La musica per combattere la violenza. L'arte per trasformare la realtà. Usare la cultura come strumento di cambiamento sociale con l'obiettivo di tirar via i giovani dal cammino del narcotraffico e del lavoro nero. Questa l'aspirazione del gruppo culturale Afroreggae, l'organizzazione non governativa nata nel 1993, che oggi ha progetti in cinque comunità della città più violenta del Brasile, Rio de Janeiro.
Cantagalo, Complexo do Alemão, Parada de Lucas, Nova Era (Nova Iguaçu) e Vigário Geral, nomi che danno i brividi a chi ha anche solo annusato la cultura carioca, a chi ha anche solo messo piede nella megalapoli, diretto a perdifiato verso la bella e ricca Zona Sul, per un tuffo nel sole e nella gioia di vivere. Perché chi atterra al Galeão-Antònio Carlos Jobim International, principale aereoporto di Rio, non può evitare la tremenda Ilha, favelas su favelas, casupole su casupole, strade di fango e fili elettrici aggrovigliati, gente su gente, sottomessa a un gangaster pronto a tutto, Fernandinho, e al suo esercito privato. È il Terceiro Comando puro, gang che si contrappone al famigerato Comando Vermelho, "la più antica e potente narcomafia di Rio", la definisce Jon Lee Anderson nel suo reportage pubblicato dal New Yorker. E lo Stato? Non c'è, e le forze dell'ordine sono un mistero: la polizia militare è un dipanarsi di corrotti e corruttori, i puri non resistono, non glielo permettono. Qui è tutto economia sommersa, legata alla droga e al traffico di armi, e crea un indotto che coinvolge migliaia di "lavoratori".
In questo marasma, c'è qualcuno che crede fermamente che solo la cultura possa forgiare, cambiare gli animi, le teste, la realtà di tanta gente. E ci sta riuscendo. Nonostante tutto. E questo anche quando quel "tutto" è la morte di chi per primo ha creduto in un altra favela possibile, di chi ha fondato la Ong della speranza, di chi ne era cuore e braccio, energia, pura. Il 18 ottobre, Evandro João da Silva, il 42enne coordinatore di Afroreggae Brasil, è stato freddato in mezzo a una strada da due rapinatori che sembra fossero attirati da un paio di scarpe da ginnastiche ultima moda e da una giacca carina. Sì perché, almeno che non emerga un oscuro regolamento di conti o un violento avvertimento, che però la Ong smentisce, sarebbero questi i futilissimi motivi che hanno spinto due banditi ad aggredire "il nostro amato fratello", come lo definiscono chi lo conosceva. E a rendere la cruda cronaca impietosa è il ruolo di due agenti, incastrati da una telecamera che li inchioda alle loro responsabilità.Come spiega accuratamente Fransco Giappichini sul blog di Musibrasil "i due assassini sono stati fermati da una volante della Polizia militare (Pm) nell'immediatezza dei fatti - mentre erano in possesso degli oggetti personali della vittima - ma dopo poco sono stati liberati (le immagini ne mostrano uno, che se ne va tranquillamente). Quindi i due agenti, tra cui addirittura un capitano, rientrano nella loro auto con la refurtiva, mai riconsegnata: una giacca e un paio di scarpe da ginnastica. E come non bastasse, è evidente anche l'omissione di soccorso nei confronti della vittima, che giaceva sull'asfalto della strada percorsa dalla stessa pattuglia. Il governatore di Rio ha reagito duramente e promesso di volere andare fino in fondo: così non solo i due poliziotti sono stati arrestati (cosa di per sé non scontata), ma ha anche destituito dal proprio incarico di portavoce della Pm carioca (un maggiore), per avere, a suo dire, tentato di sminuire la gravità di quei comportamenti. I fatti hanno inevitabilmente provocato una serie infinita di polemiche, specie tra membri del gruppo Afroreggae che hanno accusato duramente la polizia, e gli alti comandi della stessa istituzione". Ma precisando "lo sbaglio di due poliziotti mai andrà a corrompere la relazione di pace e dialogo che abbiamo con il corpo di polizia". Avere buone relazioni con le parti in lotta è vitale nella guerra di Rio, nella guerra di tutti contro tutti. Narcos contro narcos, polizia contro polizia, e poi bande paramilitari, gang, gangster, mercenari. Gruppi armati che controllano intere zone delle oltre mille favelas, dai tre milioni di abitanti, dei 14 milioni che residenti carioca. Numeri che stupiscono, ma che non rendono la realtà della città che registra il più alto tasso di omicidi del mondo. Secondo le autorità, il 2008 ne ha visti cinquemila, metà dei quali legati al traffico di stupefacenti. Un vero conflitto. Ventidue agenti ammazzati, contro le 1188 persone fatte fuori dalla polizia "perché resistevano all'arresto".
Una Ong, quella Afroreggae, che acquista sembre più le sembianze di un bel fiore nato dal letame, ma che nel letame cresce e prospera dovendo quindi farci i conti, ogni giorno. "Tutto è nato nel 1993, dal desiderio di reagire alla violenza dell'industria della droga e della pressione della polizia - spiegano dalla Ong - Inizialmente si trattava di un giornale, un notiziario, AfroReggae News, per diffondere la cultura nera, per attirare i giovani e riunirli nel nome del reggae, del soul, dell'hip hop. Quindi, il medesimo anno, arrivò la sede del primo Nucleo comunitario di cultura, nella favela Vigário Geral favela". E nacquero i seminari di danza, percussioni, riciclaggio, calcio e capoeira. Tutti dedicati agli adolescenti degli slums. Per loro è nata la Ong, a loro è dedicata l'ominima band, amata, seguita, ben oltre Rio.
"Nel '97 aprimmo il Centro Cultural AfroReggae Vigário Legal" ben presto diventata punto di riferimento per le iniziative culturali e sociali dell'intera Rio de Janeiro. Si aprirono corsi di teatro, oltre agli altri seminari ormai consolidati e da lì nacque il progetto "Criança Legal", per dare supporto ai bambini in età prescolare e ai genitori, che spesso, troppo spesso, picchiano e maltrattano e niente sanno delle più elementari regole di igiene. Lì le famiglie disagiate ricevevano anche un paniere di alimenti di base.
Regina incontrastata, però, resta la musica, principale forma d'attrazione per gli adolescenti. Che invadono AfroReggae. E la Banda diventa un successo artistico ma anche un valido progetto sociale. Traccia un esempio, un sentiero che molti ragazzini intendono seguire. Modello positivo e propostivo in mezzo a esempi di morte e distruzione senza vie d'uscita. E così sono nati altri tre gruppi, Banda Makala Música e Dança, Afro Lata and Afro Samba, con altri sottogruppo Afro Mangue, Tribo Negra, Akoni and Kitôto. E tanti ne nasceranno. Per concretizzare il sogno di Evandro, per il quale LG, il cantante degli Afroreggae, ha urlato dal palco. "La vita sorge in nove mesi e molte volte finisce in un minuto. Confido che tutto è volontà di Dio e so che Evandro è davanti al trono del salvatore. Riposa in pace fratello. Noi ti amiamo". "E continueremo nel tuo nome a coltivare la speranza nelle più disperate favelas di Rio", parola di un irmao.
1 commento:
simile l'esperienza degli Olodum a Bahia.
http://saamaya.blogspot.com/2008/08/una-notte-ritmo-di-olodum.html
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