Da Misna, un bellissimo articolo che raccoglie le voci degli scrittori haitiani. Invece che dei saccheggi, «I media farebbero meglio a parlare dell’incredibile energia degli haitiani, degli uomini e delle donne che, con coraggio e dignità, si aiutano a vicenda».
«Questo paese può progredire e svilupparsi, è materialmente straziato da questo terremoto, minato anche da problemi socio-politici, ma può vivere come entità politica. Ed è la sfida di tutti coloro che stanno cercando di salvare persone intrappolate tra le macerie, dei giovani che stanno organizzando comitati di quartiere […]. Occorrerà ricostruire Haiti con meno ingiustizie sociali e con una maggiore condivisione delle ricchezze, con uno stato più dignitoso e al servizio della popolazione». Dalla capitale Port-au-Prince, scrive così l’autore e poeta di fama internazionale Lyonel Trouillot, che ha vissuto in prima persona il terremoto del 12 gennaio, insieme a molti altri scrittori giunti nella capitale per il festival di letteratura «Etonnants voyageurs» [«Sorprendenti viaggiatori]» previsto in questi giorni. Trouillot, che non ha mai lasciato il suo paese, è un sopravissuto.
Una sorte diversa è toccata al collega Georges Anglade, nato a Port-au-Prince nel 1944, uno dei fondatori dell’Università del Quebec a Montreal [Canada] dove aveva insegnato geografia sociale sino al 2002. Anglade era un oppositore alla dittatura dei Duvalier [1957-1986] motivo per il quale fu costretto all’esilio, per poi diventare consigliere degli ex-presidenti Jean-Bertrand Aristide e Rene Preval, fino al 1996. «La cultura ci salverà. La cultura è la struttura del paese» ripete lo scrittore Dany Laferriere, haitiano con passaporto canadese, cercando di confortare Trouillot e l’illustre Franketienne, trovato in lacrime dinanzi alle rovine della sua abitazione.
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«Ho detto a Franketienne, vera e propria metafora di Haiti, che deve uscire, farsi vedere. Quando crollano i punti di riferimento fisici, restano quelli umani» ha aggiunto Laferriere, secondo un racconto pubblicato dal quotidiano francese Le Monde. Laferriere sottolinea ancora: «Basta dire che Haiti è colpita da una maledizione. È un insulto e lascia intendere che il paese ha fatto qualcosa di male e che sta pagando per questo. È una parola priva di senso, scientificamente parlando. Abbiamo subito cicloni per motivi precisi, non c’era stato un sisma di tale magnitudo da 200 anni. I media farebbero meglio a parlare dell’incredibile energia degli haitiani, degli uomini e delle donne che, con coraggio e dignità, si aiutano a vicenda. Che i telepredicatori americani parlino di ‘patto col diavolo’, passa ancora, ma che lo rilancino i media…». Laferriere invita anche alla prudenza nel riferire episodi di saccheggio e di violenza in questi giorni drammatici, confermando in questo modo altre testimonianze già raccolte dalla MISNA. «Probabilmente – ipotizza lo scrittore – assisteremo a saccheggi più tardi, perché ogni città di due milioni di abitanti possiede la sua quota di banditi, ma per il momento il problema è la sopravvivenza».
Il Canada ha annunciato in queste ore che ospiterà a Montreal una conferenza internazionale sulla ricostruzione in Haiti il prossimo 25 gennaio. «Conferenza…proposte americane…Assistiamo già a lotte d’influenza? È questo il momento di parlare di tutto ciò?» s’interroga Lyonel Trouillot, secondo cui haitiani non accetteranno che il terremoto serva da pretesto ad altro. Dalla Francia, dove risiede dopo una vita segnata dalla lotta alla dittatura e da un lungo esilio a Cuba, lo scrittore Rene Depestre, 84 anni, vuole poter sperare in una globalizzazione costruttiva. «Una terra-patria e una società civile mondiale» dice, sottolineando che come dopo lo tsunami nel sudest asiatico, la situazione ad Haiti suscita uno slancio di solidarietà straordinario. Depestre chiede con forza che il denaro e gli aiuti per Haiti non cadano nelle mani di «squali», né locali, né stranieri.
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Per gli haitiani, dice l’autore, conoscitore profondo dell’anima popolare e delle antiche credenze nate dagli schiavi neri portati via mare, «questo è un nuovo mare da attraversare». [A cura di Celine Camoin]
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