lunedì 14 dicembre 2009

DIO NON E’ CAPITALISTA

Parola di Frei Betto

Salvare il capitalismo significa sacrificare l’umanità: o uno o l’altra devono soccombere. Non ci sono “vie di mezzo” né mediazioni secondo Frei Betto, al secolo Carlos Alberto Libânio Christo, che abbiamo incontrato a fine maggio a Trento, dov’era di passaggio per un convegno.

capitalismo

[La Piramide del Capitalismo. Dall'alto: "Vi governiamo" (governanti e potenti), "Vi inganniamo" (preti e politici), "Vi spariamo" (i militari), "Mangiamo per voi" (la borghesia), "Lavoriamo per tutti e diamo da mangiare a tutti" (i lavoratori)]

Come si può rinnovare la Chiesa se le sue teste migliori stanno sotto la ghigliottina di chi vede eresia dove c’è fedeltà allo Spirito Santo?“, scriveva Frei Betto qualche giorno prima dell’ultima visita in America Latina di Benedetto XVI. Da poco il pontefice aveva condannato le tesi di Jon Sobrino. “Quel che c’è dietro la censura a Jon Sobrino – continuava Frei Betto – è la visione latinoamericana di un Gesù che non è bianco e non ha gli occhi azzurri. Un Gesù indigeno, negro, scuro, emigrante; Gesù donna, emarginato, Il Gesù descritto nel capitolo XXV di Matteo: affamato, assetato, stracciato, malato, pellegrino. Gesù che si identifica con i dannati della terra e che dirà a tutti che di fronte a tanta miseria devono comportarsi come il buon samaritano: ‘Ciò che farete a uno dei miei piccoli fratelli, lo farete a me’ (Matteo 25,40)”.

Al giornalista, saggista e teologo abbiamo chiesto innanzitutto, se il Papa dovesse tornare in America Latina, cosa gli chiederebbe, cosa dovrebbe fare il pontefice per rientrare in dialogo con le Chiese dell’America. “Prima di tutto riconoscere – ha risposto – il modello delle comunità di base come alternativa a quello delle parrocchie. Il modello parrocchiale è di tipo ‘feudale’, quello delle comunità è moderno, di partecipazione dei cristiani. Seconda cosa: metta da parte il celibato obbligatorio. Permetta finalmente che uomini e donne sposate possano diventare sacerdoti. Del resto il principale apostolo di Gesù, Pietro, era sposato. Gesù stesso ha curato la suocera di Pietro che non solo è stato un apostolo, ma il primo capo della Chiesa. Il primo apostolo di Gesù non è stato un uomo, ma una donna: la samaritana del capitolo IV di Giovanni”.

Lei parla di una cultura della solidarietà mondiale e personale: ma si può essere realmente solidali con il ‘fratello africano’ o delle favelas così come con l’anziano della porta accanto, senza avere una fede religiosa, cristiana?
Chiaramente sì: la cultura della solidarietà trova uno spazio naturale nell’intimo di ogni uomo di qualsiasi cultura. I valori del Vangelo sono universali.

Dopo il crollo del comunismo reale adesso è giunto il momento della crisi strutturale del capitalismo: come la giudica?
Era una crisi prevedibile quella del sistema capitalista. Perché hanno abbandonato la produzione per scegliere la speculazione. Oggi dobbiamo domandarci se salvare il capitalismo o l’umanità. Salvare il primo significa mantenere intatti i problemi che assillano il mondo oggi. Salvare l’umanità implica invece un cambiamento radicale della logica del sistema attuale: passare dalla competitività alla solidarietà.

La tecnica, la creazione di «mondi e reti virtuali», che ruolo hanno avuto per provocare la crisi attuale, economica, ma anche di valori?
Il mondo virtuale crea valori virtuali. Le persone sono molto “etiche” a parole, ma non nella pratica, nelle azioni. L’avanzamento di tutta questa tecnologia crea una grande preoccupazione nella società: è più facile avere degli amici tramite Internet, con le e-mail, che nella relazione concreta. Abito a San Paolo, ho un amico “virtuale” a Tokyo, ma non conosco il mio vicino di casa. Il progresso tecnologico di per se non è un male, anzi può essere realmente positivo, ma sta creando un sacco di problemi sul versante della relazione. Ci sono poi degli aspetti negativi anche nel “lavoro virtuale”: oggi il tempo delle persone è per la maggior parte occupato dal lavoro. Qualcuno dice che è un bene poter a lavorare a casa, con i computer, magari anche il sabato e la domenica. Così facendo però il lavoro invade anche lo spazio dedicato alla famiglia, alle relazioni.

Venendo in Italia avrà sentito delle recenti novità in materia di immigrazione: gli ‘irregolari’ (privi di permesso di soggiorno valido) sono oggi sono bollati come ‘clandestini’ e ‘fuorilegge’. Come giudica questo atteggiamento nei confronti dei migranti?
Questa chiusura, rigidità, con gli stranieri è molto grave. Il problema non è come impedire agli stranieri di venire nel “primo mondo”, ma come permettere agli abitanti del terzo mondo di condurre una vita dignitosa nella loro terra. Dobbiamo “chiudere” con le differenze tra primo, secondo e terzo mondo: creare delle relazioni egualitarie all’interno del pianeta.

Come declinare oggi “l’opzione fondamentale per i poveri”?
Difendendoli ovunque: in ogni luogo del pianeta.

La Chiesa che deve fare, per realizzarla?
Mettere in pratica le conclusioni del Concilio Vaticano II: essere una Chiesa del popolo, con il popolo, per il popolo.

Ultimamente la teologia della liberazione, di cui lei è uno degli iniziatori, si è spostata, soprattutto con Leonardo Boff, verso l’attenzione ai temi dell’ecologia, con concetti chiave come la “madre Terra”. Lei è favorevole a questa sottolineatura?
Quello di Boff è uno dei temi attuali della teologia della liberazione, ma non è l’unico. Ci interessano tutte le problematiche attuali del mondo. Di certo non siamo rimasti fermi agli anni settanta, quando nacque la teologia della liberazione, con un’attenzione alla relazione tra fede e marxismo. La fede oggi si relaziona con le questioni economiche, della globalizzazione, della solidarietà. Non può più essere monotematica, ma tenta una risposta a tutti i nodi problematici attuali.

Cosa pensa del castrismo e di Cuba?
Sta resistendo bene al blocco economico mondiale. Speriamo che con l’arrivo di Obama si possa riaprire un dialogo.

Ma come si vive a Cuba oggi?
Noi latino-americani diciamo che i ricchi che vanno a vivere a Cuba trovano l’inferno, per la classe media è come andare in purgatorio, i poveri invece a Cuba conoscono il paradiso. Perché non ci sono favelas, non c’è mafia e droga, non ci sono squadroni della morte. Le persone sono povere, ma hanno una vita dignitosa, che tutti i latino- americani poveri desidererebbero.

Obama può veramente cambiare le cose?
Credo di sì, ne sta dando dimostrazione con i suoi tentativi di chiusura del carcere di Guantanamo.

Perché è uscito dal governo di Lula, in Brasile? Lei era consigliere personale del presidente…
Per due ragioni: innanzitutto perché c’è stato un cambiamento nel progetto “Fame Zero”, rimaneva un buon programma, ma non era più quello che avevamo costruito. Secondo: volevo tornare a scrivere. Senza la scrittura e la comunicazione non riesco proprio a vivere.

Alberto Piccioni

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