martedì 9 novembre 2010

HONDURAS: PLAN MÉRIDA E IL RITORNO DI ZELAYA

Mentre in Argentina si piange la scomparsa di Nestor Kirchner e in Brasile si festeggia la vittoria di Dilma Rousseff, gli Stati Uniti di Barack Obama rafforzano la loro presenza in Centro America.

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Il Ministro della Sicurezza dello Stato dell’Honduras, Oscar Álvarez, ha da pochi giorni annunciato la concretizzazione di un nuovo “Plan Colombia” per il suo Paese. Annuncio che incalza i passi intrapresi dal Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, che già agli inizi di settembre aveva fermamente sottolineato la necessità di un Plan Colombia 2 per Messico e America centrale, il cui scopo primario è riconducibile alla lotta al narcotraffico.
A prova di tale parallelismo, la presenza di David Johnson, Sottosegretario di Stato per la Lotta al Narcotraffico degli Stati Uniti, in visita in Honduras con il compito specifico di costituire un gruppo di lavoro in grado di avviare l’Iniziativa di Sicurezza Regionale dell’America Centrale (CARSI), meglio nota con il nome di “Plan Mérida”.
Secondo Oscar Álvarez, un programma in stile Plan Colombia, permetterà alla regione di ostacolare i crimini che affliggono il Centro America, come il riciclaggio di denaro, il terrorismo, il traffico di essere umani e soprattutto l’immancabile narcotraffico.Brevissimamente, ricordiamo che il Plan Colombia, concepito nel 1999, rappresenta un accordo bilaterale stipulato fra il governo colombiano e quello dell’allora Presidente Bill Clinton, i cui obiettivi principali si identificavano con una rivitalizzazione sociale ed economica della Colombia, in modo da porre fine al conflitto armato che ancora oggi è in corso all’interno del Paese. In particolare, Washington aveva prefissato come fulcro del programma, la prevenzione al flusso di droga verso gli Stati Uniti e la promozione di pace e sviluppo economico in grado di contribuire alla sicurezza della regione.
L’aspetto interessante è che dopo oltre 10 anni, con tutti i mezzi tecnologici, militari ed economici a disposizione, non si sia ancora giunti ad una conclusione reale, né riguardo la questione del commercio di droga, né per quel che concerne lo smantellamento dei gruppi armati che tutt’ora sopravvivono in Colombia.
Risulta strano, dunque, in un paese quale l’Honduras, che il Dipartimento di Stato USA si concentri tanto sul fattore droga, dimenticando problemi come l’incremento costante del tasso di violenza o la quasi totale assenza di governance. Basti pensare che un rapporto del “Comisionado de los Derechos Humanos en Honduras” (CONADEH) emesso il 19 ottobre scorso, segnali come l’Honduras sia attualmente lo Stato con la percentuale di omicidi più elevata al mondo (circa 286 morti assassinati al mese), numeri in costante aumento dopo il golpe avvenuto ai danni di Manuel Zelaya.
Un Plan Colombia 2 sarebbe, quindi, un vero e proprio disastro per il Paese centroamericano, visto i risultati ottenuti fin ora in Colombia.
Non manca però qualche buona notizia.
L’ex Presidente Zelaya è stato infatti da poco nominato come deputato del “Parlamento Centroamericano” (PARLACEN).
Betty Matamoros, coordinatrice della Commissione Internazionale del “Fronte Nazionale di Resistenza Popolare” (FNRP), ha affermato come “ciò non rappresenta solamente un riconoscimento politico del suo status di Presidente, ma spiana la strada per un suo possibile ritorno nel paese”.
Attualmente, la Corte Suprema di Giustizia e il Pubblico Ministero dell’Honduras mantengono, in corso, ancora diverse cause contro Zelaya, che comunque con la nuova carica godrà dell’immunità parlamentare, in base all’art. 27 del Trattato Costitutivo del PARLACEN.
Dichiarazioni positive anche da parte del Presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, che ha comunicato come la nomina di Zelaya possa essere considerata l’inizio di un processo che porti al ristabilimento dell’ordine democratico in Honduras, riprendendo il percorso di unità e integrazione centroamericana, venuto meno in seguito al Colpo di Stato.
In conclusione, se da una parte il Governo di Porfirio Lobo continua a stringere alleanze con la Casa Bianca, a sua volta interessata a riottenere il controllo dell’America Centrale per poter tentare in maniera più decisa, la destabilizzazione dei più forti vicini, appartenenti all’ALBA (Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nostra America); dall’altra parte il FNRP punta al rientro del ex presidente Zelaya e alla reintegrazione del precedente sistema democratico, cercando il sostegno della stessa regione centroamericana, unica vera risorsa in grado di contrastare le ambizioni di Washington e quelle meramente economiche e di potere dell’attuale governo di Tegucigalpa.
Di certo si prospettano nuovi scontri e nuovi tentativi destabilizzatori da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati all’interno della regione, tuttavia, le nuove vittorie elettorali, sia da parte di Chávez in Venezuela, che da parte della Rousseff in Brasile, potranno sicuramente influire significativamente sugli eventi futuri.
Vedere anche:
“Honduras: presente e futuro”
*Stefano Pistore (Università dell’Aquila, Contribuisce frequentemente al sito di “Eurasia”)

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