giovedì 12 gennaio 2012

A DUE ANNI DI DISTANZA DAL SISMA IL DOLORE NON SI PLACA AD HAITI

Oltre 1 milione di bambini e adulti raggiunti finora dalla ong: centinaia di migliaia nell'ambito di attività di prevenzione del colera, allestite 10 unità per il trattamento dell’epidemia, 229 classi scolastiche ricostruite con criteri antisismici,identificati e supportati circa 3700 minori separati dalle famiglie a causa del sisma


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Nonostante il grande slancio di aiuti seguito al devastante terremoto che colpiva Haiti il 12 gennaio 2010 e che ha visto l’immediata attivazione di molte organizzazioni non governative tra cui Save the Children, a 2 anni di distanza i problemi per i sopravvissuti sono ancora grandi: solo 1 milione di persone sono rientrate in abitazioni o rifugi temporanei e neanche la metà delle macerie è stato rimosso.
“A tuttoggi 500.000 persone - la metà circa delle quali bambini (1) - vivono ancora sotto le tende in campi provvisori. Si continua a morire a causa del colera, di cui si sono ammalate - dall’esplosione dell’epidemia- 515.000 persone (2), con 6.000 morti circa. Centinaia di migliaia di minori sono ancora in situazione di grande vulnerabilità e vittime di abusi e violenze nelle tendopoli e negli slum,così come centinaia di migliaia di persone ancora sono senza lavoro”, dichiara Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia, alla vigilia dei 2 anni dal terremoto in Haiti e in occasione della diffusione del rapporto “Ricostruire la speranza ad Haiti” che sintetizza l’intenso lavoro che Save the Children sta portando avanti nelle aree più colpite di Port-au-Prince, Leogane, Jacmel, Petit e Grande Goâve, Maissade e Dessaline nell'Artibonite, sin dalle ore successive al sisma quando tutto il mondo assistette in diretta al salvataggio della piccola Winnie, tratta dalle macerie dopo 3 giorni grazie all'intervento di una troupe australiana e affidata a Save the Children per le prime cure.
“Le cause del permanere di tanti e gravi problemi a due anni dal terremoto, sono varie”, prosegue Valerio Neri. “La ricostruzione procede a rilento, inoltre la risposta al terremoto ha dovuto fare i conti non solo con la vastità del disastro ma anche con un contesto difficile e dai costi elevati per le ong - i costi del carburante e della sicurezza per esempio sono enormi - tanto che a due anni dal sisma molte ong hanno chiuso o ridotto le proprie attività. D’altra parte, benché l’attuale governo Martelly si stia impegnando a favore dei bambini e dello sviluppo, mancano le competenze necessarie e impiegati qualificati. Di conseguenza, di fatto, molti servizi alla popolazione sono garantiti dalle ong e il trasferimento dei progetti allo Stato è difficile e lungo. Una delle sfide per quest’ anno ed i prossimi è aiutare il governo di Haiti a farsi carico della gestione dei servizi di base, a partire da quelli scolastici e sanitari”.
“Save the Children sta facendo il massimo per i bambini e le famiglie di Haiti la cui energia e volontà di reagire sono veramente ammirevoli. Abbiamo per esempio aperto 10 unità per il trattamento del colera per un totale di 11.000 tra bambini e adulti curati e trattati. Abbiamo costruito con criteri antisismici e antiuragano 229 classi in 38 scuole colpite dal sisma per un totale di 13.575 bambini beneficiari. Stiamo impegnandoci più che possiamo per proteggere i minori da violenze e abusi attraverso la creazione di 39 comitati locali per la protezione dei bambini composti da 468 membri. Lo scopo di questi comitati è identificare, monitorare e prevenire violenze sui bambini e costituire club di minori a cui attualmente prendono parte 3.600 bambini. Save the Children sta poi aiutando le famiglie ad avere una fonte di reddito supportando 45 piccoli e medi esercizi commerciali ed imprese a Port-au-Prince e Jacmel, e dando sostegno finanziario e formativo a 350 attività di mercato condotte da donne a Port-au-Prince. Dunque dei progressi e miglioramenti nelle l vite di tanti bambini e famiglie li abbiamo portati e continueremo a portarli attraverso il piano quinquennale 2010-2015 di aiuti. Non intendiamo abbandonare Haiti, dove lavoriamo dal 1978”, conclude Valerio Neri.
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