giovedì 2 settembre 2010

VECCHIE FOTO CONTRO VECCHIE BUGIE

La Palestina era «già» un giardino, prima dell’arrivo degli eletti. Era raro trovare un terreno lasciato incolto: dappertutto orti, palme, agrumeti, oliveti assediavano le città e i villaggi, frutto di una agricoltura intensiva e specializzata. I palestinesi avevano mercati internazionali ben consolidati, rubati poi dagli ebrei nel 1948 con la nazionalizzazione. Scuole di Stato, squadre di calcio, spirito nazionale, boy-scout, lavoro specializzato e mercati affollati. Commenti e smentite degli slogan sionisti più ripetuti e universalmente presi per oro colato.
Trovo sul web un albo di vecchie foto sulla Palestina. Mi paiono interessanti da tradurre come commento - e smentita - degli slogan sionisti più ripetuti e universalmente presi per oro colato.

«Un popolo senza terra per una terra senza popolo»

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La propaganda ebraica ripete da oltre un secolo che la Palestina era disabitata prima dell’arrivo dei sionisti. Apparentemente, un po’ di popolo c’era: questa foto scattata a Giaffa nel luglio 1908 mostra una immensa folla radunata davanti agli uffici del governo locale (Grand Serai) per festeggiare la rivoluzione laica dei Giovani Turchi e l’esautoramento del sultano ottomano Abdul Hamid ad Istanbul. Nella provincia dell’impero ottomano che era allora la Palestina, la rivoluzione turca suscitò grandi speranze: di un governo costituzionale e di elezioni parlamentari.

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L’affollato mercato (bazar) di Giaffa nel 1896, in un dagherrotipo stereoscopico. Posto in un apposito apparecchio, il dagherrotipo forniva un’immagine tridimensionale.

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Veduta di Giaffa dal mare, foto scattata tra il 1898 e il 1914. Una città palestinese linda e civile, vibrante di attività, che contava allora 70 mila abitanti, tutti arabi.

«Gli ebrei hanno trovato un deserto e ne hanno fatto un giardino»

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Raccolta degli agrumi, Collezione Matson (1898-1914)

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Veduta generale degli agrumenti di Giaffa, prima del 1914. Sembra proprio che la Palestina fosse «già» un giardino, prima dell’arrivo degli eletti. Di fatto, era raro trovare un terreno lasciato incolto, a parte le dune e le rocce: dappertutto orti, palme, agrumeti, oliveti, alberi da frutta assediavano le città e i villaggi, frutto di una agricoltura intensiva e specializzata.

«Gli ebrei hanno introdotto coltivazioni pregiate con tecniche avanzate»

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Primi anni ‘20: cernita degli agrumi

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Gli agrumi sono avvolti in carta velina per la commercializzazione

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Le cassette di agrumi, su barconi, raggiungono le navi da carico che le attendono nel porto di Giaffa per l’esportazione. Già dai primi del ‘900 gli agrumi erano la principale voce di esportazione per la Palestina, arance limoni e pompelmi di Giaffa erano apparizioni regolari nelle prime colazioni britanniche. I palestinesi avevano mercati internazionali ben consolidati: ragion per cui, nel 1948, lo Stato ebraico «nazionalizzò» gli agrumeti - ossia li rubò ai palestinesi - e ne fece la prima voce d’esportazione per il nuovo Stato di Israele.

«Beduini arretrati, vivevano sotto le tende, ignari della civiltà»

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Una classe elementare della Scuola Nazionale Cristiana Ortodossa, 1938. Ovviamente le scuole cristiane erano frequentate da bambini musulmani, perchè davano una istruzione prestigiosa.

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Gli allievi della scuola ortodossa avevano una banda musicale.

«Non è mai esistita una nazione palestinese»

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Il corpo docente della scuola superiore di Stato, Giaffa 1923 (liceo e istituto tecnico). Il professore al centro, in abiti occidentali, cravatta e fez, è Salim Katul, autore di molti libri di testo di scienze naturali in arabo. Se non c’era una nazione, come mai c’era una scuola di Stato? «Belve stupide, che capiscono solo la forza»

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La classe di falegnameria alla scuola secondaria statale di cui sopra, 1924. C’è una scritta sulla porta che dice: «Chi impara poco, vale poco».

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Boy scouts e lupetti della scuola secondaria statale, 1924.

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La squadra di calcio della scuola secondaria di Stato di Giaffa, 1923. «Non avevano una coscienza nazionale, prima…»

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Polizia britannica a cavallo, nella piazza centrale di Giaffa, stronca una manifestazione di protesta contro la politica inglese che favorisce l’immigrazione ebraica in palestina, 27 ottobre 1933.

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Giaffa, 27 ottobre 1933 la polizia inglese bastona Muza Kazim Pasha al-Husseini, rispettato uomo politico palestinese, durante la manifestazione contro l’immigrazione ebraica. Il dignitario morirà sei mesi dopo per le percosse ricevute, senza mai essersi ripreso, all’età di 81 anni.

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L’inizio della «Arab Revolt», 1936-39, contro la politica britannica filo-sionista; la Polizia inglese si scontra con i dimostranti arabi nella piazza centrale di Giaffa.

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Le truppe inglesi perquisiscono i passanti sul lungomare di Giaffa durante la Rivolta Araba, 1936.

«Ci odiano per la nostra libertà»

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Rappresaglia britannica contro la Rivolta Araba del 1936: soldati inglesi isolano con transenne la città vecchia di Giaffa, preliminare per la demolizione punitiva delle case arabe.

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I risultati della rappresaglia: la città vecchia ridotta in macerie dagli inglesi, 1936. In fondo, gli israeliani non hanno fatto che continuare la tradizione.

«Sono soltanto terroristi. Non cè nessuno con cui trattare»

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Le macerie del palazzo del governo locale (Grand Serai), distrutto da un attentato della Lohemai Herut Israel, meglio nota come «Banda Stern». Il 4 gennaio 1948 membri della Banda Stern parcheggiarono davanati al palazzo un autocarro carico di esplosivo e ricoperto di arance. Oltre a distruggere dalle fondamenta il palazzo, l’esplosione uccise 26 civili palestinesi. Così «non c’è nessuno con cui trattare».

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24 aprile 1948: militanti ebraici dell’Irgun irrompono attravreso le brecce che hanno aperto con esplosivi nelle case palestinesi. Quel giorno l’esercito clandestino sionista, comandato dal Menachem Begin, cominciò un attacco - durato quattro giorni e quattro notti - contro il quartiere residenziale di Manshiyeh, sul mare e circondato da Tel Aviv, con un fitto e indiscriminato fuoco di mortai.

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Gli effetti del bombardamento ebraico contro Manshiyeh. Il rapporto ufficiale sui fatti davanti al Parlamento britannico (5 maggio 1948) parlava di «bombardamenti indiscriminati con mortai, all’evidente scopo di creare il panico tra la popolazione civile. Le forze britanniche sono intervenute con supporto aereo, e nel corso del pomeriggio gli ebrei si sono ritirati sulle loro posizioni precedenti. (...) La sera del 30 aprile l’ordine di cessate il fuoco (imposto dai britannici) è stato rotto dalla parte ebraica (...). Secondo una stima approssimata, 30 mila arabi hanno abbandonato Giaffa, ed altri stanno lasciandola anche ora. Il sindaco arabo è ancora a Giaffa e i servizi municipali funzionano, sia pure con difficoltà...» (Hansard, Camera dei Comuni, 5 maggio 1948, pagina 1.238).

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Fine aprile 1948: migliaia di arabi cercano scampo dall’attacco ebraico a Giaffa per via mare, essendo le strade bloccate dai terroristi rabbinici dell’Haganah; finiranno a Gaza, in Egitto, in Libano come profughi (si noti nella foto il campanile cristiano ortodosso).

«Finalmente, un popolo senza terra si sistema in una terra senza più popolo»

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Giudei provenienti dall’Europa, sorridenti. E’ l’inizio del 1949, e le povere vittime si sono stabilite nei quartieri di Giaffa dopo la pulizia etnica.

Maurizio Blondet
(articolo pubblicato il 30 marzo 2009)
Fonte: EFFEDIEFFE
Link: http://effedieffe.com/index.php?option=com_content&view=article&id=22156:vecchie-foto-contro-vecchie-bugie-&catid=83:free&Itemid=100021

1 commento:

Heidi ha detto...

Hai un blog interessante come pochi,ogni volta che ci entro lo faccio in punta di piendi ma non per non disturbare , lo faccio perchè ciò che vedo e leggo a volte è troppo forte per una, che come me, che non si fa scivolare niente addosso. Sono capace di pensare giorni ad un immagine o a parole come quelle che scrivi tu.
Sul conflitto israelo-palestinese è da tempo che cerco di capire l'origine e le "ragioni" di questa terribile guerra ma per ciò che ho studiato, letto, visto,propendo assolutamente per i palestinesi nonostante non condivida anche da parte loro i massacri ciechi, quelli che non guardano in faccia nessuno. Quando posso cerco sempre di far capire a chi mi circonda come stanno le cose e ti assicuro che non è facile quando si vive in un paese che con Israele ha rapporti più che stretti,ma questo lo sai anche tu.
Le foto sono bellissime e non lasciano dubbi.
A presto,
Heidi

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