venerdì 8 giugno 2012

IL MORBO DI CHAGAS: L’AIDS DEL FUTURO

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Triatoma infestans: vettore del morbo di Chagas.

In un editoriale pubblicato su PLoS Neglected Tropical Disease, un gruppo di scienziati americani ha paragonato il morbo di Chagas all’Aids, evidenziando le analogie per quanto concerne le difficoltà diagnostiche e quelle relative alla cura. Il morbo di Chagas, che prende il nome dal medico brasiliano Carlos Chagas che la scoprì all’inizio del ’900, è una malattia parassitaria tropicale, nota anche con il nome di “trypanosomiasi americana”, causata da un particolare genere di protozoi flagellati, il “Trypanosoma cruzi”, che per infestare il sangue di esseri umani ed animali utilizza come vettore un insetto, la cimice Triatomina, presente soprattutto nelle aree rurali dell’America Latina. Si stimano, attualmente, tra gli otto e gli undici milioni casi tra Bolivia, Messico, Colombia ed America Centrale. Sono stati registrati dei casi anche negli Usa, in Europa, in Canada ed in Giappone. Il morbo di Chagas può venire trasmesso da madre a figlio, durante la gravidanza e durante l’allattamento, o può venire contratta in caso di trasfusioni, trapianto di organi o ingestione di cibo infetto. Secondo gli autori dell’articolo pubblicato su PLos Neglected Tropical Disease le similitudini di condizione tra chi ha contratto l’Hiv e chi è stato infestato dal Trypanosoma cruzi sono parecchie: entrambe le malattie sono croniche, richiedono cure prolungate e riguardano le fasce più povere.
In America Latina i pazienti affetti da Aids sono circa 1,6 milioni a fronte dei circa dieci milioni che convivono con il morbo di Chagas. I Medici Senza Frontiere hanno sottolineato che alcuni Stati come il Paraguay e la Bolivia, dove la malattia è endemica, devono fare i conti con la scarsità dei farmaci che possono curare tale patologia nella fase iniziale. Il morbo di Chagas si sviluppa in due fasi: una acuta e l’altra cronica. La prima, che segue la puntura dell’insetto-vettore, si caratterizza per la presenza di alcuni sintomi quali: febbre, dolori articolari, nausea e affaticamento. Un segnale distintivo che facilita la diagnosi della patologia parassitaria è il “segno di Romaña”: un gonfiore delle palpebre dell’occhio che si trova sullo stesso lato della puntura dell’insetto. In rari casi, questa fase della malattia rappresenta un pericolo di vita per chi ne soffre, anche se sono state segnalate morti a causa di miocardite e meningo-encefalite. La sintomatologia del morbo di Chagas regredisce spontaneamente nel 90% dei casi, in tre/otto settimane. Nonostante la guarigione, l’infezione continua e diventa cronica. Si ritiene che una percentuale variabile tra il sessanta e l’ottanta per cento delle persone non arrivi a sviluppare la malattia, mentre il restante quaranta/sessanta per cento va incontro a gravi problemi nervosi, cardiaci e dell’apparato gastrointestinale.
Caterina Stabile

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