mercoledì 21 maggio 2014

DAI «CESSI» AL «VAFFA»

La campagna trash di Grillo e Berlusconi

di Donato De Sena - Ovvero: come degenera il confronto politico. Tra parolacce e insulti
Sfottò. Insulti. Accuse personali oltre il limite che separa la decenza dall’indecenza. La campagna elettorale per le Elezioni Europee del 25 maggio 2014 non verrà certamente ricordata per il fair play dei leader di partito, nè per qualche interessante linea programmatica, che in realtà si sono visti davvero poco in giro. Piuttosto è molto probabile ci ricorderemo di «culo» e «cesso» come interessanti sostantivi introdotti nel lessico comune della politica e di aver detto addio a quei noiosi paroloni che spesso pronunciano gli studiosi di diritto e di filosofia. Di questo dovremo ringraziare un giorno soprattutto Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, che stanno spalancando più di ogni altro avversario le porte alla nuova frontiera trash della comunicazione. Roba, questa sì, da inserire nelle enciclopedie, cartacee o informatiche che siano. Dopo il marketing elettorale – leggeremo forse un giorno su un libro di storia – si impone nel 2014 la parolaccia elettorale come miglior strumento possibile per catturare i titoli di giornale e le aperture dei tg, e quindi visibilità, consenso, voti, seggi, potere di veto nel Palazzo.

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I «CESSI» AL PARLAMENTO EUROPEO – Gli esempi della degenerazione del confronto abbondano. Per Berlusconi «psiconano» dev’essere forse diventato un complimento in queste settimane, visto che Grillo ha deciso di cambiare verso e chiamarlo spesso «Tinto Brass» con particolare riferimento alla sua proverbiale passione per le donne avvenenti. In ogni caso l’ex Cavaliere ha dimostrato di non volersi tirare indietro. Nelle parole di Berlusconi il fondatore del Movimento 5 Stelle è oramai diventato un «aspirante dittatore». Anzi no, peggio. Solo roba da «cesso». A chiare lettere. «Un autorevole esponente europeo mi ha confidato ‘Stiamo allargando i cessi’», ha detto l’ex premier parlando dell’arrivo dei pentastellati in Europa.

LO «SPUTO VIRTUALE» DOPO IL «TUTTI A CASA» – Roba da pazzi. Da pazzi come Hitler. O forse no, perché nemmeno essere paragonati al Fuhrer sembra essere ora un problema. O almeno, nominare gli oppressori non fa più paura come un tempo: non si corre più il rischio di essere associati ad un simbolo di distruzione e di morte. Questo ce lo insegna Grillo, ancora una volta. «Sono oltre Hitler!», ha esclamato nei giorni scorsi il comico genovese, sempre molto abile a mascherare messaggi politici con la satira e la satira con i messaggi politici, salvo poi trasferire gli stessi messaggi all’occorrenza da una categoria all’altra nel caso di sconvenienti polemiche sui media, che a loro volta – loro sì – sono sempre dittatoriali. Media dittatoriali che avrebbero raccontato falsità ad esempio sugli scontri e il caos della finale di Coppa Italia. «Anche io avrei fischiato l’inno», ripete da giorni il leader 5 Stelle. «Fratelli di chi? Dei piduisti?», si chiede Grillo. Per lui, in altre parole, è meglio la democrazia vera, quella che impone di mandare «tutti a casa», anzi « tutti aff…», con «sputo virtuale» e processo pubblico a giornalisti, politici e imprenditori protagonisti della vita del paese negli ultimi decenni. E pure degli ultimi mesi. Tra gli imputati nel tribunale dell’insulto potrebbe mai mancare quell’«ebetino di Firenze» che siede a Palazzo Chigi?
(Fonte immagini: archivio LaPresse)
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