domenica 17 maggio 2009

QUANDO INTEGRAZIONE E IMMIGRAZIONE SALVANO L'ITALIA


Tema bollente dell'attualità, il V rapporto Nomisma affronta il nodo dell'immigrazione trattando la materia nel suo aspetto prettamente economico. Se le iniziative del governo sono, da un punto di vista giuridico e umano, fortemente discutibili, Alessandro Politi, direttore dell'Osservatorio strategico, boccia senza appello "gli approcci che vediamo in questi giorni". Scelte - secondo Politi - che "vanno a solleticare parte dell'elettorato, ma sono estremamente dannosi per le nostre possibilità di ripresa". Secondo uno studio condotto Nomisma, infatti, l'Europa a 15 avrebbe bisogno dal 2000 fino al 2050 di oltre un milione e mezzo di immigrati in più all'anno per mantenere identico il totale di popolazione lavorativa. Se poi - viene precisato nello studio - si volesse mantenere l'attuale livello tra popolazione lavorativa e quella in pensione, sarebbero necessari 13,4 milioni di immigrati all'anno.
Per questo, "l'Europa e l'Italia devono passare in materia d'immigrazione da una logica di sicurezza e contenimento a una di sviluppo e d'integrazione, il che significa prendere atto dell'aumento della mobilità, anche di quella umana, in andata e in ritorno".
Dunque, la mobilità come ponte per l'integrazione. Ma se manca nella classe politica, particolarmente nella compagine governativa, la volontà di costruire una società multietnica, ecco che la chiusura sotto forma di respingimenti è destinata a produrre un vuoto che le nostre società, da sole, non sarebbero in grado di compensare.
"I respingimenti - spiega, infatti, Politi - vanno a toccare solo un quarto dei clandestini, mentre cosa si fa per la grande massa di chi ha un permesso che gli scade e non lo rinnova per paura di non riottenerlo?".
Quello che appare in questi giorni di spot elettorali sulla 'fermezza anti-clandestino' è, con tutta evidenza - come riportato da Nomisma - la mancanza di una definizione organica ed ufficiale di sicurezza nazionale con evidenti conseguenze negative sulla pianificazione delle attività di sicurezza e 'intelligence', soprattutto nel delicato settore della contro-ingerenza".
Inoltre, altro errore commesso dal disegno dell'attuale esecutivo riguarda la sottovalutazione del crimine di tratta. Un aspetto - rileva Nomisma - che si colloca all'interno del più vasto fenomeno del traffico di clandestini ma che presenta rischi ben maggiori. L'Italia - spiega il rapporto - "non dispone di stime ufficiali quanto a fatturato criminale e riciclaggio in altre attività". Quindi, mentre l'Italia può vantare un sistema efficiente di monitoraggio dell'immigrazione clandestina, in quel muro, che l'Italia sta spendendosi ad alzare, vengono lasciate macroscopiche crepe che permettere al crimine organizzato nazionale e transnazionale di infiltrarsi nel circuito economico italiano.
Un settore talmente delicato, quello della sicurezza, che le politiche volte a tale pianificazione si concentrano prevalentemente sulla parola data e la buona fede contrattuale del colonnello Gheddafi. Non esistono garanzie sulla possibilità di riproporre negli anni una politica di sicurezza che si limiti alla costruzione di un muro, per quanto imponente, lungo le coste dell'Italia mediterranea. In poche parole, se davvero la sicurezza promossa e promessa da Roberto Maroni ci rendesse davvero più sicuri, sarebbe comunque una condizione di 'buon vivere' piuttosto fragile legata ad un regime autocratico (di questi tempi, in Italia, lo si guarda con ammirazione) e al mantenimento del potere da parte della famiglia Gheddafi.
Gli scenari futuri, dopo la possibile morte di Gheddafi - secondo il rapporto elaborato da Nomisma - possono essere due. Una squilibrata (nel senso di equilibrio di poteri) repubblica presidenziale di stampo tunisino, qualora con l'appoggio degli Stati Uniti "il potere resti in mano alla sua famiglia, forte del clan di riferimento" oppure una anarchica struttura politica qualora il potere "venga eterodiretto attraverso la saldatura tra militari ed estremisti religiosi. Poiché una successione non è stata predisposta, la Jamahiriyya potrebbe morire con Gheddafi ed allora emergerebbe - afferma Nomisma - chi controlla gli apparati di sicurezza".
Andrea Camboni

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1 commento:

Vincenzo Cucinotta ha detto...

Mi sembra un contributo prezioso su un tema tanto dibattuto e sbandierato, ma realmente mai approfondito.

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