lunedì 19 luglio 2010

TOC

Transnational Organized Crime

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sfida planetaria, risposta globale

«La criminalità si è internazionalizzata più velocemente delle forze dell’ordine e della governance globale»
(Antonio Maria Costa, Direttore Esecutivo dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine)
Introduzione
Le Nazioni Unite, tramite il proprio servizio preposto alla lotta al traffico di droga e al crimine, l’UNODC[1], hanno presentato nello scorso mese di giugno il Rapporto dal titoloLa Globalizzazione del Crimine che coglie l’occasione del decimo anniversario della sottoscrizione della Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale[2], per condurre una preziosa analisi dell’evoluzione di questo fenomeno e delle possibilità di attuare un efficace sistema di risposta concordato tra i differenti attori.
Un dato che appare immediatamente evidente dallo studio delle 314 pagine che compongono il documento è che negli ultimi 25 anni la criminalità organizzata è stata capace di sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla globalizzazione per il perseguimento dei propri interessi, cosa che, invece, spesso non si avuta per le autorità di polizia che avrebbero dovuto contrastarla.
Difatti, l’intensificazione degli scambi commerciali e finanziari, la facilità nei trasporti e nelle telecomunicazioni ha aperto enormi e proficue opportunità anche per i criminali e le loro attività; di pari passo non si è sviluppato un modello di “governo globale” che potesse garantire il rispetto delle regole dello stato di diritto e si è invece confermata la connaturale anarchia tipica della comunità internazionale.
Il Rapporto nasce dalla constatazione che oggi la criminalità organizzata si è talmente diversificata da raggiungere proporzioni macro-economiche di portata globale e divenire un vero problema transnazionale e una minaccia alla sicurezza della collettività umana. Malgrado ciò, questo fenomeno non è ancora sufficientemente studiato e compreso: mancano informazioni precise sui mercati criminali transnazionali e sulle loro tendenze e mancano politiche d’intervento elaborate congiuntamente a livello sovranazionale. Per ovviare a questa lacuna, l’UNODC focalizza la sua indagine sui flussi dei traffici illegali, mettendo assieme tutte le tessere del puzzle delle diverse aree del pianeta e fornendo una visione globale dei mercati, degli interessi, degli attori, dei mezzi di contrasto attuati e da attuare.

Il crimine organizzato transnazionale
Ma andiamo con ordine: innanzitutto, con il termine crimine organizzato transnazionale (o, secondo la dicitura anglosassone, Transnational Organized Crime - TOC) si deve intendere qualsiasi reato grave di natura transnazionale, compiuto da tre o più persone, con lo scopo di ottenere un guadagno materiale, così come previsto agli artt.2, 3, 5 e 6 della Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale.
La nozione, in questo caso, risulta più ampia di quella classica e, per questo motivo, il rapporto prende in esame le molteplici interazioni esistenti ed influenti sulla natura delle azioni criminose, sui soggetti autori delle stesse, sui flussi che queste generano e su cui si sviluppano, sugli interessi che producono e sulle ripercussioni che hanno a livello locale, regionale e globale.
Sembra che oggi il crimine organizzato transnazionale coinvolga sia le organizzazioni altamente strutturate che quelle più flessibili, anche se numerose fonti autorevoli sostengono che le organizzazioni del primo tipo stanno perdendo terreno a favore delle altre. L’esperienza recente insegna che gruppi criminali organizzati dalla struttura tradizionale e gerarchica hanno sviluppato, a causa delle pressioni delle forze dell’ordine, una “struttura a cella” simile a quella dei gruppi terroristici, caratterizzata da piccoli network che eseguono il lavoro precedentemente svolto da strutture più rigide.
Probabilmente, è più sicuro affermare che i gruppi stessi siano diventati meno importanti rispetto al segmento criminoso nel quale sono impegnati: la criminalità organizzata sembra individuarsi più  con un insieme di attività da condurre piuttosto che con un gruppo specifico di persone che partecipano ad una serie di attività comuni. Per questo motivo, anche se i soggetti venissero fermati, le attività continuerebbero in quanto il mercato illecito e i proventi che esso genera rimarrebbero intatti. Per risolvere il problema del crimine organizzato transnazionale è quindi necessario affrontare questi “mercati” nella dimensione attraverso la quale operano.

I flussi criminali
Tali mercati, così come considerati nello studio dell’UNODC, sono segmentati secondo l’oggetto ed esaminati seguendone i flussi.
Vengono considerati i corridoi impiegati per la tratta di esseri umani, in particolar modo destinati allo sfruttamento sessuale (70.000 ogni anno, solo in Europa!), da Est a Ovest e da Sud a Nord, verso i Paesi dell’Europa occidentale, e quelli per il traffico di migranti (Sud-Nord, dall’America latina agli Stati Uniti attraverso il Messico e dai Paesi del Maghreb all’Europa attraverso il Mar Mediterraneo).
Vi sono poi le lunghe strade dell’eroina, dall’Afghanistan verso i maggiori mercati di Russia ed Europa, per un valore di circa 55 miliardi di dollari, e quello della cocaina, dai Paesi andini al Nord America e all’Europa, per più di 70 miliardi di dollari, con il coinvolgimento di organizzazioni criminali, gruppi paramilitari e terroristici anche in regioni del pianeta impensabili (per esempio nei Paesi africani del Golfo di Guinea).
Il tradizionale traffico di armi da fuoco, che genera un montante calcolato intorno ai 170-320 miliardi di dollari, risponde oggi a due differenti richiedenti: quelli che necessitano di armi per propositi criminali e quelli che se ne servono per scopi politici. La direttrice Stati Uniti-Messico rappresenta un esempio del primo, mentre quello che ha origine dall’Est Europa verso l’Africa centrale è un esempio del secondo.
Nuove forme, invece, hanno elaborato coloro che si dedicano ai crimini ambientali: relativi all’inquinamento, in particolare allo scarico di rifiuti pericolosi e al commercio di sostanze inquinanti, e relativi al commercio illegale di risorse naturali (specie animali, vegetali, legnami da costruzione e pietre preziose). Gli esempi più noti sono il contrabbando di specie in via di estinzione dall’Africa e dal Sud-Est asiatico verso tutta l’Asia, e il contrabbando di legname dal Sud-Est Asiatico all’Europa. In questi casi, la complicità di autorità nazionali corrotte risulta essere uno degli elementi fondamentali per il perpetrarsi dell’azione criminosa. Altrove, invece, la presenza di gruppi di ribelli, che controllano il territorio e che sono in rapporto con organizzazioni criminali internazionali, alimenta il saccheggio e il commercio clandestino di risorse naturali (come accade per diamanti e coltan dal Congo, solo per fare un esempio).
La criminalità globalizzata, dal canto suo, è riuscita pure a sfruttare le opportunità offerte dal fenomeno della delocalizzazione delle produzioni industriali, in particolar modo in Paesi asiatici, avviando e controllando i mercati dei beni contraffatti (per un valore superiore ai 10 miliardi di dollari all’anno). Questo fenomeno ha per oggetto prodotti di consumo destinati all’Europa e medicinali diretti verso il Sud-Est Asiatico e l’Africa.
Negli ultimi anni il flusso di merce contraffatta verso l’Europa è cresciuto considerevolmente e la difficoltà nel riconoscere simili prodotti fa sì che alcune classi rappresentino un serio rischio per la salute e l’incolumità pubblica.
Il traffico di medicinali contraffatti, invece, è un “crimine opportunistico” che viene innescato laddove le capacità di regolamentazioni sono deboli e ha conseguenze che possono divenire letali (quando si hanno farmaci inefficaci o dannosi e quando si contribuisce all’evoluzione di ceppi di agenti patogeni). 
Antica come il mondo, ma di gran lunga la più longeva forma criminale, risulta essere la pirateria marittima: caratterizzata oggi da sequestri di navi cargo, e conseguenti domande di riscatto, è praticata da pirati provenienti dalle coste del Corno d’Africa (in prevalenza, somali). I riscatti generano ogni anno oltre 100 miliardi di dollari, di cui solo un quarto va ai pirati, mentre il resto finisce nelle tasche della criminalità organizzata.
Se i pirati di mare affondano le loro radici nella notte dei tempi, gli autori dei crimini informatici legati alla rete delle reti, internet, sono tra i più moderni e possono mettere a rischio la sicurezza nazionale di molti Paesi: centrali elettriche, traffici aerei ed impianti nucleari sono già stati oggetto di molteplici attacchi. Si possono distinguere quattro forme principali: gli atti di “hacking”, infrazioni contro dati e sistemi; il “phishing”, falsificazioni e frodi informatiche; la divulgazione di contenuti illegali (come la distribuzione di materiale pornografico); la violazione del diritto di autore.
Di particolare rilievo, anche per l’impatto economico, risultano essere i furti di identità in rete, particolarmente sviluppati negli Stati Uniti, sia in termini di autori sia per numero di vittime.
Per quanto riguarda la produzione e distribuzione di materiale pedopornografico, dall’altra parte, il web ha portato con sé il rischio che la domanda crescesse al punto dal rendere la vittimizzazione dei bambini un’attività redditizia per i gruppi criminali e, dunque, meritevole di un innalzamento della soglia di vigilanza.

Conclusione
Si deve riconoscere che la maggior parte dei flussi illeciti esaminati giunge, transita o ha origine sui territori dei Paesi che rappresentano le maggiori potenze economiche (i Paesi del G8 in primis, ma anche i BRIC, Brasile, Russia, India e Cina). In altre parole, i maggiori partner commerciali al mondo sono pure i principali mercati di prodotti e servizi illeciti nonché le piazze più importanti per la consumazione di reati da parte della criminalità internazionale.
Questo ha trasformato la criminalità transnazionale in uno dei business più sofisticati e proficui al mondo, fattore che dovrebbe portare naturalmente alla elaborazione di un nuovo approccio di contrasto dal momento che le strategie elaborate e condotte a livello nazionale risultano inadeguate contro un crimine che ha raggiunto una dimensione globale.
Inoltre, le autorità competenti dovrebbero trovarsi concordi nell’individuare strumenti atti a controllare e intercettare i flussi finanziari originati dalle attività criminali e, da questi, risalire agli autori per assicurarli alla giustizia e impedire la continuazione di simili attività.
Per affrontare e contrastare questi sistemi criminali, servono delle soluzioni creative basate su tecniche che vadano oltre le tradizionali metodologie: un’azione di cooperazione internazionale tra le forze di polizia e le magistrature si sta sviluppando, ma è indispensabile un ulteriore impegno affinché la lotta al crimine transnazionale sia parte integrante di un progetto più ampio di governance globale.
Come riconosce il Rapporto, in maniera  cristallina, la globalizzazione è cresciuta più velocemente della capacità umana di guidarla, ed è proprio in questa zona grigia priva di regolamentazione che si sono sviluppate le enormi opportunità per la criminalità organizzata che abbiamo esaminato.
Se si vuole realmente contrastare il crimine organizzato transnazionale, risulta dunque improcrastinabile creare un sistema normativo condiviso che detti, anche solo in maniera minimale, regole certe per tutti i flussi esaminati.
Non vi è altra scelta che contrastarli sul loro medesimo campo: quello globale!
Solo l’approccio globale permetterà di analizzare a fondo ogni aspetto del multiforme fenomeno criminale, trovarne i punti deboli da attaccare e, infine, vincerlo.

[1] UNODC - United Nations Office on Drugs and Crime, cfr. www.unodc.org.
[2] Cfr. www.unodc.org/documents/treaties/UNTOC/Publications/TOC%20Convention/TOCebook-e.pdf.

Fonte

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