mercoledì 24 giugno 2009

DESTRE A CONFRONTO SU TASSE E LAVORO

Il presidente francese Sarkozy ha presentato lunedì le proposte per la seconda fase del suo settennato all’Eliseo, che puntano sull’aumento del debito pubblico e sullo spostamento del peso fiscale dal lavoro all’inquinamento. «L’idea di una Francia senza fabbriche e senza operai è un’idea folle – ha dichiarato Sarkozy- E’ una scelta strategica. E’ a nome di questa scelta strategica che la tassa professionale deve essere soppressa. Questa riforma sarà l’occasione per ripensare la nostra fiscalità locale. E’ con la stessa determinazione che sostengo che dobbiamo andare il più possibile verso la carbon tax. Più tasseremo l’inquinamento più potremo alleggerire i carichi che pesano sul lavoro. E’ un impegno immenso. E’ un impegno ecologico. E’ un impegno per il lavoro»

tassa inquinamento

Un approccio assai diverso da quello che pare essere il fulcro della manovra d’estate che il prossimo Consiglio dei ministri (italiano) si appresta a varare: aiuti fiscali per le imprese che reinvestono gli utili (senza specificare in quale direzione), un premio occupazione per le imprese che non licenzieranno gli operai alla fine della cassa integrazione e un nuovo meccanismo per velocizzare i pagamenti da parte della pubblica amministrazione alle aziende, ovvero per saldare un debito pregresso.
Fine.
Considerando che gli ultimi dati forniti dall’Eurostat mettono il nostro paese in cima alla classifica per la tassazione sul lavoro, con un 44% rispetto ad una media del 34% sia dell’area euro, sia dell’Ue a 27, e tra quelli dove è maggiore la tassazione sul reddito (36,2% contro il 29,8 nell’area Euro e il 28,7 sull’Eu a 27) e più bassa sui consumi (17,1% contro il 21,5 dell’area euro e il 22,2 dell’Ue a 27) ci sarebbe forse da rivedere l’intero sistema fiscale, anziché mettere semplicemente delle pezze, per far fronte a una crisi che sta portando i livelli d’occupazione ai minimi storici.
Una opinione ( in qualche modo) espressa anche dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a commento dei dati Eurostat: «Lo diciamo da sempre. In Italia c’è una pressione fiscale alta in generale, salita in questo anno, ma soprattutto siamo il paese in cui il peso delle tasse è il più alto sul lavoro e sul capitale».
Il tema da porsi è dunque come abbassare il carico fiscale e come riformarlo, e la direzione, in parte annunciata da Sarkozy, sembra quella giusta, perché coglie la necessità di riallocare le tasse, abbassando quelle sul reddito e sul lavoro e innalzando invece quelle sulle attività dannose all’ambiente e sul consumo delle risorse.
La riallocazione della fiscalità dal lavoro al consumo delle risorse, è ormai una riforma necessaria perché agirebbe su alcuni punti essenziali: sarebbe da una parte un incentivo a limitare l’ uso delle risorse (che è divenuto ormai del tutto insostenibile) e a inquinare di meno, spingerebbe le aziende ad essere più efficienti e innovative (ed anche maggiormente competitive) e stimolerebbe la creazione di nuovi posti di lavoro.
L’attuale modello industriale impostato sulla minimizzazione dell´uso del lavoro in rapporto alle risorse usate (cioè meno lavoro per unità di risorse) dovrebbe essere incentivato ad invertire il rapporto, ovvero a minimizzare le risorse usate in rapporto al lavoro.
Spostare il carico fiscale dal lavoro alle risorse significherebbe che le imprese più avvantaggiate sarebbero quelle che più intervengono per migliorare i propri processi produttivi, in favore di un minore uso delle risorse e di un minore inquinamento. Con il risultato che le imprese virtuose avrebbero una minore imposizione fiscale.
Il sistema più efficace per spostare gradualmente le tasse dal lavoro all´uso di materiali e di energia è quella che porta a tassare meno il lavoro e tassare di più materiali e combustibili, in modo da rendere disoccupate le tonnellate, non le persone. Una strategia che prende il nome di “Riforma ecologica fiscale” che non ha niente di nuovo, dato che in molti Paesi l’hanno in aprte già realizzata, anche in Europa.
Ad esempio la Germania ha adottato nel 1999 un piano quadriennale in cui sono state spostate le tasse dal lavoro all’energia. Al 2003 questo piano aveva ridotto le emissioni di Co2 di 20 milioni di tonnellate e aiutato a creare circa 250.000 nuovi posti di lavoro, contribuendo alla crescita del settore delle energie rinnovabili su tutta la filiera.
Dal 2001 al 2006 la Svezia ha spostato circa 2 miliardi di dollari di gettito dai redditi di lavoro alle attività ambientalmente dannose. Gran parte di questa riallocazione, pari a circa 500 dollari per famiglia, è stata ottenuta attraverso imposizioni fiscali sul trasporto stradale (prezzo dei veicoli e tasse sui carburanti).
Esempi quindi già esistono e hanno dimostrato di funzionare, basterebbe prenderli a modello (evitando, punendole severamente le solite basse speculazioni del trasferimento dei carichi fiscali sui prodotti finali, a danno dei consumatori).

Pantalone ha ormai il deserto nel portafoglio, nonostante l’ottimismo.

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