martedì 31 marzo 2009

IL GIRONE DEI GOLOSI


Le favelas di Rio assomigliano a un inferno, dove si uccide in nome della cocaina, la droga di cui la classe media va ghiotta.
La Rocinha, la più tristemente famosa delle mille e una favelas che costellano Rio de Janeiro, è ancora una volta teatro di una guerra civile. Mercoledì della scorsa settimana, 250 poliziotti hanno occupato ogni angolo delle sue straducole malandate e hanno improvvisato uno scontro a fuoco interminabile con le bande di narcotrafficanti che da giorni avevano messo a ferro e fuoco la zona per contendersene il controllo.

poliziotti a rio

L'invasione. Già da sabato, si era trasformata in un poligono di tiro persino la chic Copacabana. Un farwest cominciato nelle favelas dei dintorni e poi dilagato in cinque quartieri della zona sud di Rio, la più ricca. Risultato: 5 morti e 7 feriti. Dopo aver tentato in ogni maniera di placare la guerra tra bande mandando sul posto le truppe scelte abituate a sedare ogni tipo di conflitto in quelle aree dimenticate da dio, le forze dell'ordine hanno deciso di programmare una vera e propria invasione della Rocinha, cuore del conflitto.

"Colpa dei consumatori". Una tonnellata di marijuana, laboratori per la preparazione della cocaina, pistole, fucili e mitragliatori. Questo quanto è stato sequestrato dagli agenti, che si somma ai 19 arresti. Ma la violenza è il metodo giusto per placare un conflitto che si fomenta di povertà ed emarginazione e dilaga con il traffico di una droga, la cocaina, che è il principale divertimento della classe media cittadina? Secondo il segretario di pubblica sicurezza di Rio, José Mariano Beltrame, i principali responsabili sono proprio i consumatori di polvere bianca, perché tutto questo sangue viene versato solo in nome del narcotraffico e dei soldi che porta dove alternative lavorative ce ne sono poche.


La transumanza. "Dove si trovano clienti, ci saranno narcotrafficanti", ripete incessantemente Beltrame, e lo dimostra il fatto che molti narcos ricercati a Rio si sono trasferiti a Macaé o Rio das Otras, nella regione de Los Lagos, zone ricche, dove è il petrolio a far circolare i soldi e dove, quindi, si trovano molti benestanti golosi di polvere bianca. E lì operano già a grandi ritmi, esattamente come nella capitale carioca.
Anche se Rio continuerà a far storia a sé. Perché in questa città dalle mille facce, il male si insinua anche nella parte di quelli che dovrebbero essere "i giusti". Le forze dell'ordine, infatti, continuano a essere bersaglio di molti sospetti e critiche e denunce. È ormai noto, anche grazie a film denuncia quali Ciudade de Dios o Tropa de Elite, che poliziotti all'apparenza irreprensibili non disdegnano intascare ingenti mazzette dai capi banda o imporsi usando metodi brutali come le esecuzioni extragiudiziali, ossia omicidi a sangue freddo. Non solo. In alcune favelas, le bande paramilitari che si oppongono ai narcos per il controllo del territorio spesso sono formate da agenti che la sera dismettono la divisa statale e indossano quella "para" per farsi giustizia e arrotondare un magro stipendio.

I sospetti. È di queste ore, infatti, un documento divulgato da alcune associazioni brasiliane in difesa dei diritti umani che critica la liberazione di poliziotti e militari, arrestati dietro il sospetto di aver assassinato persone in favelas e quartieri poveri.
Il documento è firmato dalla Rete delle Comunità e Movimenti contro la Violenza e chiede che la decisione dei giudici di scarcerare quegli uomini in divisa sia rivista. A favore dell'accusa, infatti, si sommano fatti inquietanti: i testimoni oculari che avrebbero potuto incastrare gli agenti e i militari sono stati assassinati. E questo, in quel far west, pare essere una prassi.




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