lunedì 6 dicembre 2010

IN AFRICA I BAMBINI NON MANGIANO CACAO. LO RACCOLGONO.

Per 10 dollari gli sfruttatori comprano ragazzini dalle famiglie per ridurli a schiavi da usare nella raccolta dell’alimento più amato dal ricco Occidente.

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Un rapporto indipendente presentato dal Payson Center, un’organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione internazionale, alla Tulane University, denuncia come ancora oggi vengono sfruttati i minori per la raccolta del cacao nell’Africa occidentale. Questo, nonostante da quasi dieci anni sia stato adottato un protocollo d’intesa chiamato “Convenzione di Harkin-Engel”, firmato dai membri dell’industria del cacao per individuare e quindi debellare tutti i casi di sfruttamento del lavoro minorile  in Africa. L’accordo sarebbe dovuto diventare operativo già entro il 2010.

LA TRATTA DELLA CIOCCOLATA - Secondo il rapporto, invece, ancora oggi centinaia di migliaia di bambini verrebbero impiegati nella raccolta del cacao nelle enormi piantagioni presenti nell’intera regione. Nel intero terzo mondo, secondo alcune stime, i minori impiegati in attività lavorative – peraltro mal pagati e spessissimo assai usuranti – sarebbero oggi almeno 100-150 milioni. Questo genere di schiavismo sostanzialmente è riconducibile a due ben precise categorie di lavoro. Quello del settore produttivo, in particolare nell’ambito dell’agricoltura e quello urbano. Nel settore agricolo, questi giovanissimi lavoratori vengono impiegati in ambito familiare, in attività generalmente destinata all’autoconsumo, o nelle grandi piantagioni come braccianti. Nella raccolta del cacao, l’elemento basilare che poi “allieterà” i bambini del mondo occidentale sotto forma di cioccolata, torte, gelati e quant’altro, questa genere di “tratta” coinvolge più di 200 mila bambini all’anno tra i cinque e i quindici anni. Vengono prelevati soprattutto dal Benin, dal Togo, dal Ghana, dalla Nigeria, dal Camerun, dal Burkina Faso. Paesi estremamente poveri dove i figli vengono visti da molti genitori solo come  una fonte di reddito, al pari di una capra o di asino.
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Inutile dire che davanti a tanta disperazione, la prepotenza esercitata dai produttori locali – che spesso fanno capo più o meno direttamente alle numerose multinazionali del settore – ha quasi sempre buon gioco.
10 DOLLARI, IL PREZZO DELLA NOSTRA VERGOGNA - Gli sfruttatori o come li chiamano da quelle parti gli “adulatori”, convincono le famiglie a cedere i loro figli, li comprano ad un prezzo non superiore ai 10 dollari l’uno per poi rivenderli maggiorato ai loro nuovi padroni (100-150 dollari) che li impiegheranno nei campi di raccolta. Ai genitori, inoltre, viene promessa una quota del guadagno del loro figlio. Un guadagno che solitamente è irrisorio oppure del tutto assente, e si riduce ad una brodaglia oppure a qualche miscuglio di cereali poveri per cena. Chi avuto modo di vedere questi poveri disgraziati, racconta di ragazzini coperti di cicatrici, devastati dai morsi degli insetti che nidificano nelle sterpaglie dei campi. Sono vestiti di stracci e se sono tra quelli più fortunati hanno un paio di scarpe fatto di semplice stoffa. I loro nuovi padroni, si trasformano in poco tempo in veri e propri aguzzini. Li recludono come in un campo di concentramento in baracche spesso umide e fatiscenti con porte e finestre sprangate dall’esterno. Sono prigioni che si aprono alle prime luci dell’alba, quando comincia l’ora della raccolta e vengono chiuse a tarda sera, quanto i piccoli schiavi-lavoratori tornano esausti dai campi.
ACCORDI DI CARTA STRACCIA - Le Organizzazioni internazionali e le associazioni umanitarie, negli ultimi anni, hanno raccolto testimonianze – come queste che vi abbiamo raccontato – e condotto inchieste nell’intera regione occidentale del vecchio continente. In molti denunciano il “dramma di alcuni Stati dove la schiavitù infantile sembra ormai inestirpabile” e continua ad essere praticata apertamente in barba alle leggi, ai trattati e al semplice buon senso. Certo, i governi di quei paesi hanno provato a mettersi almeno una mano sulla coscienza. Hanno fimato accordi dove c’è scritto che il lavoro minorile è espressamente vietato. Ma la coscienza, evidentemente, ha un prezzo nemmeno troppo caro. Quei pochi dollari che serviranno a rubare forse per sempre un ragazzino alla sua famiglia e a renderlo, di fatto, uno schiavo. Pensiamoci la prossima volta che con gusto mangeremo un pezzo di cioccolata, forse, avvertiremo che il suo sapore non è poi così tanto dolce.
Fonte

1 commento:

Marginalia ha detto...

Non compro più "nutella" da anni, e cerco di comprare solo cioccolato "equo e solidale" o simili, pazienza se costa un po' di più ... del resto è più buono, in tutti i sensi

fai bene a parlare di queste cose, mi sembra che si conoscano cosi poco

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