Mamma mia dammi cento lire, che in America voglio andar : imploravano una volta I nostri nonni sulla melodia di una canzone allora molto in voga.
In quegli anni (1880) e sopratutto per la gente del sud italia, l'America assunse un significato particolare. Più che un luogo geografico rappresentava un sogno. Molti italiani inseguirono questo sogno convinti che sarebbe stato facile realizzarlo.
Negrieri: Un milione mezzo di italiani emigrarono, verso l'inferno delle fazende brasiliane, delle miniere e ferriere della Pennsylvania, dei mattatoi di Chicago, degli angiporti e dei bassifondi di Buenos Aires e di New York, in condizioni di poco meno disumane di quelle fatte all'inizio del secolo scorso dai negrieri agli schiavi portati sui mercati delle due Americhe.
Io so’ carne e macello, io so’ emigrante (Lacreme Napoletane) : Il loro lavoro duro e senza tregua per tredici o quattordici ore al giorno (lavoro che non frutta che scarso guadagno) non basta quasi sempre a sostentare le famiglie miserabili. Le province che diedero maggior numero di emigranti per paesi fuori d'Europa sono : Potenza, Campobasso, Cosenza, Salerno, Avellino.
Mille mestieri : Nella coltura delle primizie e dei prodotti ortofrutticoli spiccavano i siciliani, mentre i loro compaesani del sud, napoletani e lucani, esercitavano i mille mestieri dell'ambulante e del girovago svariando dalle competenze artigianali (calzolai, arrotini ecc.) ai classici del "nomadismo lavorativo" su cui esiste un'intera letteratura deprecatoria in qualità di lustrascarpe, suonatori d'organetto, intrattenitori, fiorai.
La chiamata : Le specializzazioni coincidevano talvolta con particolari catene emigratorie determinate dai meccanismi ben noti della "chiamata" che poteva venire da amici e da parenti, ma anche semplicemente da "paesani. Le condizioni di vita erano dure. Terra da strappare alla foresta vergine e alla prateria. Per raggiungere i lotti assegnati, gli immigrati dovevano camminare per decine di chilometri, aprendosi faticosamente la strada. Dappertutto spini, piccoli tronchi aguzzi, sporgenti dal terreno, fiumi da passare a guado, pantani, pozzanghere. I viaggiatori erano tormentati da migliaia di zanzare e moscerini. La sera dormivano in baracche coperte di foglie.
Cielo e foresta : Arrivati a destinazione non trovavano né case né animali: c'erano soltanto il cielo e la foresta. Le bestie feroci c'erano davvero e la notte si doveva dormire lasciando i fuochi accesi. Le prime abitazioni furono capanne di canne e frasche sollevate da terra, solo dopo qualche tempo si riusciva a costruire baracche di legno. Nelle foreste vergini del Brasile, racconta un immigrato, il colono italiano per costruirsi una casa aveva bisogno soltanto di un'accetta per abbattere gli alberi, di una sega, di uno scalpello, del martello e di chiodi. Si fabbricavano anche i letti, mentre coperte, lenzuoli e pagliericci erano stati portati da casa.
Polenta riso e senza chiese : Si mangiava polenta e riso, il pane solo quando era possibile perché la farina costava troppo. Le verdure e gli ortaggi del luogo erano diversi, per aspetto e sapore, da quelli di casa. In alcune zone si mangiavano fagiolini di foresta, conditi con erbe acidule e brodo di pappagallo. Era molto sentita la mancanza di chiese e di preti. Per la maggior parte degli immigrati le condizioni iniziali di vita furono molto difficili. L'emigrazione ha rappresentato una valvola di sicurezza che ha impedito l'esplosione di rivolte nelle campagne.
Senza mete : Un contadino di Cosenza partiva senza conoscere il luogo di destinazione. La somiglianza dei nomi, in qualche caso, sembrava, se non annullare le distanze, rendere omogenei gli spazi. A un altro contadino della Basilicata fu chiesto da dove venisse e dove andasse. Rispose: "Di Rionero". I commissari insistettero: Di Rionero, va bene, ma volete dire che andate a Rio de Janeiro? Rispose: "Sì, a Rionero".
Dio ci pensa : Su un'altra nave, la "Colombo", anch'essa in partenza per il Sudamerica, la commissione interrogò un contadino di Giffoni, presso Salerno, che aveva lasciato al paese la moglie e tre figli. Gli chiesero come avrebbero fatto a vivere senza di lui. Rispose: "Dio ci pensa". In Sudamerica non aveva nessun conoscente (molti emigranti, invece, vi avrebbero trovato, ad accoglierli, parenti e amici), ma affermò di sapere che chi aveva buona volontà vi trovava lavoro. Questi frammenti di dialoghi rappresentano in maniera efficace la mentalità degli emigranti. Il viaggio era un'esperienza traumatizzante, o almeno molto dura. E non solo per quei contadini che non avevano mai visto il mare, ma anche per gli altri.
Tragedie : Nel 1888 sul piroscafo "Matteo Bruzzo", partito da Genova per il Brasile, morirono 18 emigranti per mancanza di viveri; altri 27 morirono per asfissia nel 1889 sul "Frisca". Nello stesso anno, un giovane medico, Teodoro Ansermini, che prestava servizio sulla nave "Giava", in viaggio per Buenos Aires, rilevò l'assenza di pulizia, l'affollamento dei malati in uno spazio troppo ristretto, la mancanza di acqua e aria. Durante la navigazione, vi furono ammalati di tifo, di vaiolo, di difterite. Una volta arrivati in Sudamerica gli immigrati erano ospitati nelle "case d'immigrazione". A Buenos Aires, l'Asilo era un immenso baraccone di legno, dove ricevevano una razione sufficiente di cibo, dormivano in ampi cameroni e venivano curati, se ammalati. Ma le donne erano separate dagli uomini, e la separazione aumentava il senso d'insicurezza. Inoltre, dopo cinque giorni, gli immigrati dovevano cercarsi un'abitazione e un lavoro. E qui intervenivano spesso altri speculatori.
La casa d'immigrazione : A San Paolo la "casa d'immigrazione" era uno stabilimento che ospitò migliaia di persone provenienti da ogni parte d'Europa. I sensali vi accorrevano a offrire lavoro, gareggiando in promesse per accaparrarsi la manodopera: lavoro e cibo per un anno, acqua e aria buone, un cavallo e tutto ciò che potessero desiderare. Gli immigrati ne erano attirati, ma molto spesso si trovavano ingannati. A San Paolo lavoravano nelle piantagioni di caffè al posto degli schiavi negri, liberati in quell'anno. Era un lavoro diverso da quello dei coloni che ricevevano terre vergini da coltivare, ma non meno duro, soprattutto durante la stagione delle piogge. Ogni famiglia doveva badare a un certo numero di piante di caffè, secondo le braccia da lavoro. Nella stagione delle piogge l'erba cresceva a vista d'occhio, scriveva l'immigrato veneto Francesco Costantin, e se anche la terra era bagnata bisognava zappare, zappare, zappare.
Medici, scienziati e imprenditori : In Argentina l'immigrazione italiana fu più scelta che in Brasile. Anche dopo il 1880, quando ci fu un'immigrazione di massa, proveniente dalle campagne, gli italiani diedero all'Argentina medici, scienziati e imprenditori. E molte volte il contadino venuto dall'Italia si trasformò, una volta arrivato in Argentina, in commerciante. Le associazioni cercavano di formare delle isole di italianità.
La voglia di migrare : La grande emigrazione che ebbe inizio nel 1870 è legata ai processi di trasformazione che ebbero luogo nelle nostre campagne. Mai come in quegli anni si assistette ad un simile esodo dalle regioni meridionali della nostra penisola. Come un contagio, la voglia di migrare colpì un po' tutti, uomini e donne, grandi e piccini. Affascinate dal "sogno" intere popolazioni lasciarono i loro villaggi per affrontare la grande avventura. Gente che non si era mai allontanata, se non di pochi chilometri, dal campanile del paese, affrontò gli oceani per raggiungere la terra sognata. L'America sognata non era il continente americano, bensì gli Stati Uniti o, meglio ancora, New York e dintorni. Infatti, la stragrande maggioranza dei quattro o cinque milioni di meridionali che varcarono l'Atlantico a partire dal 1880 si fermò nella nascente metropoli americana, o negli immediati dintorni, e vi si stabilì definitivamente.
America amara : Negli anni precedenti la prima guerra mondiale, gli italiani immigrati venivano suddivisi in Northitalian e Southitalian, italiani del nord e italiani del sud. I piemontesi, i liguri, i lombardi erano arrivati in America molto prima dei calabresi, dei siciliani e dei napoletani. Fino al 1876, per esempio, oltre 1,85 per cento dell'emigrazione italiana complessiva era dato dall'italia del nord. Costoro, quasi tutti operai specializzati se non imprenditori fantasiosi e volenterosi, si erano conquistato stima e prestigio nel Paese ospite sia perché erano pochi e sia perché erano generalmente più colti dell'americano medio. Il nome Italia evocava nella mente degli americani soltanto immagini positive: arte, bellezza, Michelangelo, Giuseppe Verdi o Giuseppe Garibaldi...
Ostilità nord sud : Le prime ostilità fra gli italiani del nord e quelli del sud si registrarono nel campo del lavoro. I primi, più inseriti nel sistema e più politicizzati, aderivano da tempo alle leghe sindacali e spesso ne erano essi stessi gli animatori. I meridionali, invece, più deboli, più indifesi o, peggio ancora, più affamati, erano facile preda di gente di malafede. Nel 1901 il 63 per cento degli italiani giunti in California proveniva dall'Italia del nord; tale percentuale salirà al 73 per cento nel 1904. A circa un secolo da quella grande trasmigrazione, l'immagine dell'italiano in America si è lentamente modificata. oggi si può dire che in America non esistono più "italo-americani", come si usava e ancora si usa dire, ma americani di origine italiana.
12 milioni di italo-americani ; Gli americani che si sono riconosciuti di origine italiana sono stati 12 milioni, pari al 6 per cento del totale degli abitanti. Oggi, nomi italiani abbelliscono gli uffici dei presidenti di società, governatori, senatori e rettori di università. Elencare i nomi dei grandi personaggi americani di origine italiana sarebbe un compito faticoso e forse anche inutile. I figli e i nipoti dei nostri emigrati sono ormai diventati americani a tutti gli effetti. E se non si vergognano più di denunciare la loro origine, si arrabbiano quando qualcuno li definisce italo-americani. Naturalmente l'immagine dell'italiano mafioso o delinquente potenziale, anche se molto diluita, non è purtroppo del tutto scomparsa. Molti pregiudizi sono ancora diffusi contro di loro. Vale la pena di ricordare ciò che disse a proposito degli italiani il presidente Nixon appena pochi anni or sono: "Non sono come noi. La differenza sta nel fatto che hanno un aspetto diverso, un comportamento diverso. Naturalmente il guaio è che non se ne trova uno solo che sia onesto". Ma vale anche la pena di ricordare che furono due italiani "onesti, il giudice John Sirica e il deputato Peter Rodino, a cacciare il presidente Nixon dalla Casa Bianca.
Modello d'integrazione : Verso il 1960 le campagne del Mezzogiorno, sacrificate all'industrializzazione agricola locale, non furono più nella possibilità materiale, di assicurare alla popolazione del Sud, anche delle città, neppure la propria alimentazione. E fu lo sfacello. Quelli maggiormente colpiti dal fenomeno dell'emigrazione, furono gli abitanti delle regioni settentrionali, socialmente più progredite e con popolazione più numerosa; nelle regioni meridionali, meno densamente popolate, il fenomeno fu per lungo tempo irrilevante, a causa del loro isolamento, della scarsezza di mezzi di trasporto, di vie comunicazione e dell'ignoranza.Gli emigrati dall'Italia meridionale, prevalentemente addetti all'agricoltura e braccianti, costretti all'espatrio dalla povertà dei loro Paesi erano disposti ad accettare qualsiasi lavoro e anche a stabilirsi definitivamente all'estero, nelle terre d'oltremare; al contrario, l'emigrazione dall'Italia settentrionale, più altamente qualificata e, in genere temporanea, era per lo più assorbita da Paesi europeiAlla fine degli anni '60 vi erano ufficialmente sparsi attraverso il mondo, 6 milioni di individui in possesso di passaporto italiano. Di questi, oltre 2,4 milioni vivevano in Europa: 900 mila in Francia, 700 mila in Svizzera, 400 mila in Germania. Al giorno d’oggi, nella regione Parigina, si contabilizzano 60 mila Italiani perfettamenti integrati alla societa Francese e da prendere come modello.
Pio Pirolo
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