martedì 7 luglio 2009

ALL’OMBRA DI NEGROPONTE

L’Honduras è il paesino che ospita una base Usa dalle orecchie lunghe:i radar di SotoCano ascoltano l’intera America Latina. Chi alza la voce nella Terra del Fuoco finisce negli archivi meglio documentati dei due continenti, eppure nessuno si è accorto che un po’ di militari vecchia maniera organizzava un colpo di stato attorno alla bandiera stelle e strisce. Contro il presidente Zelaya o per impasticciare il presidente Obama? L’altro interrogativo è meno tranquillo. L’isolamento internazionale dell’Honduras,espulso dall’Organizzazione degli Stati Americani, ha l’aria di una situazione calcolata per radicare il golpe ed aprire uno spazio dove non valgono le abitudini noiose della democrazia.
L’Honduras diventa terra di nessunoa disposizione di industrie pesanti, traffici proibiti, campi dove si addestrano quei mercenari che chiamiamo «contractors», latifondi manovrati dagli orfani di Bush figlio. Mormora la Chiesa del cardinale. La Chiesa dei monsignori Opus Dei e Legionari di Cristo prega il presidente deposto di restare in esilio.

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E l’ombra di John Dimitri Negroponte torna in ogni sospetto.
Nel rimbalzo di società di comodo il suo nome spunta fra i proprietari di immense piantagioni. Ha inventato l’Honduras moderno che si comporta così. Quasi 70 anni, Negroponte cresce all’ombra di Nixon, Reagan, Bush padre. Comincia in Vietnam dove il generale Westmoreland è il primo a intuirne il genio. Durante l’agonia di Saigon recita la parte dell’americano tranquillo: ispira il protagonista del romanzo di Graham Green. Si dichiara «innamorato» del generale Van Thieu. Parla perfettamente vietnamita e l’amicizia con i militari estremi alimenta le leggende.
Regan lo chiama al Pentagono, accanto a Colin Powel. Quando nel 1979 i sandinisti rovesciano in Nicaragua il dittatore Somoza, per ridare vigore alla presenza americana nella terza America, Ngroponte finisce in Honduras, ambasciatore-viceré. Trasforma la piccola delegazione (che veglia su 3 milioni di abitanti) nella più imponente ambasciata delle americhe: 6mila funzionari, cattedrale Cia. Assieme ad Oliver North organizza l’armata dei contras, controrivoluzionari che fanno la guerra al Nicaragua per «ristabilire l’ordine». Nasce la brigata 314-m con l’impegno di schiacciare le teste calde: torture, fucilazioni di massa documentate a Washington dalla Commissione per la Difesa dei Diritti Umani. Ma è l’operazione IranGate il momento alto della missione. North mette in moto un fantastico girotondo segreto: coinvolge le industrie belliche di Pinochet e i suoi cargo militari. Portano armi a Saddam Hussein (impegnato! nella guerra a Khomeini per conto Usa), tornano con missili e Mitragliette raccolte a Beirut da imprecisati mediatori. Produzione rigidamente sovietica da seminare lungo il confine tra Honduras e Nicaragua per attribuire al governo di Managua i massacri degli indigeni Miskitos. Genio dell’operazione, Negroponte.

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Inaugura a Tegucigalpa un protettorato senza reticenze. È lui ad annunciare in Tv il risultato delle elezioni. Nel marzo ’83, appena Newsweekdà notiziadi fantasmi armati (i contras, appunto) accampati attorno la frontiera del Nicaragua, l’ambasciatore chiama i giornalisti. Niente domande, parla solo lui: «È falso che esista una guerriglia organizzata per sfinire il governo di Daniel Ortega». A chi chiede informazioni sull’improvviso ingigantirsi dell’ambasciata e di un contributo «di assistenza» passato da 780 mila dollari a 125 milioni, risponde agitando la mano. «È domenica, giorno sacro al riposo. Andate a controllare: non troverete niente . E se ne va. 20 ore di viaggio e la colonna di noi curiosi arriva a Cifuentes, provincia di Paradiso, 12 chilometri dal confine col Nicaragua.
Campo militare recintato, tute leopard armate di Ak 47, fabbricazione sovietica: mitragliette palestinesi raccolte dagli israeliani a Beirut.
Ragazzi americani istruiscono meticci e indios Misquitos «perseguitati dai sandinisti». Ci accolgono con diffidenza, non fanno vedere gran che se non la mensa dai lunghissimi tavoli. Permettono l’incontro con una pattuglia appena tornata dalla ricognizione in «territorio nemico». Odiato Nicaragua.
Negroponte continua la carriera a Panama: prepara l’invasione che fa saltare il presidente Noriega. Finalmente la promozione a governatore di Bagdad. Gran finale, zar dei sette servizi segreti, l’uomo più potente degli Stati Uniti fino all’arrivo di Obama. Il golpe di Tegucigalpa può essere il prologo della nuova commedia che l’ex americano tranquillo mette in scena nel suo Centro America. Ma se il presidente deposto riappare accompagnato dalla signora Kirchner, l’avanspettacolo può trasformarsi in dramma.Nessuno torna in dietro

1 commento:

Le Favà ha detto...

Bhè, io continuo sempre a trovare ottime notizie qui da te. Continuerò sempre a ringraziarti.

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