La guerra civile in Sri Lanka tra governo singalese e ribelli tamil, iniziata nel luglio del 1983, è finita.
Questa mattina, con l'uccisione del leader storico della Tigri tamil, Velupillai Prabhakaran, e con la conquista da parte dell'esercito delle ultime trincee dell'Ltte nel distretto di Mullivaikal, si è definitivamente concluso un conflitto che in 26 anni ha causato la morte di oltre 90 mila persone.
Più che una vittoria, un massacro. A pagare il prezzo più alto di questa guerra sono stati, soprattutto negli ultimi mesi, i civili tamil. Da quando è iniziata, a gennaio, la travolgente avanzata dell'esercito singalese verso le ultime roccaforti dell'Ltte sulla costa orientale di Mullaitivu, sono morti oltre 9 mila civili tamil, contro circa 2.500 guerriglieri dell'Ltte e 1.300 soldati singalesi. Una strage di civili causata dagli indiscriminati bombardamenti governativi su villaggi, tendopoli di sfollati e perfino sugli ospedali. Un crimine di guerra che si è consumato nella più totale indifferenza della comunità internazionale.
Un crimine di guerra del quel sono corresponsabili le Tigri tamil, che, quantomeno nelle ultime settimane, impedivano ai civili di fuggire usandoli di fatto come scudi umani. Una pratica criminale alla quale i comandi dell'Ltte non erano mai ricorsi in passato perché i civili tamil sfollati dai combattimenti hanno sempre scelto di fuggire in territorio ribelle, piuttosto che in territorio governativo, per paura di finire rinchiusi nei ‘campi d'accoglienza' del governo (prigioni a cielo aperto dove i profughi vengono trattati come prigionieri e come sospetti terroristi, quindi interrogati, spesso torturati e uccisi) o di essere comunque condannati a una vita fatta di emarginazione e persecuzioni razziali. Pochi erano i fortunati che si potevano permettere di fuggire all'estero, in India o addirittura in Europa.
Tutta colpa del colonialismo britannico. Le cause della guerra civile in Sri Lanka risalgono, tanto per cambiare, al periodo del dominio coloniale britannico. Gli inglesi, fedeli al principio del divide et Impera, scelsero di affidare l'amministrazione locale alla minoranza tamil piuttosto che alla maggioranza singalese. Ai tamil venne quindi insegnato l'inglese e garantito l'accesso alle università e a tutti i posti chiave nell'amministrazione pubblica, nell'esercito e nell'economia. Questo creò nei singalesi un forte risentimento, un senso di frustrazione e un desiderio di rivalsa che ebbe sfogo dopo l'indipendenza del 1948, quando i nazionalisti singalesi presero il potere e lo usarono per emarginare i tamil, epurandoli da tutti gli impieghi governativi e discriminandoli in ogni modo. Nacque così, come reazione, un sentimento nazionalista e indipendentista tra i tamil, che fu violentemente represso dagli apparati di sicurezza governativi. Il clima di scontro crebbe fino a esplodere con i pogrom del ‘luglio nero' del 1983, quando folle di singalesi aizzate dal governo massacrarono in pochi giorni oltre mille tamil. Fu la scintilla della guerra civile: le Tigri per la liberazione della patria tamil (Ltte) di Velupillai Prabhakaran, il più forte movimento indipendentista dell'epoca, scatenò l'insurrezione armata nelle regioni tamil del nord e dell'est del Paese.
La nascita del 'Tamil Eelam'. Tra il 1987 e il 1990 l'India sostenne attivamente la campagna militare di Colombo, temendo che l'indipendentismo tamil contagiasse anche le popolazioni tamil dell'India meridionale (Tamil Nadu). Nonostante questo, l'Ltte di Prabhakaran riuscì non solo a resistere ma a prendere il controllo, militare, politico ed economico, di tutte le regioni tamil: quelle settentrionali di Jaffna, Kilinochchi, Mullaitivu, Mannar e Vavuniya, la costa nord-occidentale di Puttalam e i distretti orientali di Trincomalee, Batticaloa e Ampara.
Il ‘Tamil Eelam', il territorio ribelle, divenne di fatto uno Stato indipendente, con un'amministrazione, una banca centrale, un servizio sanitario, scuole e università gestite dall'Ltte.
Tutto (armi comprese) finanziato con grazie al sostegno economico dei tanti tamil espatriati in Occidente, soprattutto in Gran Bretagna e in Norvegia.
Nel corso degli anni ‘90, l'esercito e l'aviazione singalese iniziarono a bombardare i villaggi tamil, causando numerose stragi di civili. Stragi alle quali i guerriglieri dell'Ltte rispondono con sanguinosi attentati suicidi ad opera delle ‘Tigri Nere', provocando altrettante carneficine di innocenti e decimando la classe politica singalese.
Nel 1995 un'imponente offensiva governativa riuscì a cacciare i ribelli dalla città di Jaffna, sulla punta settentrionale dell'isola.
Con l'inasprirsi del conflitto, l'esercito governativo iniziò una ‘guerra sporca' contro la popolazione tamil: stupri, saccheggi, rapimenti, torture, esecuzioni sommarie. Migliaia di tamil arrestati dai militari o dalla polizia sono spariti nel nulla.
Quattro anni di speranza, poi l'inferno. I primi tentativi di dialogo tra Ltte e governo, patrocinati dalla Norvegia, portano nel febbraio 2002 a un cessate il fuoco bilaterale, seguito dall'avvio di un difficilissimo negoziato. La popolazione tamil torna a respirare e inizia a sperare. Ma l'ottimismo dura poco.
Nel 2003 i falchi del governo, contrari alle trattative, approfittano infatti della pausa nei combattimenti per dividere il fronte tamil, comprandosi una parte dei ribelli. Nel marzo 2004, infatti, l'Ltte si spacca in due e la fazione fedele al ‘colonnello Karuna', comandante dei distretti orientali, inizia a dare battaglia alle forze di Prabhakaran. Centinaia di bambini soldato vengono coinvolti in questi scontri intestini.
Alla fine del 2004 ci si mette pure Madre Natura: il 26 dicembre lo tsunami si abbatte sulle coste orientali causando 31mila morti (quasi tutti tamil) e migliaia di dispersi. Gli sfollati rifugiati in campi profughi, templi e scuole sono circa un milione.
Le speranze che governo e ribelli, di fronte a questa catastrofe umanitaria, seppellissero definitivamente l'ascia di guerra sono naufragate nel novembre 2005 con la salita al potere del ‘falco' nazionalista Mahinda Rajapaksa, che decide di riprendere la guerra contro le Tigri tamil e di riconquistare il nord del Paese, costi quel che costi. Dal canto loro, le Tigri tamil avevano approfittato della pausa Tsunami per rifarsi l'arsenale, con tanto di aerei.
Così, alla fine del 2005, dopo quasi quattro anni di relativa pace, la guerra civile è riesplosa con una violenza senza precedenti. L'esercito ha sferrato una serie ininterrotta di offensive militari con massiccio impiego di uomini, artiglieria e aviazione. Una guerra totale che nel 2007 ha portato alla riconquista di tutta la fascia costiera orientale e nel 2008 di tutto il nord-ovest. La presa di Kilinochchi, la ‘capitale' delle Tigri, i primi giorni del 2009 è stato il segnale che la guerra stava per finire.
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1 commento:
Praticamente hanno raso al suolo villaggi e civili...senza farsi troppi problemi. Nell'indifferenza mondiale....
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