Al Qaeda. Gli scontri, gli agguati, la morte sul campo sono stati per tutto il 2009 all’ordine del giorno. «Una emergenza umanitaria senza precedenti», la definiscono oggi gli esperti. Nel solo mese di agosto, nell’ospedale della città di Al-Tahl, su 195 ricoverati 135 riportavano ferite di guerra. I combattimenti si sono aggiunti alla povertà provocando migrazioni forzate. Lo sa bene l’Arabia Saudita, che negli ultimi mesi si è trovata alle frontiere una massa umana di uomini, donne e bambini in cerca di scampo.
SRI LANKA
Schiacciati tra le Tigri e la povertà
Sono rimasti schiacciati in una stretta striscia di spiaggia e giungla per dei mesi, mentre intorno a loro infuriavano i combattimenti tra le Tigri del Tamil e le forze militari dello Sri Lanka (foto). Così centinaia di migliaia di civili – soprattutto donne e bambini – hanno subito le violenze di una guerra che si trascina da anni. Famoso per lue produzioni di tè e cannella, lo Sri Lanka ha tutti i numeri per diventare una regione dedicata alle vacanze degli occidentali. Ma per il momento soffre di carenze profonde, e per un’influenza si può anche morire.
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
Questi bambini non hanno solo fame
I combattimenti che per tutto l’anno hanno infuriato nell’Est del Congo hanno provocato la fuga di centinaia di migliaia di persone. Dal 1998 a oggi, ci sono stati in Congo 5 milioni di morti: è il bilancio più sanguinoso dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. La maggior parte delle vittime si conta fra i civili, e in particolare fra i bambini, che rappresentano il 50 per cento della popolazione congolese. Quelli che si sono salvati dalla violenza degli scontri tribali si sono trovati a fronteggiare la fame, le malattie, la mancanza di acqua potabile e di strutture di assistenza sociale. Spesso senza una famiglia a cui fare riferimento. Qui sopra, il refettorio dell’orfanotrofio «Don Bosco» di Goma.
KURDISTAN
La guerra continua
Nonostante i tentativi di una «road map» proposta da Ankara, la questione curda è ancora lontana dalla soluzione. L’esercito continua a scontrarsi con i combattenti separatisti, che si rifugiano spesso nel Kurdistan iracheno. E alla fine del 2009 lo scioglimento del partito filo-curdo in Turchia, seguito da violente proteste, ha riaperto il problema della minoranza.
MAURITANIA
Golpe e terroristi
Dal 1960 è serie ininterrotta di golpe militari. Ai quali si sono aggiunte le incursioni di Al Qaeda nel Maghreb, con prese di ostaggi e attentati. Il Paese è agli ultimi posti nella graduatoria dell’Onu sullo sviluppo umano, e la schiavitù è ancora diffusa.
BIRMANIA
Dittatura e miseria
Con poco più di mille dollari di reddito pro capite è uno dei Paesi più poveri dell?Asia, e l?isolamento in cui lo tiene la giunta militare non fa sperare in cambiamenti rapidi. Il governo reprime l?opposizione e le minoranze etniche.
Tratto da LA STAMPA, 31/12/2009 “Non dimentichiamoci di loro”
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