venerdì 27 novembre 2009

MESSICO:FEMMINICIDIO, UNA GUERRA NASCOSTA (I)

Macdonna, Bansky

Al si sopra di ogni sospetto - parte I

"Non c’è niente di potenzialmente più sporco di una guerra nascosta” Susan Sontag

Clara Ferri

In Messico è risaputa l’indifferenza e addirittura la connivenza delle forze dell’ordine in molti casi di violenza sulle donne e di femminicidio. Ciudad Juárez ne è un fulgido esempio. Ma, situazione ancor più preoccupante e indignante, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli episodi di violenza sessuale delle stesse forze dell’ordine sulle donne, la maggior parte dei quali è rimasta impune.

Questo fenomeno rappresenta un grave campanello d’allarme, perché da un lato manda un segnale inequivocabile alla società sulla scarsa rilevanza da attribuire alla violenza sulle donne e al femminicidio (sua massima degenerazione) e dall’altro costituisce un’ulteriore arma di controllo politico e sociale. Uno Stato in cui la violenza sulle donne non solo non viene punita, ma addirittura è praticata e utilizzata dalle forze dell’ordine per “ristabilire” l’ordine costituito non può che dirsi autoritario e incapace di farsi garante di qualsivoglia diritto umano.

VIOLENZA SU MANIFESTANTI E ATTIVISTE SOCIALI
Atenco
Nel maggio 2006, durante una manifestazione a San Salvador Atenco (Stato del Messico) del Frente de los Pueblos en Defensa de la Tierra - noto per la resistenza e la trionfale vittoria sul progetto di trasferimento dell’aeroporto della capitale presentato nel 2005 dall’allora presidente Vicente Fox – sono state brutalmente percosse ed arrestate 106 persone, di cui 47 donne (tra le quali una studentessa cilena, due spagnole e una tedesca).
Durante il trasferimento, insolitamente prolungato dalle 2 ore normali a ben 6 ore, trenta di loro sono state oggetto di atti di libidine violenta e stupri da parte dei poliziotti dello Stato del Messico e membri della Policia Federal Preventiva (PFP).

Gabriela Téllez Venegas, diciottenne e abitante di Texcoco, racconta: «uscivo dal lavoro e camminavo per la via Manuel González, quando ho visto un camion su cui erano stati caricati donne e uomini e mi sono fermata a guardarli. Dei poliziotti mi hanno visto e uno di loro mi ha chiesto: “che cos’hai da guardarmi?”. E un altro ha aggiunto: “carica anche lei, ‘sta cretina”. Mi hanno iniziato a picchiare e a chiedere indirizzo, età e nome. Mi hanno riempita di calci e manganellate, mi hanno introdotto le dita in bocca e nella vagina. Mi hanno obbligata a praticare loro il sesso orale. Uno di loro mi ha toccato il seno, dicendo: “guarda che tette, si vede che sta allattando”».

Valentina Palma, una studentessa cilena di cinema che stava filmando la manifestazione, afferma: «Sul cellulare tutti i poliziotti mi hanno messo le mani e le dita dappertutto. Quando siamo arrivati, avevo i pantaloni alle caviglie».
Un’altra manifestante spiega: «Nel cellulare ci dicevano che saremmo morte lì. Varie donne imploravano, “Non continuare a toccarmi, per favore, smettila”. E loro rispondevano: “Apri le gambe, brutta zoccola”»1.

Ci si domanderà il perché di una simile operazione. La risposta è semplice: si trattava di dare una lezione a un settore radicale della popolazione che -per una volta- aveva avuto la meglio sulle scelte neoliberiste del governo Fox e di prendersi la rivincita per la battaglia appena perduta, doveva essere un monito per evitare che si ripetessero analoghi casi di insubordinazione. E per farlo, l’apparato statale non ha esitato a impiegare metodi barbarici e brutali quali la tortura, la violenza sessuale, psicologica e fisica.

Secondo il giornalista Carlos Fazio, «l’obiettivo è da un lato abbassare le difese delle vittime, affondarle nella totale impotenza, piegarle soprattutto se sono militanti politiche […] e dall’altro è rivolto alla maggioranza della popolazione. Questo tipo di politica vuole seminare il terrore, una paura paralizzante nel resto della popolazione. Il messaggio è: non ti azzardare a protestare, altrimenti ti può succedere quello che è successo alle prigioniere politiche di Atenco»2.

Nonostante le denunce delle vittime, supportate da varie ONG, le raccomandazioni della Comisión Nacional de los Derechos Humanos (CNDH), della Comisión Interamericana de los Derechos Humanos (CIDH), della Comisión Civil Internacional de Observación de los Derechos Humanos (CCIODH), di Human Rights Watch, di Amnesty International, nonché le sentenze del Tribunal Federal Superior de Justicia, nessun poliziotto è stato ancora condannato. Anzi, il governatore dello Stato del Messico, Enrique Peña Nieto, autore esecutivo, si continua a dichiarare «orgoglioso» dell’operazione condotta e afferma che «agirebbe nello stesso modo se fosse nuovamente necessario ristabilire l’ordine e la pace sociale»3.

Oaxaca, Oax.
Il 25 novembre 2006 a Oaxaca, capitale dello stato meridionale omonimo, durante una manifestazione della Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca (APPO) di ripudio al governo autoritario di Ulises Ruiz, sono arrestati 137 manifestanti e, come nel caso di Atenco, nel tragitto dal luogo dell’arresto al carcere 15 uomini e 34 donne subiscono ripetute violenze e abusi sessuali da parte di elementi della polizia statale, come testimonia Yésica Sánchez della Liga Mexicana de Defensa de los Derechos Humanos (LIMEDDH), Sezione di Oaxaca4. A tutt’oggi nessun poliziotto è stato condannato per i fatti.

VIOLENZA SU CIVILI
Castaños, Coah.
L’11 luglio 2006 un gruppo di circa 20 soldati del XIV Reggimento Motorizzato di Cavalleria, assegnati ad un seggio locale per le elezioni presidenziali, è entrato nei locali “El Pérsico” e “La Playa” della zona di tolleranza di Castaños, nello stato settentrionale di Coahuila, ed ha violentato brutalmente 14 ballerine e prostitute che vi lavoravano, sotto gli sguardi sbigottiti di clienti (che verranno picchiati e derubati) e poliziotti privati (percossi e denudati).

La ragione di cotanta violenza è la vendetta: pochi minuti prima dello stupro collettivo, il soldato José Agustín Álvarez Flores era stato allontanato dai locali per l’atteggiamento rissoso ed è tornato poco dopo con i suoi compagni. Le vittime hanno riportato gravi lesioni fisiche e psicologiche. Una di loro è persino rimasta incinta.

Narra una delle vittime, Mimí, «Hanno detto che erano soldati, che erano superiori a chiunque, che avevano il diritto di fare quello che volevano. Inoltre, noi eravamo solo delle puttane e perciò eravamo lì per soddisfarli in tutto. Ha iniziato uno di loro. Mi ha presa con la forza, mi ha picchiata e mi ha fatto molto male. Si è comportato come un pazzo, come un vero e proprio vigliacco.

Io sono abituata a trattare con ogni tipo di uomini, molti di loro sono villani, ma questo era molto diverso. I soldati godevano del nostro dolore, era come un gioco perverso in cui tutti volevano vincere […] Non hanno avuto pietà. Era come se fossero indemoniati, come se un odio irrazionale provocasse in loro una condotta iraconda e depravata […]

Mi hanno denudata e fatta ballare mentre osservavano e ridevano. Mi puntavano sempre le loro armi addosso. Mi hanno urlato un’infinità di parolacce, mi hanno umiliata, mi hanno fatta sentire peggio di un rifiuto […]

Dopo avermi violentata, questi tre degenerati mi hanno messo vicino alle altre. Ci hanno disposte nude davanti a una parete ed hanno simulato una fucilazione. Ho ben scolpita nella memoria la voce di uno di loro che dava gli ordini. Mi sono sentita morire. È la cosa peggiore che mi sia mai successa. Proprio quando aspettavo il tiro di grazia, ho chiuso gli occhi e ho pregato.

Pensavo a tutto ciò che era stata fino ad allora la mia vita. E in quel momento ho udito le risate beffarde. Ho aperto gli occhi e loro hanno detto: “Bang!”. Non dimenticherò mai quel momento, ho ancora gli incubi di notte. Ho paura e sento sempre che qualcuno mi segue. È orribile, un momento può rovinarti la vita per sempre».5

Il Ministero della Difesa (Sedena) accetta di consegnare i presunti responsabili alla giustizia civile, solo dopo averli fatti condannare da una corte marziale, ma nei fatti poi insabbia molti nomi: solo otto militari -un ufficiale e sette soldati- vengono arrestati, mentre altri due presunti responsabili entrano in latitanza e i restanti elementi non verranno mai identificati.

L’avvocato delle vittime, Sandra de Luna, viene minacciata da parenti degli imputati e le vittime ricevono ripetute minacce di morte e cospicue offerte di denaro a cambio del ritiro della denuncia. Tuttavia, solo due delle vittime cedono ai ricatti.

È il primo caso nella storia recente del Messico in cui dei militari vengono giudicati presso un tribunale civile per violenza sessuale. Ma il risultato è a dir poco demoralizzante: il 1º ottobre 2007 il giudice Hiradier Huerta emette la sentenza che condanna solo quattro militari a una pena che va dai 21 ai 41 anni di carcere, ma uno di loro, Ángel Antonio Hernández Niño, (condannato a 3 anni e 9 mesi) potrebbe uscire semplicemente su cauzione.

Gli altri quattro sono scagionati per mancanza di prove, perché una delle vittime si è rifiutata a identificarli. Secondo il vescovo di Saltillo, Raúl Vera, la sentenza «mantiene la porta aperta affinché membri dell’esercito messicano continuino a perpetrare violenze del genere»6, «è un messaggio alla nazione che le truppe messicane hanno carta bianca per fare quello che vogliono»7.

E aggiunge, «non sono altro che “segnali di una dittatura militare”»8. Anche il presidente della CNDH, José Luis Soberanes, ha definito come “tiepida” la sentenza in questione. Il Consiglio di Guerra, tribunale militare, ha condannato sei degli otto imputati a una pena che va dai 18 ai 24 mesi di prigione, da scontare dopo aver scontato la pena civile, per delitto di “abbandono delle funzioni di servizio”.

1 Del video Rompiendo el cerco, del Canal seisdejulio, mayo de 2006.

2 Ibid.

3 http://www.jornada.unam.mx/ 2008/05/15/index.php?section=politica&article=018n2pol

4 http://www.jornada.unam.mx/ 2006/12/10/index.php?section=politica&article=014n1pol

5 Del discurso, “Prisionera de la vita”, que la víctima presentó en el marco del encuentro “Mujeres en Resistencia” que tuvo lugar en Oaxaca, Oax. del 26 al 28 de abril de 2007.

6 http://www.proceso.com.mx/ noticia.html?sec=1&nta=54251.

7 http://www.proceso.com.mx/ noticias_articulo.php?articulo=54822

8 Ibid.

9 http://www.proceso.com.mx/ noticias_articulo.php?articulo=51606

Fonte

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