giovedì 7 giugno 2012

CAOS CONGO

Il paese è scosso dalla guerra e da influenze internazionali nefaste. “La crisi è la peggiore che si sia vista in anni. L’attività dei gruppi armati è letteralmente esplosa, con le milizie ad essere responsabili della maggior parte del caos. La popolazione locale è letteralmente saccheggiata”


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Le braci della Prima Guerra Mondiale Africana covano ancora sotto le ceneri di una pace e periodicamente qualcuno le riattizza
CONGOFOLLIA - Il Congo non è solo uno dei più grandi e ricchi paesi africani, ma fin dalla colonizzazione europea dell’Africa e dalla sua spartizione al Congresso di Berlino nel 1885 è soprattutto il tragico specchio dell’influenza bianca nel cuore dell’Africa nera. Affidato come possedimento privato al re del Belgio Leopoldo II, fu teatro del primo genocidio sistematico per mano della compagnia commerciale attraverso la quale Leopoldo sfruttava i possedimenti, con tale furore che in una decina d’anni dimezzò la popolazione della colonia e con tale sprezzo delle apparenze da costringere il parlamento belga a spogliarlo del suo potere diretto sulla colonia. Il mondo inorridito vide allora le foto dei bambini mutilati congolesi, mutilati per costringere i genitori al lavoro e all’obbedienza e le pressioni sul Belgio si fecero insopportabili, pressioni da parte di altri paesi che non avevano nessuna remora a sostenere la legittimità del colonialismo, ma che non potevano giustificare comunque un tale livello di barbarie presso le loro opinioni pubbliche.

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IL COLONIALISMO NEFASTO - Con il nuovo secolo il Congo finì sotto l’amministrazione belga, ma non ne trasse gradi vantaggi e ancora meno ne trasse al momento della decolonizzazione, quando i belgi uccisero il primo leader congolese liberamente eletto, Patrice Lumumba, e lo rimpiazzarono con un dittatore selvaggio e collaborativo come Mobutu, alla morte del quale il paese è letteralmente collassato sotto la pressione di diversi gruppi armati sostenuti dai paesi confinanti e dalle compagnie minerarie che volevano scalzare l’aristocrazia del settore, saldamente legata al defunto dittatore.
L’ASSALTO ALLE MINIERE - Ne uscì una guerra alla quale presero parte ufficialmente otto paesi africani e meno ufficialmente diversi paesi occidentali, che lasciò sul terreno 5 milioni di morti, in gran parte civili, al margine della quale si consumò anche la tragedia Ruandese tra Hutu e Tutsi. Proprio per quegli eventi è stato condannato ieri Callixte Nzabonimana, ex ministro della gioventù del Ruanda, riconosciuto responsabile di genocidio, cospirazione, incitamento e sterminio da una corte dell’ International Criminal Tribunal for Rwanda (ICTR), un tribunale internazionale africano chiamato a giudicare sull’olocausto ruandese. LA SOLUZIONE CONGOLESE - Diversa invece la sorte di quanti si sono macchiati di crimini simili in Congo, che in mancanza d’azione da parte del governo congolese sono finiti nel mirino del procuratore del Tribunale Penale Internazionale Luis Moreno Ocampo, specializzato nella messa in stato d’accuso di criminali africani, uno che durante il suo mandato non ha mai incriminato un bianco o un esponente di un governo che non fosse africano.

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IL PROCURATORE - Proprio un’iniziativa di Ocampo, che ha emesso un mandato di cattura per un generale congolese ormai in qualche modo amnistiato e integrato nell’esercito nazionale con la sua milizia, ha dato di nuova la stura a estese violenze nella zona del Kivu. Un’area al confine con il Ruanda che oltre ad essere clamorosamente ricca di minerali preziosi è ormai da anni il santuario di gruppi di ex combattenti, esuli ruandesi e signori della guerra che in qualche modo aspirano al controllo delle miniere e dei traffici di minerali. Bosco Ntaganda, un tempo vice di Tomas Lubanga (già condannato) del Congrès national pour la défense du people (CNDP) non è stato ad attendere l’arresto, anche se le autorità congolesi hanno smentito di avere l’intenzione di eseguire l’ordine del TPI ha preso i suoi uomini e si è dato alla macchia. Il che significa che i suoi uomini si sono lanciati in una campagna di saccheggi che presto li ha portati a evitare gli scontri con le altre milizie locali, con l’esercito congolese e con la MONUC e a concentrarsi sulla rapina dei civili inermi.

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IL TRIBUNALE - Proprio alcuni giorni fa il TPI ha respinto un’analoga domanda da parte di Ocampo nei confronti di Sylvestre Mudacumura, un comandante sul campo delle truppe ruandesi coinvolte in numerosi massacri, il giorno prima aveva respinto l’appello di Ocampo contro la chiusura del caso di Callixte Mbarushimana, come Mudacumura un membro del FDLR. Non è una novità, Ocampo ha accusato un discreto numero di personaggi simili senza riuscire poi a portarli a giudizio perché non si era nel frattempo procurato le prove o perché aveva formulato accuse ritenute irricevibili.
LA CRISI UMANITARIA - “La crisi in Congo è la peggiore che si sia vista in anni. L’attività dei gruppi armati è letteralmente esplosa, con le milizie ad essere responsabili della maggior parte del caos. La popolazione locale è letteralmente saccheggiata”, afferma il locale incaricato di Oxfam, Samuel Dixon: “Larghe zone del Nord e del Sud del Kivu sono sotto il controllo di gruppi armati. Secondo l’ONU i rifugiati sarebbero più di centomila, molti dei quali riparati in Uganda e Ruanda, dove almeno sono al riparo dalla furia cieca delle milizie, che si abbattono sui villaggi indifesi depredandoli, uccidendo un gran numero di persone, stuprando sistematicamente le donne e spesso rapendo i bambini che poi arruolano con la forza e le minacce.
IL GOVERNO - Il governo congolese è inerme, pur migliorato l’esercito congolese non è in grado di rincorrere e stanare nelle giungle del Kivu i ribelli e per ora si è limitato a processare per diserzione e ribellione un colonnello e un tenete colonnello, condannandoli a morte in contumacia e facendolo sapere. Altri otto ufficiali catturati sono stati condannati all’ergastolo, ma è chiaro che non saranno le condanne a far desistere gli ammutinati e i signori della guerra che stanno approfittando del rinnovato caos.
CHE FARE? -  Durante il processo sarebbe emerso quel che già si sapeva, che fin da marzo Ntaganda, soprannominato Terminator, si era preparato alla ribellione. Le dinamiche che hanno portato a questo nuovo disastro umanitario sono abbastanza evidenti, ma al contrario non è per nulla evidente quale soluzione potrà essere messa in campo per far tacere le armi o costringere gli uomini di Ntaganda alla resa, a meno di non impegnare il contingente MONUC e l’esercito congolese in una battaglia senza quartiere destinata ad amplificare ulteriormente le sofferenze delle popolazioni civili.
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NEL REGNO DI LEOPOLDO

«Nella maggioranza dei casi, l’indigeno deve compiere ogni due settimane un viaggio di un giorno o anche più per raggiungere nella foresta un luogo con una quantità sufficiente di alberi della gomma. Qui conduce una misera esistenza. Deve costruirsi un riparo temporaneo che non può sostituire la sua capanna; non ha il suo cibo abituale, è esposto alle intemperie del clima tropicale e agli attacchi di bestie feroci. Deve poi portare il prodotto raccolto all’agenzia dell’amministrazione (o della compagnia); solo allora può tornare al suo villaggio, dove rimane appena due o tre giorni, prima che gli venga assegnato un nuovo compito. Di conseguenza la maggior parte del suo tempo è occupata nella raccolta del caucciù». Così si legge nella relazione della commissione d’inchiesta del 1906.
Ogni villaggio doveva consegnare all’amministrazione 5 pecore o maiali, o 50 galline, 125 carichi di manioca, 60 kg di caucciù, 15 di granturco o arachidi e 15 di patate dolci. L’intero villaggio doveva lavorare un giorno su quattro alle opere pubbliche.

L’adempimento degli obblighi veniva assicurato da guardie africane reclutate in altre regioni, o da agenti prezzolati dello stesso villaggio. Con l’incoraggiamento dell’amministrazione, guardie e agenti perpetravano atti di inaudita ferocia: portavano via donne e beni; al minimo segno di resistenza mutilavano i malcapitati o li uccidevano.

Spesso le compagnie organizzavano contro i villaggi spedizioni punitive nel corso delle quali - secondo il rapporto della commissione - uomini, donne e bambini venivano uccisi senza pietà. Con tali metodi le compagnie concessionarie e lo stesso Leopoldo intascarono decine di milioni.

Con le rendite provenienti dal Congo, Leopoldo assicurò a ogni membro della numerosa famiglia reale un reddito annuo fra i 75 mila e i 150 mila franchi; acquistò in Belgio e in Francia vaste proprietà terriere per un valore di 30 milioni di franchi... Effettuò spese enormi per corrompere la stampa, creando un apposito ufficio che mascherasse i suoi crimini.

Fonte
Vedi anche:
http://www.reportafrica.it/articoli.php?categoriacod=CUL&idarticolo=240

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