lunedì 5 aprile 2010

IL CIOCCOLATO È AMARO

Ogni anno con la Festività della Pasqua aumenta il consumo di cioccolato legato alle tradizionali vendite delle uova con sorpresa inclusa. Ma la sorpresa può avere un sapore amaro… Dietro al commercio del cioccolato si nascondono infatti a volte storie di schiavitù e sfruttamento.

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Cosa sappiamo realmente circa la provenienza e il modo di produzione del cioccolato che mangiamo? La giornalista Carol Off aveva già denunciato la corruzione e la negazione dei diritti umani associate all’industria del cacao. Ora un’inchiesta del programma Panorama della Bbc conferma nuovamente questa realtà e ci racconta di sfruttamento infantile e ingiustizia. Il reporter Paul Kenyon, fingendosi un commerciante di cacao nell’Africa occidentale, ha potuto constatare di persona l’esistenza di schiavitù infantile e traffico di esseri umani.

La complessità della catena del cioccolato rende difficile controllare tutti i passaggi e risalire al chicco di cacao e alla sua storia. Dall’inchiesta traspare che anche per quanto riguarda il cioccolato commercializzato come Equo solidale non si può escludere la possibilità che in alcune fasi venga utilizzato il lavoro minorile, nonostante comunque in questi casi l’utilizzo di rigide e severe norme di controllo fanno sì che tali fatti non si verifichino o vengano immediatamente denunciati e corretti.

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Ecco ciò che viene fuori dall’inchiesta:

“ Il Ghana e la Costa d’Avorio assieme producono il 60% del cacao mondiale. Più di 10 milioni di persone sopravvivono grazie a questa industria.
In un villaggio del Ghana, Kenyon ha incontrato il dodicenne Ouare Fatao Kwakou, che fu venduto dallo zio ai trafficanti e preso dal vicino e impoverito Burkina Faso per lavorare nella raccolta del cacao. Più di anno dopo non aveva ricevuto neanche un centesimo per il suo lavoro, mentre i profitti erano andati ai padroni del cacao e allo zio che lo aveva venduto.
Nella città portuaria di San Pedro in Costa d’Avorio, Kenyon si è spacciato da commerciante e ha venduto fave di cacao che erano state prodotte con le forme peggiori di lavoro minorile. È a questo punto che finisce la tracciabilità del cacao e questo può essere venduto ai grandi produttori mondiali di cioccolato che non possono dire come fu la sua origine. Il compratore finale di fave prodotte con lavoro minorile che Kenyon ha venduto era uno dei più grandi esportatori mondiali il quale a sua volta vende il cacao ad altre compagnie molto note.

Panorama ha potuto vedere i documenti che dimostrano come nel settembre 2009 la cooperativa di cacao Equo e solidale in Ghana, che fornisce Cadbury e Divina, ha sospeso sette delle 33 comunità agricole produttrici di cacao in una delle regioni più importanti, dopo che queste erano state sorprese a utilizzare la peggiori forme di lavoro minorile.
La cooperativa, Kuapa Kokoo,viene rifornita da 1200 diverse comunità di cacao che sono formate da 45000 agricoltori. A seguito di azioni correttive da parte di Kuapa Kokoo, la sospensione è stata revocata a inizio gennaio. La cooperativa sostiene che questa è stata l’unica volta in cui è venuta meno nel suo compito di controllo delle pratiche agricole per quanto riguarda il lavoro minorile, in 15 anni di lavoro come fornitrice per il commercio equo e solidale. Harriet Lamb, direttrice esecutiva della Fairtrade Foundation in Gran Bretagna, ha commentato dicendo che la sospensione delle comunità agricole che sono sospettate di fare uso di lavoro minorile rappresenta l’evidenza che il sistema del commercio equo e solidale funziona. Ciò significa che a differenza di altri prodotti provenienti dal cioccolato, il cacao Equo e solidale è rintracciabile ed è possibile intervenire quando venga scoperto l’utilizzo di pratiche illegali, come è accaduto nel caso di Kuapa Kokoo. “In tali casi ci accertiamo di non vendere cacao secondo le condizioni del commercio equo finché non abbiamo messo in atto sistemi e strutture per evitare che ciò succeda nuovamente” ha detto riguardo alle sette recenti sospensioni.
In una dichiarazione rilasciata a Panorama, Cadbury ha detto di non essere stato rifornito da nessuna delle sette comunità in questione con fave di cacao né prima né durante la sospensione. Ha detto: “Il fatto che la questione del lavoro minorile sia stata identificata è l’evidenza che il processo di certificazione Fairtrade funziona.”

In Costa d’Avorio, Panorama ha incontrato un contadino che conta su suo fratello di otto anni e sul figlio di 11 per farsi aiutare nella raccolta del cacao che va alla cooperativa che rifornisce la Nestlé nella sua recente iniziativa di commercio equo. Nessuno dei ragazzi va a scuola e cifre elaborate dal Dipartimento di Stato Americano indica che sono circa 100.000 i bambini ivoriani impiegati nell’industria del cacao. Sebbene Nestlé compri dalla cooperativa a cui l’agricoltore vende il suo raccolto, l’azienda ha detto in un comunicato: “Panorama non è stato in grado di fornirci la benché minima prova di uso di lavoro minorile nella produzione di semi di cacao acquistati da Nestlé.”

In America – il più grande consumatore mondiale di cioccolato – il membro del Congresso Eliot Engel ha proposto una legge nove anni fa, per richiedere che su tutto il cioccolato venduto in America venisse posta una etichetta dove si dichiarasse che il prodotto era ottenuto senza il lavoro di schiavi né di bambini. Ma nel 2001 ha invece deciso di appoggiare un piano di settore in sei punti per porre fine al lavoro minorile nel commercio del cioccolato, con la minaccia incombente della legislazione a demotivare azioni illegali. “All’inizio non mi fidavo di loro, ma poi ho dato loro la fiducia e, come si dice, le azioni parlano da sé. Se divenissero ostili o pigri, potremo sempre ricorrere alla legislazione”, ha detto parlando dei giganti del cioccolato americano.
Ma l’avvocato Terry Collingsworth, che si è mosso contro l’industria del cioccolato, ha detto che il piano è un completo fallimento ed è giunto il momento di emanare la legge proposta nove anni fa.“Rispolveriamo quella legge, e se veramente si vuole interrompere l’utilizzo di bambini come schiavi nella produzione di cibi come il cacao, facciamola passare, e dopo avremo qualcosa con cui lavorare e potremo fermare questo crimine.”

Un risultato della partnership –una collaborazione tra il signor Engel, il suo collega senatore Tom Harkin,e l’industria americana di cioccolato – era quello di creare una fondazione per aiutare a porre fine alle peggiori forme di schiavitù infantili nell’Africa occidentale, conosciuta come l’Iniziativa Internazionale del Cacao (ICI).
Il direttore esecutivo Peter McAllister ha detto che le aziende del settore del cioccolato riconoscono che c’è un problema e stanno facendo del loro meglio per trovare una soluzione alla pratica dell’utilizzo del lavoro minorile, aggiungendo che la questione dei diritti umani è “complessa e impegnativa” per le compagnie coinvolte.
“Se non ci fosse un problema non ci troveremmo qui, quindi riconosciamo l’esistenza del problema,” ha detto riguardo alla pratica diffusa dell’utilizzo dei bambini – una questione delicata in Africa occidentale – sia politicamente che economicamente per le famiglie che hanno bisogno del reddito derivante dal lavoro dei loro figli.

Il signor McAllister ha detto che è per questa ragione che l’ICI sta lavorando in 243 comunità in Africa occidentale in West Africa e ha già fatto sì che 16.000 bambini vadano scuola.”
Panorama – Chocolate: The Bitter Truth, BBC One

Fonte

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