venerdì 3 luglio 2009

IRAN BLINDATO

Nelle ultime ore il regime iraniano è riuscito a blindare ulteriormente la rete. Sono pochissimi i messaggi della dissidenza che riescono a filtrare verso il mondo libero. Di moltissimi blogger o utenti Twitter che nei primi giorni riuscivano a mandare informazioni su quanto stesse accadendo, non si sa più niente, si teme seriamente per la loro sorte. Le uniche notizie (non confermate) sono quelle diffuse ieri dal Jerusalem Post che parlano dell'impiccagione di sei sostenitori del leader dell'opposizione, Mir Hossein Moussavi, e quelle che provengono da Twitter dove si parla di uno sciopero generale indetto dal 5 all'8 luglio.


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Nulla si sa delle migliaia di dimostranti arrestati durante le proteste. Lunedì un folto numero di genitori che chiedeva informazioni sulla sorte dei propri figli è stato disperso con la forza dalle milizie Basij al soldo di Ahmadinejad. In compenso viene confermato da più parti l'esistenza della Guantanamo iraniana, dove sono rinchiusi i ragazzi e le ragazze arrestati durante le manifestazioni e dove si trovano decine e decine di blogger che avevano cercato di forzare il blocco imposto dalle autorità e che nei primi giorni avevano diffuso notizie e filmati delle proteste. I macellai di Kahrizak (località dove si trova la prigione segreta) vogliono che confessino di essere al soldo delle potenze occidentali e di aver organizzato le proteste per loro conto allo scopo di rovesciare il regime. Un esempio di quello che vuol fare il regime degli Ayatollah ce lo ha dato ieri proprio Ahmadinejad quando ha detto che la sua vittoria “è una grande vittoria per il fronte antiimperialista” facendo bene intendere dove sta parando, cioè ad eleggersi quale paladino di un ipotetico fronte antioccidentale guidato da lui, cosa che per altro gli sta riuscendo piuttosto bene in certi ambienti. Poco conta che la protesta non abbia niente a che vedere con l'antiimperialismo o con le trame occidentali ma che sia solo una richiesta di maggiori Diritti e di più Libertà.

Quello che conta ora è blindare la protesta (il fatto che sia ancora in corso non ha alcuna importanza, l'importante è che nessuno la veda) e far credere ai molti sostenitori di Ahmadinejad all'estero (più di quanti si creda) che il tentativo degli “imperialisti” sia stato sventato.

Il problema maggiore della protesta, al contrario di quanto affermato da Ahmadinejad, è che è stata troppo spontanea e senza uno o più leader ben definiti. Mir Hossein Moussavi è stato solo la scintilla di qualcosa che covava da diversi mesi, ma la protesta in se va molto oltre alle logiche politiche o di spartizione del potere. Solo che una protesta come questa non può fare a meno di un leader e di un coordinamento. Gli ipotetici leader sono stati i primi a essere incarcerati. Non per niente gli attivisti dei Diritti Umani e gli intellettuali sono stati i primi a sparire. Chi è riuscito a lasciare il Paese, come Shirin Ebadi, non può tornare a Teheran perché sarebbe immediatamente incarcerato. E così, senza un leader vero, la protesta sta affogando nel sangue e si sta lentamente spegnendo.

Shirin Ebadi at the WSIS Press Confrence (Tuni...

Certo, questo fa comodo a molti, a partire proprio da quei Paesi occidentali che Ahmadinejad accusa. Continua infatti, a dispetto dei sanguinosi eventi e delle dichiarazioni di forma, la cosiddetta “politica della mano tesa” verso Teheran, ormai ragno di una tela che coinvolge tutto il Medio Oriente. E come in tutte le vere realpolitik il sangue degli innocenti è un prezzo da pagare equo per ottenere vantaggi politici e/o strategici (Iraq e Afghanistan). E' una storia che abbiamo già visto in passato, dalla Birmania a Gaza. Questa non è diversa dalle altre. Quello che potrebbe realmente renderla diversa sarebbe proprio l'emergere di una figura che faccia da leader di questo movimento variegato che comprende molte classi iraniane. Non può essere Mir Hossein Moussavi quella figura, come non possono essere quelli del PMOI. Vedremo nei prossimi giorni se la dissidenza iraniana riuscirà a trovare questa figura. Intanto dall'Iran è solo silenzio.
Secondo Protocollo
Iran: cento morti dopo elezioni

Lo ha detto a Bolzano il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi

(ANSA) - BOLZANO, 2 LUG - Dopo le elezioni in Iran sono state arrestate 1200 persone e ne sono state uccise piu' di cento. Il dato e' stato indicato a Bolzano da Shirin Ebadi, premo Nobel 2003 per la pace. Ebadi, giurista iraniana, ritira il premio internazionale Alexander Langer al posto della sua collaboratrice Narges Mohammadi, cui le autorita' iraniane hanno ritirato il passaporto. Mohammadi e' giornalista e presidente del Consiglio nazionale della pace in Iran, che promuove i diritti umani nel paese asiatico. (ANSA).


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