mercoledì 13 gennaio 2010

IL PREZZO DEL SANGUE

di Christian Elia - peacereporter.net.

Ore decisive in Iran per cercare di capire cosa accadrà nel futuro.

clip_image001

Tutto è troppo fluido ora, ma è possibile che tra qualche tempo la Guida Suprema Ali Khamenei e il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad potrebbero rimpiangere l'idea di non permettere manifestazioni pubbliche in onore dell'ayatollah Montazeri, scomparso il 19 dicembre scorso.

Montazeri, dal suo eremo di Qom, finiva per essere una garanzia per una larga parte della società iraniana, che nel suo dissenso vedeva comunque una forma di opposizione, lontana dai cortei e dalle piazze dell'Onda Verde, ma critica verso la linea dura dei falchi di Khamenei.

Una parte di società civile, pezzi interi di ceto medio, che pur storcendo il naso si sentivano tutelati dal nume di Montazeri e, in una qualche misura, rappresentati, rischiano ora di andare a ingrassare le file dei dimostranti. Il 'culto del lutto' nella tradizione sciita dell'Islam ha un peso particolare e vietare le commemorazioni pubbliche non è stata una buona idea.

Gli scontri degi giorni scorsi sono un punto di svolta: dopo i disastri di giugno il movimento di opposizione si era un po' smarrito, ma adesso potrebbe trarre nuova linfa.

clip_image002

Nel periodo trascorso tra le sommosse di giugno e quelle di dicembre c'è stata la resa anche dei più ottimisti rispetto all'amministrazione Obama e alla sua politica estera. Dopo un inizio ben augurante, Washington sembra ritornata all'epoca Bush, pur con toni meno bellicosi. Sanzioni e ultimatum come unica forma di dialogo con Teheran. L'opposizione è tornata, almeno in alcuni suoi segmenti, a sperare nell'intervento armato Usa in Iran, ipotesi che valutate le difficoltà in Afghanistan e il ritorno della violenza in Iraq sembra per il momento problematica per la Casa Bianca. Di contro, Russia e Cina non hanno alcuna fretta di mettere in difficoltà l'Iran, divenuto partner commerciale fondamentale.

Spettatori interessati anche l'Arabia Saudita e i paesi del Golfo, sempre attenti alle mosse dell'opposizione di Teheran.

La guerra in Yemen, dove i ribelli sciiti non cedono e le truppe yemenite e saudite, con armi Usa, non riescono a rendere inoffensivi, hanno alimentato l'idea che Riad e le altre monarchie del petrolio sunnita non ne possano più dell'internazionalismo sciita iraniano, con tanto di finanziamenti e armi alle comunità sciite in giro per il mondo.

Il cerchio, in definitiva, si stringe. L'Onda Verde vive il suo esame di maturità: o arriva fino in fondo, tentando un colpo di mano vero, o si smarrisce tra obitori e carceri. La variabile determinante, però, diventa il potenziale aiuto che arriverebbe o meno dall'estero.

Fonte

Nessun commento:

LinkWithin

Blog Widget by LinkWithin