domenica 17 gennaio 2010

NELLA NOTTE DELLE BARRICATE LA SPERANZA È UNA CANZONE

Poche ore di sonno prima di affrontare un altro terribile giorno, ma c'è chi veglia.
Con la scossa di ieri sono crollate le ultime case. La demolizione è ormai completata

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PORT-AU-PRINCE - La notte di Haiti è un canto infinito che parte dal cuore di Delmas e arriva agli Champs de Mars e al Palais National. La notte di Haiti è il canto dei vivi che piangono i morti e pregano per se stessi. È il canto disperato dei prigionieri di Petionville, il parco-ghetto terremotato due volte. È il canto voodoo di questa donna che adesso non canta, non parla, ma urla la rabbia repressa di giorno portandosi dietro una piccola claque. È una nenia infinita che miscela orgoglio nero e sintesi creola, le melodie dimenticate dai francesi e le canzoni sentite alla radio fino a ieri, prima che la grande scossa terremotasse anche il palinsesto di "Signal Fm", trasformandola in Radio Terremoto.
La notte di Haiti non è soltanto degli sfollati e dei senza casa. Prendete Benoit Plejeudi. "Guardate? Quella è la mia casa". Delmas è tra le zone più colpite. Le case accasciate su se stesse. Il terremoto ha fatto a Citibank quello che neppure la recessione aveva osato: tutta giù di un botto, macerie su macerie. A ogni angolo di strada i cartelli pubblicitari di "Nino Cell" annunciano meraviglie: martedì scorso ha chiuso anche la sua sede protetta da quell'indirizzo propiziatorio, 117 Rue des Miracles. Una catastrofe. Per ogni casa venuta giù ce n'erano forse quattro, cinque che avevano comunque retto. La scossa di assestamento di ieri non ha avuto pietà. Ora il lavoro di demolizione di Haiti è quasi completato. Ma con la città distrutta quel poco che resta in piedi è un tesoro a cui aggrapparsi. Che fare se no? Mischiarsi alle migliaia di rifugiati di Petionville assediati dalle bande di ladri e stupratori?

"Quella è la mia casa", dice Benoit, la figlioletta in braccio "questa è la mia famiglia, questi sono i miei vicini". L'accampamento nasce dal nulla mentre il sole sta tramontando. E' un esodo invisibile e silenzioso. Per tutto il giorno le costruzioni ammaccate sono abitate come se niente fosse successo. Il quadro è surreale: nella casa di Jeff Horacio nessuno s'è preso la cura di rimettere in piedi l'albero di Natale buttato giù dalla scossa. Ma questo accade di giorno. La notte via tutti: in spalla una coperta, un cuscino, un lenzuolo, qualcosa insomma che possa trasformarsi in un giaciglio. Lentamente, le strade di Port au Prince sono inondate da un fiume di famiglie. Ed è allora che la notte dei canti comincia.
Tocca al capofamiglia dare il via. Adesso è il momento di Benoit. Parte una nenia in francese che all'orecchio di un occidentale ignorante somiglia alle vecchie canzoni di Henri Salvador. E invece quella musica così rilassata e sensuale è un canto religioso. Qui ad Haiti basta accennarne la melodia per strappare un sorriso di compassione, di condivisione di un destino. E' "Reference 6 Creole", la nenia più conosciuta degli "Chants d'Esperance", una raccolta di canti della chiesa evangelista. "Da quando ti conosco / da quando ho visto la tua luce". In un attimo tutta la strada è un canto. Si fermano perfino i cani che dal pomeriggio del terremoto non hanno smesso di latrare mai.
Ora Benoit sta dritto in piedi come un direttore d'orchestra. Neppure il canto smette più. Giri l'angolo della strada - polvere e brecciolino anche prima del terremoto - e ne ricomincia un altro. Ogni vicolo protetto dalle barricate improvvisate: blocchetti di tufo, bidoni di benzina, qualche pezzo di legno. Un divieto di accesso timido. Servirà? Ogni notte è una scommessa. Ma almeno qui non c'è l'incubo dell'International Club. No, non lasciatevi ingannare dal nome. L'International Club fa parte del parco più ampio di Petionville. Dall'esterno ci sono pure le insegne del ministero: "Salvaguardiamo l'ambiente". Quale? Petit Bossimys è un giovane volontario di Book of Hope. L'associazione evangelica è tra quelle più attive a livello locale: haitiani per haitiani. L'aiuto del governo? Piazzatevi pure qua. E stop. Quando arriva la notte l'International Club è una tendopoli senza fine. E se nella disperazione c'è una classifica i canti di qui vanno dritti al primo posto. Qui non ascolterete mai "Haiti Cheri": "Terra del mare, meraviglioso sole". Quella è roba da "Caraibi Fm": scordatela. Qui perfino i "Chants d'Esperance" sembrano di disperazione.
Bisha Laroque è il medico del campo. L'unico. "Una ventina di volontari tra infermieri e ragazzi di fatica. Ma come facciamo? Ci manca tutto". La Croce Rossa, l'Onu, gli aiuti? "Niente di niente di niente. Ci servono teli, tende. Ci serve acqua, cibo. Ci servono medicine. Questo puzzo? Non abbiamo acqua per bere: come possiamo pensare al resto?". Il dottor Laroque fino a lunedì scorso lavorava al Dash, l'ospedale di Dalmas 35, un'altra stazione del calvario di Haiti: il terremoto impietoso ha chiuso anche quello. Adesso Laroque unisce la sua voce ai canti della notte. Dice Luiji Looco, che è il capo del campo: "La sicurezza? Facciamo il possibile". L'altra sera, per esempio, un saccheggio e solo due stupri. Pochi? Uno stupro è uno stupro. O vogliamo che il terremoto ci tolga anche l'ultimo moto di rabbia e pietà?
Ci manca poco. Lo spettacolo di Champs de Mars di giorno è già uno shock ma di notte è un'allucinazione. Qui è dove i vivi si confondono con i morti, a pochi passi dall'ospedale con le cataste dei cadaveri. Champs de Mars non è mai stato un parco da principi ma nemmeno quest'incubo che adesso è diventato. All'ombra del Palais Nacional è uno spettacolo da Day After. Non c'è neppure la dignità dell'accampamento assediato di Petionville. Qui siamo nel cuore della città e il campo è lasciato all'iniziativa individuale. Traduzione: giacigli di poveri disperati. Tutto il tanfo di Haiti raccolto quaggiù. Arrendersi? Due missionarie, evangeliche anche loro, si sfidano a distanza: basta intonare l'ennesimo canto. Intorno alle donne è già un capannello: mani alzate al cielo, "Dio dolcezza, Dio speranza". Dal campo che non dorme mai i bambini alternano i pianti alla canzone: "Dio dolcezza, Dio speranza".
Finirà anche questa notte. Comincia a svegliarsi il gallo nei vicoli di Delmas. Nella metropoli del terzo mondo è un ritorno al futuro: la campagna s'era ripresa da tempo la città, il terremoto ha accelerato il processo, sono crollati anche i pollai delle abitazioni. Liberi tutti: come i 4mila detenuti fuggiti dalla prigione crollata. Tra un po' finirà anche questa notte e tutti torneranno a risalire il fiume di strade con i cuscini e qualche straccio sotto al braccio. Ma c'è chi non si è ancora arreso al sonno che per poche ore fa dimenticare quasi tutto. Un ultimo canto. Che questa volta sembra davvero inconfondibile ma forse è meglio ascoltare due, tre, quattro volte per non sbagliare. Macché, proprio così, è proprio vero. Sotto le stelle del terremoto adesso cantano "Volare, volare". Solo quelle due parole: non vanno più avanti di così. Ma nella notte dei canti di Haiti distrutta è già un altro miracolo.

ANGELO AQUARO

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