mercoledì 26 novembre 2008

Busseto al tempo dei bagni pubblici

Leggevo tempo fa (non mi ricordo più dove) un articolo sugli alberghi diurni di Milano e mi aveva interessato come tutti gli argomenti che riguardano la nostra memoria storica. Mi ricordo che parlava dell’Albergo Diurno Venezia, che era collocato sotto P.za Oberdan ed era una splendida struttura in stile liberty ricca di mosaici, mobili raffinati e porcellane , luogo d’incontro e di ristoro della Milano degli affari.
Sul Web (
http://www.msacerdoti.it/edifici.htm) avevo poi trovato quanto segue:
“Il Diurno Venezia fu costruito nel 1925 sulla base di un progetto presentato dall'ing. Marcello
Troiani nel 1923. La concessione iniziale aveva la durata di 30 anni. Alla fine dei 30 anni l'Albergo è rimasto in proprietà del Comune di Milano, con tutti gli accessori e pertinenze.
Nel progetto erano previste 30 cabine da bagno tra comuni e di lusso, 6 cabine per doccia con spogliatoio, dieci gabinetti da toilette, 2 Wc, un locale per guardaroba e stireria, una buvette, un'agenzia postale, salette per trattative di affari, vendite di
fiori freschi, oggetti di cancelleria, riviste e giornali, un ufficio bancario, un'agenzia commerciale, un parrucchiere per uomo e donna, un manicure, un casellario postale, due cabine telefoniche, scrittoi al centro della sala, un ufficio copisteria a macchina, un deposito piccolo bagaglio, un'agenzia turistica, un deposito di biciclette con custode, gabinetti di decenza, posti per lustrascarpe.
La caldaia per il riscaldamento dell'aria era munito di un camino nascosto in una colonna sulla piazza, affiancata da un'altra colonna decorativa.




Attualmente è ancora in funzione il negozio del barbiere Sig. Ajello mentre gli altri artigiani hanno lasciato i locali nel 1996. Il salone è tuttora visitabile mentre per la visita dei bagni è necessario chiedere il permesso al barbiere. L'umidità provocata dalla pioggia che si infiltra dalla strada sta progressivamente rovinando le pareti, le piastrelle e gli arredi.
In seguito alla demolizione del Diurno Cobianchi in Piazza Duomo che sarà trasformato in Ufficio Informazioni del Comune e Internet Point, il Diurno Venezia rimane l'unica testimonianza a Milano di questo tipo di struttura. I Verdi ne hanno chiesto il restauro integrale.”

Leggendo questa pagina web mi sono tornati alla mente i tempi lontani della mia fanciullezza a Busseto.

Allora la mia famiglia, di modeste condizioni economiche, non aveva certo il privilegio di avere il bagno in casa ( a dire il vero nemmeno fuori). Cosicché quando arrivava il sabato, mia madre metteva sul fuoco alcune pentole d’acqua che, quando questa raggiungeva la giusta temperatura, versava in una specie di tinozza di ferro, dove io venivo strigliato a dovere.
Per i bisogni fisiologici invece, non mancava all’esterno il gabinetto con la classica turca, i fogli di giornale appesi (al posto della attuale carta igienica colorata e profumata) e il freddo dei mesi invernali, quando ti si potevano congelare anche le tonsille.
Divenuto adolescente, era arrivato anche per me il momento di poter finalmente andare, con mio padre, ai bagni pubblici. Questi erano situati nei locali caldaia delle Scuole Elementari, custoditi
da un allegro e vivace mutilato di guerra di nome Gino Gatti, rimasto congelato agli arti inferiori durante l’ultima guerra mondiale, sul fronte russo.
Mi sembrava sempre di scendere in semioscure cantine invase dall’umidità; il vapore caldo che aleggiava in quei locali, il profumo dei saponi, le immagini di quegli esseri umani riuniti per pulire i loro corpi in ambienti che nulla avevano di igienico, almeno per il significato che oggi diamo a questo termine, sono ricordi indimenticabili, specie al confronto alle comodità di oggi. Ma quegli odori di corpi giovani e vecchi misti al profumo dei saponi, spesso da bucato, sotto quella grande cappa di umidità davano l’impressione di un’umana carnalità in comunità.
Ora nelle nostre case abbiamo spesso almeno un bagno privato per ogni componente della famiglia, a volte con doccia o vasca con idromassaggio, insomma abbiamo bagni che assomigliano a saloni di bellezza, un ulteriore spregio di questa nostra società opulenta e sprecona verso quei miliardi di persone che sono costretti a vivere senza le più elementari norme igieniche.

A questo proposito, voglio farvi leggere un articolo di Daniele Parolini (giornalista per 28 anni del Corriere della Sera nella sezione sportiva, in quella scientifica e infine nelle cronache italiane) dal titolo molto significativo:
“Cacando sotto le stelle.”
“State a vedere che in questo mondo esistono ancora il pudore e la discrezione come ai bei tempi andati. Oppure sarà soltanto ipocrisia? Giudicate voi. Sta di fatto che raramente, anzi quasi mai, si parla di un certo problema ecologico e soprattutto sanitario, che riguarda poco meno della metà del genere umano.

Ebbene sì: circa 2 miliardi e mezzo di persone cacano (verbo intransitivo secondo il vocabolario Zingarelli, con la “g” diventa voce dialettale) all’aperto, sotto le stelle, sotto il sole, sotto la pioggia e nel gelo; proprio come l’Homo Sapiens.


Oggi non sono milioni come nell’Ottocento, quando gli inglesi chiamavano Napoli “la Calcutta d’Europa”: quelli che vivono nella merda sono due miliardi e mezzo. Sono milioni purtroppo i morti dovuti a tifo, colera, diarrea, enterite che nascono da questo dilagante inquinamento escrementizio e colpiscono soprattutto i bambini.

Che succederà ora che siamo nel XXI secolo?

Che anche l’Onu ne parla e proclama l’anno del risanamento ambientale?

Succede che su questo gravissimo problema per l’uomo e per la natura si innesta un grande business: quello dell’acqua potabile da depurare e delle toilette.

In certe città africane, l’acqua costa 4-5 volte più della media delle città statunitensi.

Oggi Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, con oltre 10 milioni di abitanti, è priva di un sistema fognario a smaltimento idraulico.

A Nairobi lo slum di Kibera aveva, sino a pochi anni fa, dieci latrine per 40mila persone.

In India solo 17 su 3.700 città e centri minori hanno qualche trattamento degli scarichi prima dello smaltimento finale. In ogni parte del mondo esiste il dramma delle donne che devono aspettare il buio o il mattino presto per i loro bisogni, muovendosi in gruppo per evitare aggressioni, che comunque avvengono ugualmente. Che altro dire? Spero che al ragionier Rossi, il quale ogni giorno prende possesso di uno dei suoi due bagni, anche per leggere tranquillamente il quotidiano locale, sfugga questo articoletto. In ogni caso, però, penserebbe che è solo invenzione, o al massimo, un problema del passato, un passato molto remoto.

E invece è molto, molto attuale e importante per l’ambiente e soprattutto per la dignità umana. Importante magari come il riscaldamento di questo pianeta, dove due miliardi e mezzo di persone non possono fare in pace ciò che la natura comanda. Peggio dei cani.”

dal Giornale di AMANI

(Amani che in kiswahili vuol dire pace è una associazione onlus laica ispirata e fondata tra gli altri dal padre comboniano Renato Kizito Sesana)



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Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria.


(Dante, Inferno V)

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