venerdì 8 gennaio 2010

"GLI USA IN YEMEN, 10 ANNI DI ERRORI"

Gli esperti: Al Qaeda ha trasformato
lo stato in una roccaforte del terrore

NEW YORK
Quasi dieci anni dopo l’attentato al cacciatorpediniere USS Cole nel porto di Aden, costato la vita a 17 militari americani, una serie di «passi falsi commessi da Stati Uniti e Yemen, profonda sfiducia tra le parti e mancanza di volontà politica hanno permesso ai militanti di Al Qaeda di riorganizzarsi e di rappresentare una grave minaccia» per l’America.

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In una lunga analisi degli errori commessi da Yemen e Stati Uniti, il Washington Post spiega come è stato possibile che il Paese della penisola arabica da cui proveniva il padre di Osama bin Laden sia diventato la nuova piattaforma di lancio del jihad globale contro Stati Uniti e Occidente. Funzionari ed analisti yemeniti accusano Washington di non essersi concentrata sulla minaccia crescente rappresentata da Al Qaeda nello Yemen, di non aver cooperato a sufficienza con Sanaa e anche di non aver stanziato fondi sufficienti per la lotta al terrorismo nel Paese diventato, dopo Iraq e Afghanistan, il terzo fronte di guerra per il presidente Barack Obama.
Dal canto suo, l’amministrazione americana accusa lo Yemen di non aver mai fatto della lotta contro al Qaeda una priorità della sua azione. È questa combinazione di errori, incomprensioni e sottovalutazioni ad aver fatto del Paese la base dalla quale i militanti di Al Qaeda hanno lanciato l’ultimo attacco agli Stati Uniti, con il fallito attentato di Natale al volo Amsterdam-Detroit. Alcuni esperti arrivano persino a dubitare che i nuovi impegni assunti in questi giorni da Washington - raddoppio dei fondi destinati alla lotta al terrorismo (nel 2009 i finanziamenti sono stati di 67 milioni di dollari, ndr), invio di commando per l’addestramento delle forze di sicurezza yemenite, attacchi con droni - siano sufficienti per cambiare il corso degli eventi nello Yemen. Stretto tra il rischio di una guerra civile a nord e gli attacchi dei ribelli sciiti al sud, mentre aumentano povertà e disoccupazione.
«L’attacco alla USS Cole (del 12 ottobre del 2000, ndr) avrebbe dovuto essere la sveglia più forte contro al Qaeda - dice al Washington Post l’ex premier yemenita Abdul Karim al-Iriyani - Ma io penso, e lo pensavo anche quando stavo al governo, che non sia stata data tutta l’attenzione che serviva ad Al Qaeda. Adesso, è molto più difficile che nel 2000». In seguito a quell’attentato, cui seguirono, undici mesi dopo gli attacchi dell’11 settembre, Stati Uniti e Yemen collaborarono strettamente nella lotta al terrorismo. E nel novembre del 2002 ci fu anche un successo importante: un Predator americano sparò un missile contro un’auto nell’est del Paese, uccidendo le sei persone che si trovavano al suo interno. Tra loro, Abu Ali al-Harithi, che gli Stati Uniti consideravano la mente dell’attentato alla USS Cole.
In quell’occasione, ricostruisce il quotidiano americano, la leadership yemenita chiese all’amministrazione Bush di non rivelare il proprio coinvolgimento nel raid, nel timore di reazioni contrarie da parte della società conservatrice tribale yemenita, che non ha mai nascosto le proprie simpatie nei confronti del messaggio di Al Qaeda. Ma da Washington brindarono poco diplomaticamente al successo dell’operazione, con la conseguenza che a Sanaa si perse fiducia nell’alleato americano. «Ero così arrabbiato», ricorda Iriyani. Poi, nel marzo del 2003, la guerra in Iraq, con la conseguente distrazione dal fronte yemenita, cui si guardava non più in un’ottica di antiterrorismo ma di promozione della democrazia e di lotta alla corruzione. Ed è da allora che gli Stati Uniti hanno iniziato via via a ridurre gli aiuti allo sviluppo a favore di Sanaa, passando dai 56,5 milioni di dollari del 2000 ai 25,5 del 2008. E nel 2006, considerato l’anno di nascita della nuova al Qaeda nello Yemen, riorganizzatasi dopo l’evasione di massa da una prigione della capitale di 23 militanti del gruppo, tra cui Nasser al-Wuhayshi, poi divenuto il leader, gli aiuti per la lotta contro il terrorismo erano nel frattempo scesi a 4,6 milioni di dollari.
Nelle ultime due settimane, il governo yemenita ha intensificato gli attacchi contro i terroristi - anche e soprattutto grazie al rinnovato impegno degli Stati Uniti - ma più il governo aumenta la repressione contro i militanti, chiosa il giornale, più lo Yemen sembra diventare vulnerabile, con l’opposizione che denuncia vittime civili nei raid, in una spirale di attacchi e reazioni che sembra essere esattamente speculare a quanto succede in Pakistan ed Afghanistan.

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