lunedì 31 maggio 2010

STORIE DI CARCERI

CILE, OMICIDI DI STATO DURANTE IL TERREMOTO
Se qualcuno si sta interrogando sulle forme di costruzione di una notizia, può trovare in questo breve storia una forma per comprendere l'assoluta asimmetria della verità. Ovvero la maniera con la quale ogni verità prodotta dai media è sempre una verità impossibile, una verità inzuppata di sangue, una verità alla quale non si deve credere, una verità alla quale non credere soltanto dopo aver prodotto la nostra contro-verità.
 clip_image002
C'era una volta Haiti, dove un terremoto ha distrutto la quasi totalità dell'isola. Su quest'isola c'è un carcere. In questo carcere sono stivate centinaia di persone. Nel momento della scossa, queste persone provano a salvarsi. Fanno quello che hanno fatto  nei palazzi di governo, nelle scuole, negli ospedali, negli uffici, nelle baracche delle favelas e nelle ville dei signori...Insomma: si muove la terra, tutto trema e la prima cosa da fare è correre, uscire fuori e salvarsi. Però in un carcere dove corri? Fuori? Fuori dove? Sembra che il diritto di salvarsi, il diritto di sopravvivere, non sia un diritto concesso ai prigionieri. Forse per questo che li chiamano "i morti in vita". Seppelliti nelle strutture di cemento del carcere, i reclusi hanno ben poco a che vedere con la vita. Devono restare occulti. E dunque perchè dovrebbero tentare di salvarsi? La storia dice che ci provarono e che qualcuno di loro ci riuscì. Ma la storia prosegue e racconta che a fine terremoto, tutti coloro che scapparono vennero presto rinchiusi in celle ancora più fatiscenti. Nasce allora l'idea da parte di qualcuno di andarsene: fuggire davvero, per sempre, approfittando che il paese è raso al suolo. Malgrado tutto Haiti continuava ad esistere: c'erano i familiari da vedere, i parenti, gli amici...E i militari: quelli che presero possesso dell'isola e approfittarono del terremoto per colonizzarla. La storia dice che c'erano gli americani, quelli che portano sulle punte dei fucili la violenza dello stato. Violenza che nel caso di un carcere prende sempre il nome di giustizia. E fu così che, scoperto il tentativo di fuga da un carcere fatiscente dove mancava tutto, (anche l'acqua per bere) la violenza dello stato prese la forma di uomini vestiti in uniforme, chiamati, dallo stato, polizia. La polizia (o gli americani) approfitta della situazione e prende il possesso del carcere in sommossa. I detenuti chiedono di poter continuare a vivere in mezzo a un paese dove manca tutto. Ma la polizia è la polizia e non ci pensa due volte. Ripreso il possesso del carcere, individua i responsabili di quello che chiamano sommossa (ma era solo un tentativo di fuggire per vivere) e li stermina come animali. Li fanno sdraiare a terra e sparano. Lo racconta questo articolo del New York Times (dimenticando di farci sapere se i gendarmi erano poliziotti americani o haitiani)
http://www.nytimes.com/2010/05/23/world/americas/23haiti.html?scp=1&sq=haiti%20police%20&st=cse
E lo riprende quest'altro articolo, de La Stampa:
http://www.ristretti.org/index.php?option=com_content&view=article&id=824:haiti-onu-dopo-il-terremoto-la-polizia-sparo-sui-detenuti-in-rivolta-20-furono-uccisi&catid=16:notizie-2010&Itemid=1
Spostiamoci allora qualche migliaia di chilometri più a sud. Siamo in Cile, dove un terremoto di due gradi Richter superiore a quello di Haiti, sconvolge un intero paese. La gente in fuga in un'area geografica di almeno duemila chilometri. Città in fuga, paesi in fuga, case in fuga, ospedali in fuga, caserme in fuga, favelas in fuga, aristocratici in fuga, politici in fuga...e, perchè no, reclusi in fuga. Mentre anche noi siamo in fuga, accade un evento quasi impossibile: suona il telefono. È Hans, un amico che chiama da Chillan, a pochi chilometri dall'epicentro: "Sto bene però qui è il caos: sono davanti al carcere, sono venuto in bici fno a qui perchè si vedevano le fiamme. Sta bruciando tutto e i detenuti stanno provando ad uscire. La polizia li aspetta fuori ed ogni persona che fugge dall'incendio viene abbattuta a fucilate fuori dal carcere. Li stanno ammazzando tutti. Ho contato almeno 50 tra morti e feriti gravi".
I giorni dopo su Senza Soste annunciammo la "matanza". Cosa alla quale nessuno dava credito. Soltanto i compagni cileni che dissero subito che era successo qualcosa di grosso: una strage. Si perchè com'è possibile che un essere umano non provi a fuggire da un carcere che sta bruciando per mettersi in salvo da un'apocalisse di questo tipo?
http://www.youtube.com/watch?v=K9IKCux_Sws&feature=related
Com'è possibile che i telegiornali parlarono fin dall'inizio di una fuga di 260 persone e di una rissa finita a colpi d'arma da fuoco? Quali armi da fuoco? Le armi della polizia?
http://www.youtube.com/watch?v=uIlNcJ6Ax2Q&feature=related
Com'è possibile, come si dice in questo reportage, che un essere umano (diciamo così) vestito da polizia, dichiari con savoir faire che in mezzo a un incendio colossale delle celle, è sceso alla galleria per chiudere la cancellata principale? Come può difendere questa violenza pur sapendo che chiudere la cancellata significava chiudere i reclusi in mezzo a un edificio terremotato e in fiamme? Eppure questi signori che vedrete in questo reportage, si sentono orgogliosi. Non soddisfatti del loro gesto, fanno vedere alla giornalista le armi che impugnarono i detenti per fuggire: dei bastoni di ferro davanti ai loro fucili a pompa. "Il lavoro venne fatto bene", dice il capo delle guardie: "Si certo, ci sono stati quattro detenuti morti, ma bisogna mettere in evidenza che le guardie sono tutti giovani con poca esperienza. E c'è da dire che i detenuti sono morti fuori dal muro e non dentro. I gendarmi si sono comportati bene: non sono morti mentre cercavamo di riportare la calma, ma fuori, mentre fuggivano".
La storia ci insegna come il capo delle guardie fabbrica la sua verità: "sono morti scappando, sono morti perchè hanno bruciato il carcere, sono morti perchè andavano armati con bastoni, sono morti perchè non hanno ubbidito alle nostre indicazioni". Giudicherete dalle immagini del reportage se la verità del gendarme può essere sostenuta dai fatti. Resta il fatto che un carcere fatto di cemento, come si vede dalle immagini, è raso al suolo. Che la polizia sparò ai detenuti in fuga dopo che provò a chiuderli nelle celle che stavano prendendo fuoco. Che non soddisfatti di provocare una strage, si dedicarono a sparare ai fuggiaschi.
http://www.youtube.com/watch?v=3ZpcPWN0MkE
Ci chiediamo: può essere stata la furia dei prigionieri ad aver distrutto un carcere di cemento? Noi crediamo di no. E non soltanto perchè abbiamo una testimonianza diretta dei fatti. Ma perchè i numeri non tornano. Ci sono decine di persone che non hanno dato nessun segnale di vita. È un dato di cronaca che centinaia di persone risultino fuggite. Ma non è un dato di cronaca che molti dei familiari, a distanza di due mesi, non sanno niente dei "loro reclusi". Forse mentono...c'è da sperare di si. Ma resta il fatto che all'appello non risultano almeno sessanta persone. Persone che non sono state dichiarate né fuggite né ricatturate. Azzardiamo un'ipotesi: saranno morte sotto i colpi dei fucili a canna mozza dei valorosi poliziotti cileni, fedeli allo stato? E chi glielo spiega ai familiari che si appostarono da subito fuori dal carcere?
http://www.youtube.com/watch?v=n2Ha67dFOSY&feature=related
La storia racconta che c'è anche chi ha aperto uno spazio su Facebook e l'ha chiamato: "Anch'io sono scappato dal carcere di Chillan e non mi hanno preso"
http://www.facebook.com/pages/Yo-Tambien-Me-Escape-De-La-Carcel-De-Chillan-Y-No-Me-Pillaron/347395108928
Ma questa è un'altra storia...che non sarà mai raccontata. Due terremoti, due carceri, due stragi. I conti tornano: la polizia uccide. Di carcere si muore.
per Senza Soste, JACOB

image
The overcrowded prison in Les Cayes, Haiti, after a January escape attempt ended in disaster, with a riot and fatal shootings

Nessun commento:

LinkWithin

Blog Widget by LinkWithin