lunedì 20 settembre 2010

DIARIO DA CITTÀ DEL MESSICO. FUGGIRE DOVE?

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Dal blog Radical Shock:

Sono passati i mesi. Questo blog ha fatto la muffa, ma non è ancora morto. Sono successe cose. La Spagna ha vinto il mondiale mentre queste pagine invecchiavano. Fini è stato illuminato sulla via di Damasco, dopo anni di collusione con lo schifo. Non è il primo a ravvedersi. Si vede che la nave sta proprio per affondare.
Nel Messico sono successe tante tante cose. Allo scrivente, al paese. Oggi, dopo tanto tempo mi viene di nuovo voglia di scrivere su questo muro. Perché è successa una cosa bizzarra, una delle tante, ma non so perché questa mi piace tanto.
Insomma, ieri a Tamaulipas, lo stato del nord dove qualche settimana fa sono stati ritrovati i corpi di 72 migranti ammazzati e ammucchiati in un casolare, insomma ieri a Tamaulipas, lo stato del nord dove Cartello del Golfo e Zetas si contendono la piazza, insomma ieri a Tamaulipas, se mi fate parlare vi spiego cosa è accaduto.
Dunque, in un carcere statale c’erano stipati dentro tutti dei cattivoni, tutti ammucchiati lí, dentro questo carcere statale dello stato di Tamaulipas. A un certo punto uno dice, vabbè siamo tanti qua dentro, è ora di uscire. E allora con l’aiuto di un manipolo di guardie 89 criminali, in carcere per crimini federali, tipo narcotraffico, omicidi, sequestri, scorticamenti, torture ecc., scappano.
Scappano con una scala appoggiata al muro. Così. Con un convoglio di furgoni parcheggiati fuori ad aspettarli.
89.
89 più alcune guardie che sono “scomparse”.
E questo secondo loro è un paese normale.
Questo è un paese dove tra tre giorni, cento milioni di subnormali andranno a gridare il loro orgoglio patriottico, nel festeggiamento del bicentenario dell’indipendenza e del centenario della rivoluzione. Scrivo indipendenza e rivoluzione minuscoli perché prima di regalare maiuscole vorrei capire da cosa si sono resi indipendenti e qual è stata in fondo la rivoluzione. E soprattutto vorrei capire cosa cazzo avranno da festeggiare.
Questo paese è al tracollo. E le strade sono tappezzate di bandiere tricolori tricchettracche e bombe a mano. Soprattutto bombe a mano.
Nel frattempo al cinema esce questo film, El Infierno, di Luis Estrada, che racconta tanto del Messico di questi giorni. Di questi anni.
Ritorno al mio blog perché dopo mesi in cui non ho proprio avuto voglia di scrivere nulla, ho ritrovato l’energia, la motivazione.
E la motivazione è sempre la stessa. Sono troppe le cose da raccontare di questo paese, che ti affascina e ti seduce, che ti fa incazzare da morire, per la bontà, la grandezza e la stupidità e impotenza delle sue genti.
In questi giorni si compie la farsa suprema del bi-centenario. Si dissolvono nel patriottismo ottuso (come ogni patriottismo) le lacrime che vengono sparse ogni giorno sul martoriato suolo messicano. Si fa appello ai valori nazionali da parte di una classe politica senza vergogna, che ha solo da vergognarsi.
E cento milioni di messicani appresso a questa stupida bandiera grondante sangue.
¡Que viva México, cabrones!


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