sabato 9 gennaio 2010

NOI, CIVILTÀ OCCIDENTALE SUPERIORE.

“Troppa tolleranza con i clandestini”. L’ha appena detto il ministro per il razzismo Maroni, riferendosi ai fatti di Rosarno. Secondo l’eccelso ministro, inoltre, la grave colpa dei clandestini sarebbe anche quella di aver alimentato la criminalità. È vero che l’Italia è stata troppo tollerante, ma questo è un paese che gira al contrario e non possiamo scordarlo.

Abbiamo tollerato da sempre che esseri umani venissero trattati come schiavi, fatti vivere come bestie, sfruttati come muli da soma, gettati via dopo morti come spazzatura nelle discariche abusive. Abbiamo tollerato il silenzio calato sulla morte di migliaia di esseri umani morti e inghiottiti dal mare, spesso ripescati a pezzi dalle reti dei pescatori. Abbiamo tollerato leggi razziali vergognose che avrebbero dovuto suonare come schiaffi alla memoria del passato troppo recente per essere ignorato.

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A Rosarno gli schiavi dell’agricoltura, costretti a vivere peggio delle mucche nelle stalle, sono scesi in piazza perché qualche ignoto e civile occidentale ha pensato bene di usare esseri umani come bersagli mobili, e magari solo per noia e divertimento ha sparato loro con un fucile. Inaccettabile per il ministro che potessero ribellarsi, e la soluzione è vicina, rassicura.

La parola soluzione detta da uno come Maroni, mette i brividi. Ricorda altre soluzioni finali di cui davvero nessuno avrebbe più voluto sentir parlare. E non è esagerato il paragone, se si pensa ai respingimenti alle frontiere, che provocano la sparizione di centinaia di persone delle quali si sa poco o nulla; della loro sorte ancora meno. Sappiamo solo che finiscono in qualche lager nel deserto libico, e nulla di più, da quando l’Italia per gestire meglio il problema delle immigrazioni ha comprato la pace con al Libia, stipulando un mutuo ventennale.

Noi siamo la civiltà superiore occidentale, capace di ridurre uomini in schiavitù per rincorrere l’arricchimento personale, ma siamo anche capaci di guardare al negro come all’unico responsabile delle nostre disgrazie, sia essa la sicurezza o la povertà. Avremmo potuto comprenderlo all’inizio, quando si vedevano le mani nere pulire vetrine, o distribuire l’asfalto sulle strade, sturare pozzi neri o pulire pavimenti. Ma in fin dei conti, all’epoca, c’era chi dinnanzi a queste figure provava un certo senso di superiorità guardando le sue mani senza calli e i suoi vestiti puliti. Il tempo, il falso neoliberismo, e l’indifferenza hanno fatto il resto: uno schiavo costa meno di un operaio.

Non dovrebbe essere difficile comprendere chi sia il nemico, e soprattutto gli schiavi non dovrebbero restare soli a combattere a Rosarno. La loro schiavitù ci ha reso tutti schiavi.

Rita Pani (APOLIDE)

Quell'inchiesta di un anno fa
Un anno fa l'inviata di Repubblica, Carlo Ciavoni era stato nei rifugi lager degli immigrati a Rosarno. Ecco una parte della sua corrispondenza:
I sopravvissuti alle odissee che hanno dovuto affrontare per arrivare fin qui, in fuga da paesi in guerra o stremati da ingiustizie e povertà, derubati e minacciati dalla teppa internazionale che governa il traffico dell'emigrazione africana, ora sono qui. Alloggiano alla "Rognetta", dentro baracche di cartone e bambù, nell'ex deposito alimentare diroccato, senza neache il tetto, in pieno centro di Rosarno - paese commissariato per infiltrazioni mafiose - a poche decine di metri dalla scuola elementare, in mezzo al fango, ai topi e a una carcassa di montone, sgozzato qualche giorno fa da un macellaio magrebino. Sono qui a centinaia, tutti giovani dell'Africa sud sahariana e magrebini solo perché, in questo periodo dell'anno, sono la mano d'opera più ambita nella zona, dove è tempo di raccolta di agrumi. Ogni mattina i pullmini dei caporali si presentano davanti alla "Rognetta", o nell'ex cartiera abbandonata di S. Ferdinando (paese vicino, anche questo commissariato) dove vivono assiepati come maiali da macello più di settecento persone, in condizioni igieniche spaventose dentro baracche puzzolenti, due metri per tre, con quattro, cinque o sei letti. Ognuno di loro, a parte le revolverate di qualche cittadino locale, ha finora imparato a conoscere il nostro Paese senza mai incontrare neanche un rappresentante delle pubbliche istituzioni. Gli unici presenti sul posto sono quelli di Medici Senza Frontiere (MSF), qui da settembre con un presidio sanitario d'emergenza, identico a quelli che sono abituati ad allestire in tutto il mondo nelle zone più difficili, impervie e pericolose, come lo Zimbawe, il Mianmar, il Nord Kivu, il Darfur. Distribuiscono sacchi a pelo e garantiscono l'assistenza sanitaria a gente che letteralmente non ha più nulla, se non le braccia per lavorare fino a 12 ore al giorno per 20 euro, in mezzo ai campi di arance, dove per arrivarci devono anche pagare il trasporto: due euro e mezzo all'andata e altrettanto per il ritorno.
"Le patologie più frequenti - dice Saverio Bellizzi, un giovane medico di MSF, ematologo, ma già con lunga esperienza sul campo in Vietnam - sono le difficoltà di respirazione, dovute al freddo, ma soprattutto al fumo prodotto dal fuoco che accendono nel capannone, tra le baracche di cartone, per cucinare e riscaldarsi". Diffusi anche problemi di depressione: "Molti di loro - dice Cristina Falconi, responsabile del progetto MSF nella zona - vicono questo degrado come una sconfitta dalla quale non si riprenderanno più. quando telefonano a casa dicono che va tutto bene e sono proprio queste bugie che dicono anche a se stessi, a renderli ancor più tristi". "Se venite in Ghana, nel mio paese, siate certi che non vi tratteremmo così" dice con orgoglio Edward, 27 anni, di Accra, che si elegge a portavoce. "Se ci devono far vivere come animali in gabbia, tra i topi e la paura della gente che fuori di qui ci spara pure addosso, perché ci chiamano per raccogliere le arance? Si decidano: o serviamo, e allora vorremmo essere trattati un po' meglio e lavorare dignitosamente, oppure ce ne torniamo nei nostri paesi. Qui non ha più senso stare".

Fonte

2 commenti:

Nicole ha detto...

E non solo...Non è solo Rosarno, ma tutta la Costa Jonica calabrese ricca di agrumeti a fomentare la nuova tratta degli schiavi.
Pagati due lire e costretti a vivere di stenti. Se ti fai un giro a Schiavonea,vedrai tende sulla spiaggia, dove vivono gruppi di disgraziati. Probabilmente qualche schiavo si sarà ribellato ed è scattata la spedizione punitiva. Spero se ne vadano tutti e sai perché? Saranno costretti o a raccoglierseli da solo arance e mandarini o a prendere gente del posto che gli farà un culo così (----------)
Sono Calabrese e vivo in Calabria e non ho le fette di prosciutto sugli occhi. I media fomentano l'odio...dovrebbero dare le giuste informazioni. Dovrebbero vergognarsi tutti, ma proprio tutti!

catone ha detto...

@Nicole
Grazie per il tuo commento, che è anche testimonianza di una Italia diventata, purtroppo, terra di sfruttamento e schiavitù.

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