Lo spoglio non è ancora concluso (è stato scrutinato quasi l'87% delle schede), ma il risultato del referendum di domenica 25 gennaio non dà adito a dubbi: il Sì alla nuova
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La nuova Carta Magna rafforza il ruolo dello Stato nell'economia e il controllo sulle risorse naturali; autorizza le autonomie dipartimentali, ma anche quelle delle comunità indigene; limita a 5.000 ettari l'estensione della proprietà agraria (tale limite, approvato a grande maggioranza con un quesito referendario a parte, è valido solo per il futuro, non si applica ai possedimenti già costituiti) ed elimina il paragrafo della vecchia Costituzione che garantiva un riconoscimento speciale alla religione cattolica. Contro quest'ultimo punto si è schierato il clero più conservatore: "Vogliono scacciare Dio dalla Bolivia", lo spot che ha contrassegnato la campagna per il No. Altro bersaglio polemico, la cosiddetta "giustizia comunitaria", che a detta degli oppositori si contrapporrebbe alla giustizia ordinaria e arriverebbe a legittimare i linciaggi. Uno sguardo al testo costituzionale chiarisce subito la pretestuosità di questi attacchi: l'articolo 190 afferma che "le nazioni e i popoli indigeni originari contadini eserciteranno le loro funzioni giudiziarie e di competenza attraverso le loro autorità e applicheranno i loro principi, valori culturali, norme e procedimenti propri. La giurisdizione indigena originaria contadina rispetta il diritto alla vita, il diritto alla difesa e gli altri diritti e garanzie stabiliti nella presente Costituzione".
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