lunedì 14 giugno 2010

CASSAVA A RISCHIO

Un virus sta divorando a crescente velocità le coltivazioni di cassava nell'Africa Centrale. Lo hanno chiamato «brown streak», per le tracce di colore bruno che lascia nella candida pasta del tubero, rendendolo immangiabile.

image  Tyler Hicks/The New York Times

La cassava, altrimenti conosciuta come yucca o manioca, è un tubero a pasta bianca dalle lunghe radici, che riveste un ruolo chiave nell'alimentazione dei contadini africani e non solo. Più di 800 milioni di persone se ne servono come alimento principale in 3 continenti, e in Paesi come Angola, Repubblica democratica del Congo, Ghana, Tanzania, il consumo supera i 200 chili l'anno pro capite. In certe zone è pressoché l'unico alimento reperibile. Resiste bene alla siccità, non è difficile da coltivare, e anche se non particolarmente nutriente, riempie molto bene lo stomaco. Per le sue virtù questa pianta è coltivata come «cibo di riserva» in diverse aree dell'Africa equatoriale: può essere estratta dal terreno in un periodo che va dagli 8 ai 24 mesi, il che la rende l'alimento perfetto per compensare le frequenti carestie che si abbattono sulla zona. Il Programma alimentare mondiale e il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, agenzie della galassia Onu, hanno investito ingenti risorse, negli ultimi anni, nella promozione della cassava come strumento di lotta alla fame, e anche alla povertà.

image
La maggior parte dei coltivatori di questo tubero, infatti, sono piccoli contadini che consumano solo una minima parte del raccolto per le proprie esigenze, vendendo il resto al mercato.
La cassava è un alimento jolly. Dalla lavorazione delle sue radici si ottiene una farina molto utilizzata nella preparazione di alimenti molto diffusi come il «lafun» nigeriano, strisce di radice essiccate al sole, o il «chickwange», ottenuto con l'impasto delle radici fermentate, e poi intinto nell'olio di palma. Con il suo amido si producono colla, medicinali, dolcificanti. E da qualche anno, con la corsa al rialzo nel prezzo del petrolio, la cassava è diventata materia prima promettente per la produzione di bio-carburanti.
Attualmente il virus, che rende inservibile la cassava anche per l'alimentazione animale, ha colpito più della metà delle coltivazioni sulla costa della Tanzania e nella zona attorno al lago Vittoria. Se dovesse attraversare il bacino del fiume Congo e diffondersi in Nigeria, principale produttore, le conseguenze potrebbero essere gravissime. La fondazione di Bill e Melinda Gates ha appena investito 22 milioni di dollari per promuovere una campagna di informazione ai contadini, con l'obiettivo di convincerli a tagliare le piante infette e bruciarle. Il commercio di radici, infatti, è la principale via di diffusione del virus, al quale per il momento nessuna varietà di cassava sembra essere immune.
Dal 2004 la pandemia si è diffusa ad una velocità sempre crescente, e non si può escludere il rischio di una sua diffusione anche al di fuori del continente africano, trasportata via aereo dalla mosca bianca, riconosciuta come portatrice del virus. Lo scenario è dei peggiori, e viene paragonato alla carestia che colpì la coltivazione di patate in Irlanda alla metà dell'Ottocento, conducendo alla morte per fame circa un milione di persone e costringendone all'emigrazione un numero ancora maggiore. Una bomba umanitaria che rischia di esplodere, aggravando le già precarie condizioni di vita di milioni di abitanti dell'Africa rurale.
Fonte
Related articles

1 commento:

maryvaleriano ha detto...

Speriamo bene! Se finisce pure la cassava siamo rovinati!!!

LinkWithin

Blog Widget by LinkWithin