a dissolversi con la televisione
Prima c’è Belem, con i suoi grattacieli immersi nella calura umida dei tropici, una foresta di cemento. Poi Altamira con le sue case basse e la foresta vera che incombe sulle sponde del fiume. E alla fine c’è il fiume lungo il quale si scende per molte ore. Non è facile arrivare dagli indios Arawete, ed è giusto. Loro sono lontani alcune migliaia di anni, o meglio lo erano fino a pochi decenni fa.
Oggi gli indios Arawete sono circa 400, raccolti in tre villaggi lungo il fiume Xingu, ma fino agli anni ’70 erano nomadi, vivevano di caccia e di pesca e non avevano avuto mai rapporti con il resto dell’umanità che, oltre la foresta, costruiva gli intricati percorsi della storia. Per millenni la foresta ha custodito mondi culturali separati, privi di scambi con l’esterno. Adesso gli Arawete continuano a vivere di caccia e pesca, ma sono stati convinti dal governo brasiliano ad abitare stabilmente nei villaggi. Si tratta peraltro di una stanzialità precaria: quando la popolazione supera un certo numero di abitanti, di solito poche decine, avvengono normalmente delle pacifiche secessioni. Piccoli litigi e incomprensioni inducono una parte della popolazione a separarsi e a costruire un nuovo villaggio lungo il fiume. Fra non molto verrà costruito un quarto villaggio, anche se l’esiguità della popolazione si accompagna spesso alla eccessiva densità dei rapporti di parentela. Succede così a volte che gli abitanti siano tutti strettamente imparentatati fra di loro, tanto da rendere necessaria una rigorosa pratica esogamica: in questo caso le spose, normalmente giovanissime, vengono scelte negli altri villaggi. In ogni villaggio c’è ora un’infermeria, una scuola e il gruppo elettrogeno, e con il gruppo elettrogeno è arrivato anche il televisore. In ogni villaggio ce n’è uno. Inizialmente il governo brasiliano ha introdotto il televisore per facilitare l’alfabetizzazione degli indios. Ma il televisore non è un docile strumento al servizio delle buone intenzioni. Verso le 20, per un paio d’ore, buona parte della popolazione vi si raccoglie davanti, anziani e bambini, madri che allattano sdraiate per terra, cani, polli, pappagalli multicolori, nel buio appena rischiarato da qualche lampadina, da qualche torcia a pila e da qualche fuoco acceso per cucinare il cibo. Gli Arawete non sembrano molto interessati alla telenovela ‘Passione’, che tutto il Brasile in quelle ore sta vedendo, ma ogni sera lo schermo è acceso. Fra un primo piano e un interno scorrono anche le immagini delle nostre città, le strade asfaltate, i negozi, le automobili, i grattacieli, gli aerei, il paesaggio dei nostri contesti urbani del tutto sconosciuto agli indios fino a 40 anni fa. E poi ci sono gli stacchi pubblicitari, con in vetrina il nostro mondo luccicante e ipertecnologico. Davanti al televisore acceso avviene l’incontro fra mondi lontani diverse migliaia di anni, fra i quali non può esserci scambio culturale. Il loro è destinato a scomparire. Probabilmente questi bambini che guardano il televisore e siedono sui banchi di scuola sono gli ultimi ad abitare un piccolo universo di credenze, parole, pensieri, saggezze e follie antichissime. Prezioso semplicemente perché umano.
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