Alcune nazioni del G-20, fanno pressione affinché i capi di Stato non siano presenti alla conferenza di giugno e si facciano rappresentare da un ministro o da un ambasciatore. Ciò che è in gioco è molto importante. La crisi, non è solo finanziaria, ma anche alimentare, energetica (sarà necessario fare cambiamenti entro i prossimi 50 anni e ciò richiederà ingenti impegni finanziari), climatica (molto più grave di quanto si pensava) e, infine, sociale ed umanitaria (un miliardo di persone vivono al di sotto della soglia di povertà).
La Banca mondiale stima che i 129 paesi più poveri si troveranno ad affrontare nel 2009 un disavanzo di 700 miliardi di dollari. Il mancato finanziamento del settore finanziario è attualmente l'economia reale. Secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), più di 50 milioni di lavoratori perderanno il posto di lavoro in meno di un anno.
Per affrontare la grave crisi globale è necessaria la partecipazione di tutta la comunità internazionale. Il G-20 si è auto proclamato arbitro mondiale, ma gli manca la legittimazione giuridica e morale per prendere decisioni che riguardino tutti i paesi del mondo.
Infatti, questo gruppo di nazioni rappresenta oltre l’80 per cento del peso economico globale, ma il suo potere decisionale comporta che le vittime - le popolazioni cioè che subiscono le conseguenze delle loro politiche - non hanno diritto di parola. Tuttavia, è tra di loro che si trovano i maggiori esperti in materia di povertà.
Per preparare la Conferenza dei Capi di Stato (G-192), è stata creata una Commissione per le Riforme del Sistema Finanziario e Monetario internazionale presieduta da Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia ed ex vice-presidente della Banca mondiale. Questa commissione è composta di 20 membri, principalmente economisti, ex ministri delle finanze e direttori delle banche centrali sia dei paesi del nord che dei paesi del sud.
In effetti, il G-20 non si è mostrato all’altezza delle sfide di questo momento di grave crisi globale. In un editorial del New York Times, del 7 aprile scorso, riguardo all’aiuto ai paesi più periferici leggevamo: "Una parte del denaro era già stata assegnata, un’altra è il risultato di un doppio calcolo, ed un'altra parte sarà pagato in moneta di sintesi e non in contanti”.
D'altro canto, le misure riguardanti i paradisi fiscali sono incomplete e distorte. Le principali piazze anglosassoni non ne sono influenzate. L'attuazione delle misure politiche relative ai paesi del sud sono affidate al Fondo monetario internazionale (FMI), uno dei principali autori delle azioni attuate nella periferia.
Per quanto riguarda le riforme delle istituzioni finanziarie, sono ridotte a qualche voto extra per i paesi emergenti e si apre la possibilità di un loro indirizzo a rappresentanti di altri paesi e non solo a quelli provenienti dagli Stati Uniti e dall’Europa. La Commissione delle Nazioni Unite si spinge oltre. Si occupa con più fermezza dei paradisi fiscali e del segreto bancario. Fornisce norme più restrittive per il funzionamento (esigenze di più fondi e norme contabili armonizzate) per gli altri istituti finanziari e per le agenzie di servizi. Propone la fine del Monopolio del FMI sui Diritti Speciali di Prelievo (DSP) e la regionalizzazione del sistema attraverso, per esempio, la Banca del Sud in America Latina o l’iniziativa Chieng Mai in Asia. Inoltre suggerisce riforme più profonde delle istituzioni create da Bretton Woods (Banca Mondiale e FMI).
In ultima analisi raccomanda la costruzione di un Consiglio Mondiale di Coordinamento Economico, in parallelo al Consiglio di Sicurezza ed all'Assemblea Generale, che riunisca annualmente i capi di governo, al fine di valutare il contesto economico, sociale ed ecologico mondo. Per quanto riguarda l'attuazione di misure, essa ritiene necessario la messa in moto di due "autorità mondiali": una di regolamentazione finanziaria e l'altra di garanzia della concorrenza.
Regolamentare il sistema finanziario e monetario mondiale, ovviamente, è solo un passo in un processo più fondamentale. Far funzionare di nuovo il sistema economico va bene, ma con quali finalità? Se è per iniziare di nuovo come prima, con la stessa logica di saccheggio delle risorse naturali e di creazione di enormi disuguaglianze sociali, allora dovremo iniziare tutto da capo in meno di 20 anni.
Si dovrebbe riflettere quando si cambiano tanto i parametri del rapporto con la natura, come la definizione di economia, l’organizzazione politica mondiale e la concezione stessa di sviluppo e di crescita economica.
Questo vale sicuramente una riunione di capi di Stato. Ecco il motivo per cui la pressione dell'opinione pubblica, dei movimenti sociali, dei partiti politici, degli intellettuali, è fondamentale che all'interno di ciascun paese, la partecipazione alla conferenza di giugno (G-192) sia del più alto livello possibile.
di FRANCOIS HOUTART
Traduzione di Marisa Foraci
1 commento:
Se si unissero, credo che il mondo si destabilizzerebbe.
Forse in meglio...
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