venerdì 15 gennaio 2010

ANNO ZERO AD HAITI

SE DIO C’È… NON È QUI

image “RT @cristian2222: imagen muuuuy fuerte de el terremoto de haiti; insisto muy impactante dificil de ver” - @unicornio8

image “RT @whatspoppinNET: - Bodies line roads as Haiti waits for help (so sad)” - @megsnuffy

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“#nowplaying - Devastation in #Haiti is inconceivable. I'm praying for the country.” - @kevross

RISCHIO EPIDEMIE - Non sono le migliaia di cadaveri in strada a determinare il rischio di epidemie ad Haiti, bensì la distruzione della rete idrica e fognaria dovuta al cataclisma, con la conseguente contaminazione fecale di acqua ed alimenti. A sottolinearlo, dopo il devastante terremoto che ha colpito l'isola caraibica, è il direttore del Centro di Travel Medicine and Global Health, Walter Pasini. «Le più probabili epidemie che potrebbero verificarsi - spiega l'esperto - sono quelle dovute a colera, febbre tifoide, epatite virale A, infezione da Escherichia Coli Enterotossica (ETEC) e sighellosi». La prevenzione di tali epidemie, rileva Pasini, si realizza solamente rifornendo la popolazione di acqua potabile attraverso idonee cisterne fornite dal soccorso internazionale. È inoltre «della massima importanza - avverte - evitare la concentrazione di popolazione nelle tende e nelle altre strutture abitative fornite dal soccorso internazionale per limitare il più possibile il contagio oro-fecale». E particolare attenzione da parte dei soccorritori, conclude Pasini, «dovrà essere dedicata ai bambini, che sono i soggetti assolutamente più a rischio di complicazioni mortali connesse alle malattie epidemiche gastroenteriche».

REGNA IL PANICO - «Sinora tutto bene, sono passati solo tantissimi feriti con ogni mezzo, ma è tutto tranquillo... almeno per ora». Al varco di frontiera più importante tra Repubblica Dominicana e Haiti, a un'ora di strada dall'inferno di Port au Prince, l'ufficiale dell'esercito dominicano si sforza di dimostrarsi tranquillo. Ma sotto l'apparenza, cresce il timore che una grande massa di disperati haitiani possa forzare la mano pur di passare il confine. Ieri le autorità dominicane avevano lanciato l'allarme alle proprie forze armate, poi rientrato, circa i rischi di un'ondata di profughi alle frontiere, forse armati. Tuttavia permangono segnali di tensione: a una quarantina di chilometri dal confine con Haiti, un paio di guardie private armate di fucile difendono un piccolo ristorante: «Da quando c'è stata la tragedia a Port-au-Prince - racconta uno di loro preoccupato - ogni sera dobbiamo difenderci da sbandati che cercano di rubare». Avvicinandosi a Jimani, aumenta il traffico dei convogli degli aiuti verso la capitale. Camion, mezzi pesanti, scavatrici stanno arrivando in città per cercare di salvare chi è ancora sotto le macerie. Poi bisogna pensare ai sopravissuti. Con la prima distribuzione di cibo e acqua si cerca di calmare una situazione che ora dopo ora a Port-au-Prince si fa sempre più insostenibile. Si susseguono le notizie di saccheggi e sparatorie notturne. Sulla strada incrociamo la scorta del presidente dominicano, Leonel Fernandez. Poche ore prima si era incontrato con il suo collega haitiano Renee Preval per cercare di aiutarlo a coordinare i primi aiuti internazionali.

Un’isola, due realtàimage

La Repubblica Dominicana, lo ricordiamo, è il paese che divide l'isola Hispaniola con Haiti: ma la Repubblica Dominicana è un paese in via di sviluppo, caratterizzato dal turismo straniero e anche dagli investimenti internazionali. Haiti invece è povertà assoluta.

Il Pil di Haiti, paese più povero delle Americhe, è di sette volte inferiore a quello della Repubblica Dominicana.

Santo Domingo decide quindi di prendere delle precauzioni. La Dirección General de Migración ha trasmesso ai valichi di frontiera la raccomandazione di alzare il livello di guardia e vigilare che l’ingresso nel paese fosse consentito ai cittadini con regolare passaporto

Diverse migliaia di haitiani, riportano i media locali, hanno da ore occupato la frontiera alla ricerca di viveri e beni di prima necessità. Altri, hanno chiesto di poter utilizzare postazioni telefoniche per cercare di entrare in contatto con i familiari residenti a Port-au-Prince, capitale di Haiti ed epicentro del sisma.

Non manca comunque la solidarietà da parte della RD. Santo Domingo sta accogliendo decine di feriti, mutilati o con fratture di varia entità, trasferiti da Port-au-Prince a Jimani nella Repubblica Dominicana, dove si trova un piccolo ospedale. Bambini, uomini e donne sono stati trasportati in pullman nella città dominicana e ricoverati all’ospedale generale Melenciano, situato alla frontiera.

Il presidente Leonel Fernandez ha ordinato ai centri ospedalieri dominicani di mettersi a completa disposizione dei superstiti del terremoto.

Ermanno Filosa - Italia chiama Italia

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