L’Arakan ( attuale Rakhine ), in Myanmar occidentale è una nazione la cui principale risorsa è l’agricoltura (oltre l'ottanta per cento della popolazione di Arakan sono agricoltori). E oltre l'ottanta per cento degli agricoltori di Arakan sono Rohingya, che hanno una lunga storia, una loro lingua, un loro patrimonio culturale e una loro tradizione costruita in Arakan dal tempo dei loro insediamenti storici. In effetti, la popolazione Rohingya si è stabilita in Arakan da più di un migliaio di anni. I Rohingya sono vittime delle peggiori violazioni dei diritti umani in Birmania. Essi sono apolidi, non hanno diritti in Birmania, e vivono in povertà assoluta. Crimini contro l'umanità sono stati perpetrati contro di loro, tra cui la negazione dei diritti di cittadinanza, grave limitazione alla libertà di circolazione, il matrimonio e la religione, il lavoro forzato, lo stupro, la terra confiscata, arresti arbitrari, torture, esecuzioni extragiudiziali e estorsioni su base quotidiana. Questa situazione impossibile li ha costretti a lasciare le loro case e famiglie in cerca di un riparo sicuro e migliore vita.
Notizie raccolte il 28/12/2008 da alcuni superstiti tratti in salvo alle isole Andamane, indiane ma in mezzo all'Oceano, raccontano di un’imbarcazione carica di 600 rifugiati rohingya approdata sulle coste tailandesi. La guardia costiera tailandese li ha tenuti in arresto per otto giorni e poi ricacciati indietro con mani e in alcuni casi piedi legati, trainati a decine di chilometri dalla riva a bordo di barconi senza motore, e poi lasciati in balia delle onde, con a bordo solo qualche sacco di riso e pochi litri d'acqua. Oltre 300 persone, sono disperse e con ogni probabilità decedute in mare.
"Pensavo che queste cose accadessero in Birmania, non in Thailandia", dice a Peace Reporter Chris Lewa, una ricercatrice che da anni si occupa dei Rohingya, nell'ambito dell'associazione Arakan Project. "I miei collaboratori in Bangladesh mi avevano riferito già l'11 dicembre che c'erano voci di barconi rispediti indietro verso la Birmania, dove i Rohingya subiscono trattamenti durissimi. Ora abbiamo due superstiti che ce lo confermano, e con questi dettagli. Se è vero, questi sono omicidi deliberati". Secondo la Lewa, già lo scorso marzo l'allora premier Samak Sundaravej aveva preannunciato un giro di vite contro i boat people provenienti dalle coste bengalesi e birmane, con deportazioni in isole usate come centri di detenzione. Di una sbandierata collaborazione con l'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), anch'essa annunciata in primavera, non se n'è poi fatto nulla.
I migranti Rohingya sono sempre di più: secondo cifre ufficiali, gli arrivi sono passati da 1.225 a 4.886 annui dal 2005 a oggi.
Non li vuole nessuno.
Rohingya Refugees in Bangladesh
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